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Lele stava ancora dormendo, nonostante non fosse stato così forte. Erano scesi la mattina presto ed erano tornati 2 ore prima di pranzo. Sono stati fuori solo 1 ora, ma era successo di tutto. Si sentiva dannatamente in colpa. È stata la prima volta in tutti quegli anni a non essere stato in grado di aiutarlo e ne sarebbe stato capace se quel deficiente di un nano non li avesse fatto arrabbiare. È stato inutile per la prima volta. Sente come se Lele sarebbe stato arrabbiato con lui, nonostante gli avesse sorriso. Quando aveva cominciato ad urlare si era totalmente dimenticato di lui, era solamente concentrato a litigare con quello lì. E Lele glielo aveva chiesto. Gli aveva chiesto di smetterla, di non cominciare adesso che erano praticamente appena arrivati, ma lui non gli aveva dato retta. Lo aveva ignorato e basta, urtato dai continui commenti di quello, che aveva poi scoperto chiamarsi Tancredi.
Che nome idiota come lui, gli si addice.
Continuava a pensarlo.
Si distrae dai suoi pensieri quando vede Lele muoversi.

Appena riaperti gli occhi, Lele era un po' spaesato, ma si orientò subito. Camera sua, casa sua. Si guarda attorno e vede Diego lì, a fissarlo.
"Die perché mi fissi?" Poi lo nota. Diego aveva gli occhi lucidi. "Perché piangi?"
"Perché? Davvero mi chiedi il perché?"
Lele era confuso. Ma di cosa stava parlando? Aveva fatto qualcosa? "Che ho fatto?"
"Tu niente, sono io che ho fatto qualcosa Le"
"Cosa?"
"Niente, non ho fatto niente"
Lele sempre più confuso. Per stare così se non ha fatto niente? E poi eccolo lì, come se un fulmine l'avesse preso in pieno.
Non è riuscito a calmarmi.
"Diego, non importa. Va bene così. Mi sono calmato e questo è l'importante."
"Ma io non ho fatto nulla, non sono riuscito a fare nulla Lele."
"Ma non importa. Fai di tutto per me da tredici anni, Diego. Tredici. E poi non è stata colpa tua. Eri arrabbiato a causa di Tancredi" cerca di consolarlo in tutti i modi possibili, ma non era mai stato in grado di consolare le persone. Faceva schifo in quello.
"Come fai a sapere il nome di quello lì?"
"Me lo ha detto Gian. Però davvero Diego. Non importa. Hai fatto davvero tanto per me in questi tredici lunghissimi anni che non me ne frega nulla se per una, una Die, non ci riesco. Hai anche tu i tuoi momenti no. Non posso certo pretendere di essere al centro dei tuoi pensieri ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette." Gli sorride. Era contento comunque, Diego era preoccupato per una sciocchezza e da questo capisce quanto tiene a lui.
"Madonna Le, che ho fatto per averti come migliore amico?"
"Mi hai accettato Die. Hai fatto semplicemente questo. E ti ringrazio per tutto quello che hai fatto, che continui a fare e che sicuramente farai per me. Non te lo dico tutti i giorni, perché noi due non siamo così, ma voglio che tu sappia che le penso veramente."
Si era ormai alzato dal letto a metà della loro conversazione e adesso lo stava abbracciando. Amava essere abbracciato da Diego. Era più alto di lui e gli dava la sensazione di essere a casa. Completamente inglobato dalle sue braccia.
"Lele, dio mio. Senza di te non so nemmeno dove sarei, quindi sono io che devo ringraziare tua madre, per averti cambiato scuola, e te, per esserti seduti accanto a me quel giorno. Ti voglio un sacco di bene, Le. Ma proprio tanto."
Stava per rispondere quando si aprì la porta della stanza.
"Ah ma siete qui, vi stavo cercando. Ho interrotto un momento dolce tra fratelli?"
A Lele piace un sacco questa cosa. Tutti li consideravano fratelli nonostante non lo fossero veramente.
"Nono, Pà. Dicci" prende parola Diego, girandosi verso il padre, ma tenendo un braccio sulle sue spalle e stringendoselo a sé.
"Non abbiamo letteralmente niente da mangiare in casa, infatti domani vi obbligo ad andare a fare la spesa. Volete una pizza per pranzo e poi il mc a cena o il contrario?"
"Il contrario. Il sabato sera è la sera della pizza."
Risponde Lele senza pensarci nemmeno un secondo.
Scoppiano tutti a ridere. Piace a tutti quell'atmosfera così allegra che c'era in casa e niente e nessuno sarebbe riuscito a rovinarla, nemmeno i litigi che avvengono fuori casa.
"Dai ordinate da mangiare, io finisco di inviare un'email e sono con voi" aggiunse uscendo dalla camera e chiudendo la porta
"Il solito Lele? O vuoi cambiare per oggi?"
"No, oggi non è giornata per i cambiamenti. Oggi il solito"
"Perfetto, allora ordino e poi andiamo ad apparecchiare la tavola"
E così fecero. Ordinarono, apparecchiarono e, una volta arrivato il cibo, mangiarono.

Era stata una giornata parecchio strana.
Il pomeriggio non avevano fatto nulla di che. Avevano giocato alla play per tutti il tempo e poi mangiato la pizza.
Era passato il sabato e manco se ne era reso conto.
Solo mentre stava andando a letto però si ricorda di non aver risposto  Diego. Allora si alza, esce dalla sua stanza e bussa alla sua.
"Avanti"
"Ehi bro"
"Lele, tutto bene? Stai male?"
"Nono, solo che stamattina non ti ho detto una cosa importante."
"Cosa?"
"Ti voglio bene anche io, Die."
Si guardano e si sorridono, non c'è bisogno di altre parole.

Insieme, nonostante tutto || tankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora