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Quando tornano a casa da quella che è stata la giornata di scuola più strana di sempre, lui non si sente benissimo. Forse per l'ansia. Adesso è in cucina che sta preparando da mangiare, ma gli gira un pochetto la testa. Fa in tempo ad urlare il nome di Tancredi che si deve sedere per forza sulla sedia. Lo vede entrare di corsa e guardarlo preoccupato. Gli si avvicina e lo stringe in un abbraccio.
"Bravo Le, così. Adesso respira con calma e vedrai che ti passa" e segue il suo consiglio e si sente decisamente meglio. Alza il viso e gli lascia un bacio a stampo sussurrandogli un "grazie".
"Un altro in così poco tempo, Le?"
"Credo sia l'ansia e l'agitazione di oggi che stanno sparendo e lo fanno attraverso i capigiri, stai tranquillo."
"Se lo dici tu, Le. Mi fido"
"Bravo. Ora vai a chiamare gli altri, si? E' quasi pronto il pranzo."
"Okay, ma lascia apparecchiare a noi."
Annuisce e lo osserva mentre esce dalla stanza. E' felice di averlo al suo fianco, anche se gli dispiace dovergli addossare tutte queste preoccupazioni.
Si rialza lentamente e finisce di preparere la pasta. Una semplice pasta al pesto, non ha le forse per fare altro. Ultimamente si è allontanato dalla cucina e questo non gli piace. Promette a se stesso che appena si sente meglio cucina tutto quello che vuole.
Sente il campanello della porta suonare, guarda l'ora e non può essere suo zio. Dato che nessuno va, è costretto ad andare lui.
Apre e si ritrova il padre di Gian davanti.
"Ehi, ciao. Entra"
"Grazie Lele. Gian e Tancredi sono qui?"
"Sisi, credo siano di sotto. Non ho le forze per andare giù e risalire dopo, ma se vuoi puoi scendere"
"Nono, ti faccio compagnia dai. Senti come stai?"
"Meglio, certo non benissimo. Ma decisamente meglio rispetto a prima. I giramenti non sono passati, ma per il resto è apposto"
"Sono felice. Perchè non sei giù con gli altri?"
"E chi cucinava?"
"E' vero che sei quello che cucina. Mi dispiace per te" scoppiano a ridere. E' contento anche di aver instaurato questo tipo di rapporto con il padre di Gian.
"Beh, c'ho fatto l'abitudine. Senti ho calato fin troppa pasta ed io non ho così fame. Vuoi aggiungerti a noi?"
"Se non è un problema. Ho appena staccato dal lavoro e sto morendo di fame"
"Ma che problema e problema. Cosa ti ha spinto qui?"
"Per lavoro devo ritornare una settimana a Roma. Dato che Gian e Tanc passano la maggior parte qui, ho pensato di fare un salto che per un po' staranno da soli"
"Ah okay. Tutto bene a lavoro?"
"Si, grazie. Il padre di Diego, invece?"

"Non mi va alla grande, ecco" si girano verso la porta e suo zio è rientrato. Lo guarda confuso. Non dovrebbe essere qui a quest'ora..
"Come mai sei già qui? Non dirmi che..."
"Eh già, Le. Mi hanno licenziato stamattina."
"Oh... e adesso che si fa?"
"Non lo so. Devo trovare un altro lavoro prima di essere obbligati a tornare a Roma, Le. Ma ce la farò, okay? Vi ho promesso che saremmo rimasti qui a Milano e ho intenzione di mantenerla."
Lo guarda e annuisce. Un po' gli dispiace che si senta obbligato a mantenere questa promessa. Magari avrebbe preferito tornare per stare vicino amche agli altri figli.
"No, Le. Non pensare quello a cui stai pensando. Non è un peso e ne mi dispiace. Piace anche a me Milano e non voglio lasciarla nemmeno io, okay? Non pensarci minimamente."
In tutto questo il padre di Gian è stato in silenzio a guardare concentrato il telefono.
"Senti..." prende parola "la mia azienda cerca altri lavoratori. Se vuoi ti posso organizzare un colloquio. Ma dovresti scendere con me a Roma per una settimana perchè la sede centrale è lì."
"Davvero? Faresti questo?"
"Certo, senza nessun problema. Gli spieghi la situazione e sicuro, se il mio capo decide di prenderti, ti dà il posto alla sede qui a Milano. Non preoccuparti, ci parlo io. Metto buona parola"
"Grazie mille, davvero. Mi faresti un favore. Poi dimmi come mi posso sdebitare." e si stringono in un abbraccio.

"Ma che succede qui?" Diego lo guarda e lui sorride, felice.
Si rigira e si rende conto di dover cucinare più pasta. Quindi, in fretta, mette su un'altra pentola e aspetta che bolla.
"Oi, Le. Mica era pronto?"
"Si, Die. Per voi si. Siamo decisamente aumentati all'ultimo, devo cucinare altra pasta. Voi inziate a mangiare altrimenti si secca" dice passandogli i loro piatti.
Un altro capogiro prende vita, ma stavolta Tancredi lo regge.
"Lo sapevo. Avevi la faccia da capogiro. Dovresti andare a riposare. Oggi ne hai avuti troppi"
"Davvero, Le? Quanti ne hai avuti?" suo zio si intromette.
"Uno in classe, uno coi poliziotti, uno in bagno a scuola ed uno prima"
"Coi poliziotti?"
"Si sono venuti a parlarmi"
E così racconta a tutti quello che hanno scoperto: hanno riso tutti al bigliettino del tipo, capendo fosse una persona molto particolare e sono rimasti scioccati alla scoperta della persona che l'ha investito.
"Quella Giulia? La ragazzina che ho cacciato di casa l'altra volta?"
A questa domanda sente Tancredi stringergli forte la vita ed appoggiare la faccia sulla sua schiena. GLi stringe le mani per cercare di tranquillizzarlo.
"Si, pà. Proprio lei. Se la becco in giro"
"Ma mica era la tua fidanzata, Tancredi?"
Quell'aria così tagliente che si è creata all'improvviso a Lele non piace.
"Si..." sussurra e basta Tancredi, aggiungendo poi un "mi dispiace".
Si gira verso di lui, lasciando stare un minuto la pasta e lo stringe forte a sè, ripetendogli che non è colpa sua, che non avrebbe potuto saperlo e che non c'entrava nulla.
"Si, ha ragione Lele, Tancredi. Mi dispiace per il tono che ho usato, so che non c'entri assolutamente con quello che è successo e che tu ci tieni a Lele. Sono solo nervoso per la scoperta. Ma tu non hai colpe" ringrazia con un sorriso suo zio e alza il viso a Tancredi.
"Visto? Non te lo dico solo io, Tanche. Non hai colpe per quello che è successo, okay? E' tutta colpa di Giulia." e lo bacia a stampo, arrossendo poco dopo rendendosi conto di averlo fatto davanti a tutti e girandosi in fretta.

"Ma guardate che cariniii. Siete proprio una bella coppia."

Entrambi si irrigidiscono. Nessuno dei due ha parlato di coppia o di essere fidanzati. Si guardano negli occhi e Tancredi gli sorride avvicinandosi al suo orecchio e sussurrando un "Te lo chiederò per bene".
Arrossisce ancora di più e si rigira velocemente verso la pentola, sentendolo ridacchiare.
"Tanche mangia, si fredda troppo"
"No, Le. Non ti mollo prima che tu non ti sieda. Non voglio vederti cadere davanti ai miei occhi, okay?"
Sbuffa e annuisce, sorridendo poi sentendosi stringere ancora di più.
Finisce finalmente di cucinare la pasta per tutti e si siedono a tavola.
Parlano, fino allo sfinimento. Ridendo, scherzando tutti insieme. Raccontano poi di quello che è successo precedentemente in cucina prima che arrivassero loro e tutti ne sono usciti felici, anzi Diego si è alzato e ha abbracciato il padre di Gian ringraziandolo per quello che fa per loro.
Passano così la giornata, tra di loro. Lele si guarda attorno e sospira felice. Guarda Tancredi ridere con Gian, suo zio parlare con il padre di Gian davanti ad una tazzina di caffè. E' rilassato.
"Oi"
Diego, la persona che più gli sta vicino. Che gli è stato accanto in tutti questi anni, che l'ha supportato e soprattutto sopportato. La persona che l'ha tirato fuori dal baratro in cui stava cadendo tempo prima.
"Oi"
"Tutto bene?"
"Mai stato meglio, Die. Stavo pensando"
"A che pensavi?"
"A quanto sono felice. A quanto sono contento di essermi trasferito qui. A quanto sembriamo una famiglia, Die"
"Vero. Sembriamo proprio una grande famiglia."
Gli sorride ed appoggia la testa sulla sua spalla, sentendolo poi appoggiare la testa sulla sua.
E' felice della famiglia che si è trovato.

Insieme, nonostante tutto || tankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora