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Erano passati tre giorni da quando erano arrivati. Tre giorni difficili, ma anche divertenti. Avevano dovuto, una volta arrivati, mettersi a sistemare tutte le cose tra stanze, salotto, bagno e cucina. Era una bella casa indipendente, quindi una specie di villetta, con garage proprio e aveva anche una taverna. Era la parte della casa che loro due preferivano. Ma non si erano mai annoiati in questi tre giorni. Mentre sistemavano le cose si divertivano, ballavano, cantavano e tutto questo ovviamente con la partecipazione del padre di Diego. Lui era letteralmente come un padre per lui.
Riguardo la scuola erano riusciti, all'ultimo momento, a convincere la scuola a metterli nella stessa classe. Non sapevano che miracolo fosse accaduto, ma meglio così. Erano insieme e questo era l'importante.
In quei tre giorni inoltre avevano trovato il tempo di fare un giro per Milano, per orientarsi un minimo. Avevano fatto il percorso casa-scuola e da lì erano partiti alla ricerca di posti vicini nel caso volessero saltare scuola un giorno. Com'è che si dice? Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Adesso mancava solo il personalizzare le stanze, ma quello lo avrebbero fatto piano piano.
Quel giorno era sabato ed era comunque in ansia sdraiato sul letto di quella che era la sua stanza.
"Ehi, tesoro, che succede?"
Eccolo qui. Diego che entra sapendo che c'era qualcosa che non andava. Funzionava così.
"Niente Die, davvero. Fosse è solo l'ansia per lunedì. Ma sto bene."
"Le, andrà tutto bene. Ci sarò io con te, non sarai da solo. E di sicuro non sono quei coglioni dei nostri vecchi compagni di classe."
E rieccolo. Ha centrato il punto. Lui sa che ha paura. Paura di essere giudicato, paura di essere preso di mira, come succedeva nella loro vecchia scuola.
"Io non lo so, Die. Non lo so."
"È okay ed è normale. Ma adesso respira Lele, respira"
Non se ne era neanche accorto. Nelle due settimane precedenti erano all'ordine del giorno.
"È okay Die. Non è forte. Lo reprimo facilmente"
"Cosa? Da quando?"
"Da quando ero convinto non potessi venire. Per non fare preoccupare mamma li reprimevo. Anche perché, come sai, lei non sa che fare. E ne ho avuto la prova tre giorni fa. Dopo che ti ha chiamato è venuta da me a dirmelo solo che avevo un attacco in corso e non so perché non riuscivo a reprimerlo. Lei è entrata ed è corsa da me. E sai che ha detto? Ha detto "cosa diavolo fa Diego in queste situazioni". Lei non sapeva come aiutarmi."
Stava piangendo, ma non perché era convinto che sua madre non gli voleva bene o altro, ma era convinto di essere una delusione. Non riusciva nemmeno a far stare tranquilla sua madre.
"Perché non me lo hai detto? Dio Lele, me ne devi parlare di queste cose, altrimenti non so come aiutarti."
"È okay Die, davvero. Ti voglio bene."
"Ti voglio bene anche io, tesoro. Usciamo? Andiamo a farci un giro dai, oggi giriamo solo per il quartiere"
"Massì dai, perché no"
Si alzarono e si prepararono. Una volta pronti, avvisarono il padre che stavano uscendo e si avviarono. Era un quartiere decente, niente a che vedere con quello di Roma, ma questo mancava ad entrambi. I loro amici del quartiere, gli unici con cui avevano legato, e le loro partite a calcetto, nonostante perdessero sempre.
"Te le stai ricordando anche tu, vero Le? Le nostre fantastiche partite a calcetto"
Certo che se le stava ricordando, come poteva non farlo. Nel frattempo si erano seduti su una panchina di un parcheggio sperduto.
"Abbiamo trovato il nostro posto anche qui a Milano, Die?" Ha interrotto il silenzio mentre si guardava attorno
"Si, direi di sì tesoro"

"Ma sentili, Gian. Si chiamano anche tesoro"
Sentirono queste parole e si girarono.
Due ragazzi. Uno altro e moro, qualche tatuaggio sul braccio. L'altro più bassino e biondo, occhi verdi e anche lui aveva alcuni tatuaggi.
"Non so chi voi siate, ma andatevene, nun me va de litiga appena arrivato"
Diego. Diego che era già sul piede di battaglia. Era già pronto a difenderlo. Perché si, a lui non importava delle parole degli altri, quindi difendeva lui.
"Die, non ce n'è bisogno. Andiamocene da qui"
"Si stai a sentire il tuo tesoro" disse quello bassino
"Senti, nano da giardino, se pensi de farme paura te stai a sbaglia de grosso."
"Diego, per favore. Non iniziamo appena arrivati. Andiamocene, per favore"
Odia quando due persone litigano. Non gli piace fin da piccolo a causa delle continue litigate dei suoi, finite poi con il divorzio.
"Tancredi, ha ragione il ragazzo. Andiamocene"
"Ma che stai a sentì quello? Sono nel nostro posto, devo proteggere il territorio"
"Ma che cazzo sei? Un lupo? Un cane che piscia per segnare il territorio? Ma per favore"
E continuava e non c'era modo di fermarlo. Alzò gli occhi al cielo e si risedette sulla panchina mettendosi le mani in faccia.
"Ehi, tutto bene?"
Alza lo sguardo ed incontra quelli neri dell'amico del nano
"Eh? Ah sì, solo non mi piace quando le persone litigano tutto qua. Soprattutto quando lo fa Diego"
"Ah, okay. Io comunque sono Gianmarco, ma puoi chiamarmi Gian"
Disse porgendogli la mano. Era più simpatico del previsto.
"Io sono Emanuele, ma ti costringo a chiamarmi Lele. Non mi piace sentire il mio nome intero"
Dice stringendogli la mano e sorridendo, felice di essere riuscito a conoscere qualcuno senza essere presentato da Diego, come succedeva praticamente sempre.
Gian si mise a ridere "okay, Lele. Tu ed il tuo amico, Diego giusto?"
"Si"
"Tu e Diego non siete di Milano giusto?"
"Giusto, ci siamo trasferiti qui tre giorni fa. Siamo di Roma."
"Ma davvero? Anche noi siamo di Roma. E siamo qui da una settimana. Sai, motivi di lavoro di mio padre e Tancredi mi ha seguito"
Quindi adesso aveva il nome del nano. Tancredi.
"Più o meno è successo lo stesso con noi. Il padre di Diego doveva trasferirsi per lavoro e si voleva portare anche Diego e quindi io l'ho seguito."
Ma guarda un po' che coincidenze, stesse storie.
So distrae dalla conversazione quando inizia a sentire Diego alzare la voce
"Ma la vuoi finire? Mi hai rotto le palle. Sei stressante Cristo. O te ne vai tu o te ce porto trascinandoti dai capelli."
"Anche se sei più alto de me, nun me fai paura. Te ne devi annà, tu ed il tuo tesoruccio"
Tutto questo urlando a squarciagola e a Lele questo non piace.
Inizia ad agitarsi, a respirare male e velocemente
"Ao, Le? Lele che cazzo te prende?"
Gian provava a toccarlo, ma lui non voleva. Non gli piaceva essere toccato in quelle situazioni.
"Lele? Cazzo respira." Era preoccupato e lo vedeva "Diego ao, Lele nun se sente bene. Sta male, fa qualcosa"
E solo allora Diego si gira, solo a sentire il suo nome. Lo guarda sgranando gli occhi, capendo di aver fatto l'errore più grosso
"Dio, Lele respira. Scusa, scusa non volevo alzare la voce, ma ti prego. Ti prego respira"
In tutto ciò Gian gli era rimasto accanto ed il suo amico lo fissava stupito e confuso.
"Merda, Le. Ti prego, concentrati su altro. Ti ricordi cosa facevamo in quelle situazioni?"
In queste situazioni lui lo distraeva e calmava facendogli raccontare cosa avevano fatto quel giorno.
"I-io..."
"Ce la puoi fare, tesoro. Ci riesci. Pensaci. Pensa a cosa abbiamo fatto oggi."
E solo adesso lo guarda in faccia. Diego ha gli occhi lucidi.
"N-noi abbiamo f-fatto colazione..."
"Con cosa?"
"N-non me lo ri-ricordo"
"Pensaci, concentrati"
"Ma che stai facendo, così lo confondi e non lo aiuti" questo era Tancredi, che urlava
"E smettila di urlare" disse Diego, urlando anche lui
"Merda" aggiunse quando se ne accorse.
Si stava maledicendo, Diego. Era talmente nervoso a causa di quel deficiente che stava facendo un errore dopo l'altro. Si alza mettendosi le mani nei capelli. Doveva calmarsi e riprovarci.
"Ehi, Lele. Perché non mi guardi un attimo?"
Lele era confuso, perché Gian cercava di parlargli? Cose gliene fregava a lui?
"Ma cosa diavolo stai facendo Gian? Ma lascialo stare, lascia che sia lo stronzo ad occuparsi del suo tesoro"
"Tancredi smettila. Mi hai rotto il cazzo oggi"
"Ma Gian..."
"Ma Gian un cazzo, tanc. Sta male, non lo vedi? Tu non sei così. Sei solo arrabbiato perché erano nel nostro posto. Adesso fammi fare, che Diego al momento è troppo arrabbiato con te per aiutarlo. È colpa tua Tancredi se Lele è messo così ed è sempre tua la colpa se Diego non riesce ad aiutarlo. Quindi sta zitto."
Lo aveva zittito, Gian. Tancredi era stupito, non lo aveva mai fatto. Di solito era lui quello ad arrabbiarsi perché qualcuno era nel loro posto. Cosa aveva di speciale quel ragazzo?
Lele dal canto suo era stupito, ma comunque non riusciva a calmarsi. I ricordi di quei giorni si facevano spazio, sempre di più.
"Lele, per favore. Guardami negli occhi" insisteva e allora lui lo fece. Guardò dritto nei suoi occhi, neri ma comunque bellissimi "bravissimo. Adesso voglio solo avvisarti che io non ti farò del male okay? Mai. Dammi la mano, Lele. Dammi la mano"
Diego continuava a guardarlo stupito. Nessuno sapeva, oltre a lui, come calmare un suo attacco di panico. Mentre lui, quel Gian, sembrava fosse un esperto. E rimase ancora di più stupito quando Lele gli afferrò la mano.
Una volta afferrata la mano, la sentì trascinata sul petto di Gian. Cosa diavolo stava facendo? Era confuso ma tutto continuava a girare.
"Ora segui me. Segui il mio respiro. Respira con me"
Anche Tancredi era stupito. Non aveva mai visto Gian così. Con nessuno. Non sapeva di questo suo lato.
Lele, invece, faticando riusciva a seguire i suoi respiri e si ritrovò cosi ad essere calmo.
Si era calmato e lo doveva a Gian
"G-grazie" dice questo e basta. Non aveva le forze per aggiungere altro
"Non devi ringraziarmi Lele. Non ce n'è bisogno" gli risponde sorridendo
Lele era stanco, aveva bisogno di chiudere gli occhi e Diego lo sapeva. Lo guarda in faccia e Lele gli sorride. Non l'ha aiutato, non è servito a nulla stavolta. Perché gli sta sorridendo?
"Die? Andiamo a casa?" La sua voce che lo chiama. Alza lo sguardo ed incontra il suo.
"Si tesoro, andiamo"
Gli si avvicina, guarda male Tancredi, ringrazia con lo sguardo l'altro e prende in braccio Lele, che subito si aggrappa a lui come un koala, come un bambino.
Lele appoggia la testa sulla spalla e chiude gli occhi, felice di quella sensazione di casa.
"Ehi Lele, prima di addormentarti" inizia ridendo Gian "ci vediamo eh, in giro"
Lele riapre gli occhi e lo guarda.
È riuscito a fare amicizia? Strano
Gli sorride a mo' di risposta affermativa.
"Stessa cosa vale per te, Diego. Nonostante quello che è successo, sembri un tipo simpatico" aggiunge urlando
"Anche tu e poi dovrò ringraziarti meglio per quello che hai fatto" urla anche Diego.
Lele sorride e chiude gli occhi.

Insieme, nonostante tutto || tankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora