4. Erede Dallas

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La casa di Jhon è in centro, in uno dei grattaceli centrali. Parcheggiamo vicino ad auto di lusso, quasi tutte nere, solo il Ferrari è giallo. Connor prende su il mio bagaglio, non sembra pesare minimamente a lui. Jhon seleziona il piano e inserisce un codice. Quindi non hanno le chiavi di casa ma bensì un codice, senza quello l'ascensore non parte e non si apre nemmeno al piano desiderato, ingegnoso. Jhon mi fa cenno di entrare per prima è una signora sulla trentina dalla pelle diafana si avvicina solenne. "Mr Dallas siete rientrato, posso fare qualcosa per voi?" Deve essere la governante. "Elena, lei è Abigail la governate, oggi tra una chiacchiera e l'altra non abbiamo mangiato molto, le puoi chiedere quello che vuoi per cena e se hai bisogno di qualcosa in casa chiedi a lei. Per me andrà bene il timballo di vitello." Abigail annuisce e mi guarda in attesa. "Per me va bene tutto, lo stesso di Mr Dallas. Piacere di conoscerla." Le sorrido e lei mi sorride in risposta. Jhon mi fa strada al piano superiore e mi mostra una stanza davvero spaziosa. "La tua stanza." Mi cede il passo per entrare per prima e mi osserva mentre guardo estasiata la camera. La stanza è grande con un bel letto king size, le lenzuola sono di un beige tenue, le vetrate che danno sullo skyline di Seattle sono veramente il must della camera. Non ci credo ancora di essere in America e che Jhon potrebbe essere mio padre.

Disfo buona parte del bagaglio dentro l'enorme cabina armadio, non sono abituata a tutto questo spazio, il mio armadio di casa è un terzo di questo. Scrivo alla mia amica il resoconto della mia avventura appena iniziata. Mi spiace averla così lontano, ma questo viaggio lo dovevo fare, è importante per me sapere la verità e sembra che sia importante anche per Jhon. Scendo senza la stampella nel salone principale, mi guardo attorno alla ricerca del padrone di casa o di Abigail, il primo che trovo insomma. Sento sfrigolare una padella, seguo il suono e il profumo fino alla cucina. Abigail è ai fornelli e si destreggia con maestria dentro quella stanza. Quando si gira e mi vede sobbalza. "Non volevo spaventarti scusa." Mi affrettò a dire. "Non la aspettavo qui signorina. Le serve qualcosa?" Scuoto la testa e mi siedo su uno degli sgabelli dell'isola. "No, ero solo curiosa, chiamami Elena e dammi del tu perché è veramente strano sentire il lei a me. È da molto che lavora per il signor Dallas?" Le chiedo guardando la carne che tra poco è pronta. "Si sono circa sei anni, lo conosco abbasta da poterti dire che non l'ho mai visto così felice. Tutti speriamo che tu sia sua figlia. Il signor Dallas è molto legati alla famiglia e non poter avere figli gli pesa davvero molto, più di quanto lasci intravedere." Mi confessa guardandosi attorno. Sento la voce di Jhon nel salotto, è al telefono con qualcuno, mi allungo per origliare. "No Liam è una ragazza abbastanza timida, ma davvero quando l'ho vista è come se non avessi avuto dubbi, abbiamo gli stessi occhi azzurri, sua madre li ha marroni. No non sembra proprio di quelle che fingono anche perché sennò non sarebbe venuta alle mie condizioni." Deve parlare con qualcuno con cui è in confidenza. "Papà e mamma vengono dopodomani, partono appena saprò il risultato, te riesci a venire. È un po' che non ci troviamo tutti assieme." Quindi Liam deve essere suo fratello. "Spero veramente, spero che quella remota possibilità sia vera. Ho sempre voluto dei figli e sapere di averne una anche già grande è fantastico. Spero solo di non soffocarla troppo con la mia curiosità in questi giorni." Sento che saluta il fratello e butta giù il telefono.

Entra in cucina e resta sorpreso di trovarmi già lì a chiacchierare con Abigail. Mi sono anche cambiata prima di scendere, ho il tutore rigido alla gamba e si vede in parte la cicatrice. Vedo che la guarda con disprezzo, esce dalla cucina e si rimette al telefono con qualcuno. "Dici che ha lo sguardo felice Mr Dallas mentre io invece che sguardo ho?" Chiedo ad Abigail così per far conversazione e non parlare di niente di pesante. Mi osserva attentamente guardandomi negli occhi. "Sei rassegnata, sembri esserlo da parecchio, ma anche tu speri che qualcosa cambi questa rassegnazione." Sentenzia facendomi l'occhiolino. "Sono rassegnata che a mia madre non importa più di tanto di me, lei vive per il suo lavoro. Se venisse fuori che Mr Dallas è mio padre ho la speranza che sia più genitore lui di Alessandro che mi ha cresciuta fino ad ora." Mi giro sentendo dei passi, spero non abbia sentito il mio sfogo. Abigail ci serve la cena e mangiamo in silenzio. È Jhon a spezzarlo. "Davvero a tua madre non importa di te?" Chiede triste. "Gli importa a modo suo, vive per il suo lavoro, io vengo sempre dopo il lavoro, dopo Alessandro, dopo i suoi viaggi dopo i suoi sfizi. Sempre dopo." È la verità, non sono mai stata il suo primo pensiero, forse i primi dieci giorni di vita perché da quando ho memoria non sono mai stata la sua priorità. "Avevo quattro anni la prima volta che ci sono rimasta male. Dovevo festeggiare il compleanno, ma è saltato tutto perché lei doveva andare a fare le lampade e la ceretta dato che aveva la partenza imminente. Non le ho mai detto che c'ero rimasta male, ma da quel giorno qualcosa è cambiato. Non ho più organizzato un compleanno, non festeggio mai perché molte volte sono a casa da sola quel giorno. Non sa nemmeno che sono qui, ma tanto non le importerebbe." Sono dura con le parole, ma è inutile che io dipinga mia madre per quello che non è cioè un genitore affidabile e altruista. Vedo Abigail che mi guarda con compassione, immaginavo di fare questo effetto. "Quindi l'intervento è stata la goccia in più? Ma non hai un ragazzo con cui fare la tua vita?" Jhon è molto ottimista. "Si ci sono  stati parecchi episodi in cui mia madre e anche Alessandro hanno dimostrato che io vengo dopo, per esempio quando ho fatto l'esame alle medie non sapevano nemmeno il giorno, da giugno si sono svegliati a settembre quando ho iniziato le superiori. Non ho il ragazzo e non l'ho mai avuto." Confesso con un certo imbarazzo. "Ah, bhe allora avrai qualche amichetto con cui ti diverti?" Chiede curioso, immagino si stia informando per evitare forse domande imbarazzanti quando arriverà la sua famiglia. "No, non ho nessun scopamico e non l'ho mai avuto. Non ho mai fatto nulla." Ora sono veramente rossa per l'imbarazzo. "Sei vergine?" Chiede sorpreso e io annuisco, gli sono grata per non addentrarsi ulteriormente nel argomento. Finisco la cerne e Abigail mi porge una fetta di cheescake davanti, immagino sia per consolarmi. "Mi ha scritto la dottoressa Samuelson, domani nel pomeriggio avremo il risultato, sta facendo gli straordinari solo per noi." Jhon sembra contento di poter sapere al quanto prima il risultato.

Finita la cena mi siedo sul divano in pelle grigio chiaro, è davvero comodo. Jhon si siede poco lontano, prende il telecomando della grande tv a schermo piatto, lo osservo attentamente, al polso ha un neo con una forma davvero strana che ho anche io. Mette su un canale sportivo, stanno trasmettendo una partita di football americano. "Hai mai visto una partita dei Seattle Seahawks?" Mi chiede indicando la tv. "No, non so come funzioni e non guardo lo sport in Italia, non mi interessa così tanto." Ammetto guardando quegli armadi che si rincorrono e si spintonano per il campo. Forse è più interessante del nostro calcio. Abigail ci porta qualche ciotola di patatine, qualche bevanda gasata e mi chiede se ho bisogno di tenere alzata la gamba, non volevo scomodarla, reclina parte del divano così che la gamba stia abbastanza in su. Durante le pause della partita controllo il telefono, Sara non mi ha ancora risposto. Mia madre e Alessandro non si sono minimamente sentiti. "Cosa ti piacerebbe fare nella tua vita?" Sono spiazzata dalla sua domanda. "Non me lo aveva mai chiesto nessuno, mi piacerebbe fare l'architetto. Ho una passione per le case e la loro realizzazione." Sembra contento di sapere che ho dei progetti per il mio futuro. "Ma se inizi a lavorare poi studi comunque?" Si ricorda che mia madre e Ale mi hanno dato tempo fino a settembre per trovarmi qualcosa da fare. "No, non ne avrei il tempo, certo i weekend non è che ho un gran che da fare, ma rimarrei indietro e poi i costi aumenterebbero e non so se riuscirei ad arrivare in fondo, in più secondo mia madre architettura non fa per me, dovrei andare a fare economia o roba simile." Lo vedo che non ha preso bene la notizia che non studierò dopo aver preso il diploma. "Ma in Italia col tuo diploma si trova un buon lavoro?" La sua voce è cambiata, è più dura. "Forse la barista, ma non potrei stare in piedi tanto con la gamba quindi no, quel lavoro no. Forse la cassiera, se mi va bene sono ottocento euro al mese con i turni e anche i weekend impegnati." Mi giro verso di lui e sembra davvero arrabbiato. "E con ottocento euro si vive bene? Nel senso puoi essere autonoma?" Immaginavo mi avrebbe fatto queste domande, forse non sta sera, ma dopodomani magari. "No, se ci devi pagare affitto, bollette e mangiare ci fai una patta. Ma se metti su anche spese extra come carburante finisci per strada. Ti scordi molte comodità come la parrucchiera o una cena fuori con amici. Invece tu che lavoro fai?" Ha il respiro pesante, sembra stia cercando di calmarsi. "Io gestisco l'area petrolifera della società di famiglia. I miei genitori hanno costruito un impero partendo dal nulla, ora abbiamo hotel, estrazione di petrolio e finanziamo molte piccole società di ricerca, sopratutto per la tecnologia." È fiero quando parla della sua azienda, penso che nemmeno i miei che vivono per il lavoro ne parlerebbero così come fa lui. "Sei originario di Seattle?" Penso che queste domande di rito siano più che normali. "No, sono del Texas, della periferia di Austin. Ma ho perso l'accento del sud e sopratutto non giro con cappello e stivali da cavallo." Ridiamo assieme per lo stereotipo che ha il mondo sui texani. Sono stanca, il viaggio e la giornata piena mi hanno stremato, a fatica torno in camera, devo ricordarmi la stampella perché fare le scale è davvero difficile. Sara finalmente ha risposto e mi sta mandando tanti accidenti per esser partita così senza salutare, però è contenta per me e spera che sia una svolta positiva questo viaggio. Mi ha anche aggiornato sulle modalità decide per il nostro esame di maturità, cavolo é tra due settimane e io non sto ripassando nulla.  Crollo nel sonno col telefono ancora in mano.

Mi alzo a metà mattina, nessuno è venuto a svegliarmi, quando scendo in salotto ricordandomi la stampella questa volta trovo Abigail alle prese con le pulizie di casa. "Ti preparo qualcosa?" Mi chiede prontamente. "No tranquilla, prendo giusto qualche biscotto, posso fare da sola." Annuisce e torna a passare l'aspirapolvere. Apro la dispensa e trovo i biscotti alla nutella, mangio qualche biscotto e Jhon entra nella cucina con un asciugamano al collo, è completamente sudato. "Buongiorno, vedo che hai trovato la mia scorta di dolci." Ammicca divertito mentre mangio un altro biscotto. "Non li hai nascosti abbastanza bene." Scherzo con lui prima che vada a farsi una doccia. Il resto della giornata non passa più, Jhon controlla costantemente le mail. "Perché non hai ancora fatto sesso? C'è un motivo o non è mai capitato? So che sono domande scomode, ma nel caso i miei vengano qua così evitiamo domande che ti mettono in difficoltà." Probabilmente come tutti anche lui si aspettava che avessi già fatto sesso con qualcuno da tempo. "Non è capitato, non sono proprio tra le più popolari a scuola e quindi nessun ragazzo si è mai fatto avanti, in più mentivo dicendo di averlo già fatto." Ammetto con un certo imbarazzo. Non ce la faccio più ad aspettare in salotto la mail, vado in cucina da Abigail, le chiedo se mi prepara un pancake con lo sciroppo d'acero. Sto mangiando in compagnia della governante quando dal salotto si sente un grido, ci guardiamo negli occhi io e Abigail. Jhon entra col fiatone nella cucina e lo guardo in attesa. "Sei mia figlia! Cazzo ho davvero una figlia. È un miracolo. Sono tuo padre." Mi sorride come un bimbo nel giorno di Pasqua, si avvicina e mi abbraccia. Per fortuna Sara mi ha abituato agli abbracci, ricambio all'inizio titubante, ma poi mi lascio andare. Mi mostra i risultati del test e la dottoressa dice di aver controllato meticolosamente.

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