Per i dottori ero un vero e proprio miracolo. Mentre ero in coma li avevo sentiti discutere sul fatto di staccare la spina. Da quello che avevo sentito, erano indecisi se lasciarmi morire o tenermi ancora in vita. Ero diventata praticamente un vegetale, incapace di muovermi, e secondo loro persino di pensare.
Ma ero cosciente.
Ero presente ad ogni loro conversazione, mi accorgevo di ogni loro mossa...solo che non potevo interagire con nessuno di loro.
Melissa mi aveva dato il permesso di andare a fare visita ad un membro della mia famiglia, l'unico che era stato colpito gravemente dall'incendio proprio come me: mio zio Peter, che aveva la stanza proprio accanto alla mia.
Era lì, di fronte a me. Non si muoveva, non parlava. Il suo respiro era a malapena percepibile. Era come morto, eppure sapevo che anche lui era presente.
I suoi occhi erano aperti, ma non li avevo mai visti così spenti. Non era un tipo che andava d'accordo con la tristezza, eppure in quel momento era l'unica cosa che riuscivo a leggere nel suo sguardo.
Come lo capivo...
Non era bello poter sentire tutto e non poter comunque dire o fare niente. Era terribile, e questo lo sapevo benissimo.
Per quanto avessi voluto dirgli qualcosa, ero come bloccata.
L'unica cosa che riuscii a fare, fu abbracciarlo e piangere. Fu come abbracciare un pezzo di legno freddo.
Quando mi staccai, sentii come la sensazione di essere soppressa dall'alto da una qualche forza invisibile, come se mi fosse stato buttato sulle spalle un grosso macigno. Era il senso di colpa. Io ero sveglia...lui era ancora bloccato su una maledetta sedia a rotelle, incapace persino di sbattere le palpebre. Uscii di fretta da quella stanza e corsi nella mia, ignorando i continui richiami di Melissa, che mi aveva accompagnata da Peter.
Mi chiusi in bagno, appoggiando la schiena contro la porta e lasciandomi scivolare a terra. I miei occhi non la smettevano di lacrimare, ero finalmente arrivata alla consapevolezza di ciò che mi era accaduto.
<<Cassandra...>> sentii la voce di Melissa.
<<Ho perso quelli che sarebbero dovuti essere gli anni migliori della mia vita.>> iniziai, singhiozzando. <<Non ho mai iniziato la scuola superiore, non ho mai conosciuto dei ragazzi o delle ragazze della mia età con la quale passare l'adolescenza.>> faceva male ammettere tutto ad alta voce. <<Non ho mai neanche finito le scuole medie. Sono cresciuta, sono diventata una donna...e neanche me ne sono accorta.>>
Ero davvero cresciuta sotto gli occhi di tutti, tranne che dei miei. Avevo lasciato il mio corpo a quando avevo dodici anni, e l'avevo poi ritrovato nell'età dei diciotto. Ero cambiata senza neanche rendermene conto. Ero diventata una donna, il mio viso e le mie forme erano cambiate parecchio da quando ero una bambina. L'incendio mi aveva portato via gli anni migliori, gli anni dei cambiamenti...mi aveva solo lasciato delle profonde cicatrici e dei brutti ricordi con la quale avrei dovuto imparare a convivere.
Avrei persino dovuto imparare a convivere con un corpo del tutto diverso da quello che mi ricordavo di avere.
<<Voglio tornare a casa mia...>> conclusi, appoggiando la testa alla porta del bagno e lasciando che le lacrime solcassero il mio viso.
<<Cassandra, ti prego di uscire. Noi...dobbiamo parlare a proposito di questo.>>
-
Morti.Erano tutti morti.
Quella che consideravo la mia famiglia...non c'era più.
Non era rimasto niente, se non una casa abbandonata e distrutta, piena di macerie e polvere.
Melissa aveva cercato di essere il più delicata possibile nel darmi la brutta notizia, e alla fine ero riuscita a non piangere.
<<Mi dispiace molto, Cassandra.>>
<<Lo sapevo già.>> ammisi, interrompendola. Forse era per questo che non ero riuscita a piangere per la loro scomparsa...in fondo l'avevo sempre saputo. <<C'era da immaginarselo.>>
Non una visita, non un fiore, niente.
Loro sarebbero venuti da me, ne ero più che sicura. Era strano che neanche la mamma fosse venuta a trovarmi...lei, che mi aveva cresciuta e aveva iniziato fin da subito a considerarmi sua figlia.
Ora tutto si spiegava.
Presto si fece largo l'ennesima brutta consapevolezza.
<<Dove dovrei andare allora?>> domandai.
<<È complicato da spiegare.>> iniziò, ma vidi sul suo volto nascere un piccolo sorriso. <<Quando sei arrivata qui, non avevi già più una famiglia. Peter era l'unico membro adulto della famiglia Hale rimasto ancora in vita, ma per ovvie ragioni non potevano dare a lui la tua custodia. Così i servizi sociali avevano deciso di darti in adozione, nel caso ti fossi svegliata. Per mesi interi sei rimasta senza una famiglia, senza tutori, e in quei mesi mi sono presa io cura di te...quindi mi sono chiesta come sarebbe stato prendermi cura di te dopo il coma.>>
I miei occhi si illuminarono quando capii dove voleva andare a parare con quel discorso. <<Tu...>>
<<Sì, Cassandra. Quando starai meglio, se vorrai, potrai venire a stare da me.>>
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E niente, capitolo corto ma secondo me molto intenso. Ho cercato di farvi entrare nella mente di Cassandra il più possibile, farvi capire come l'incendio le abbia rovinato la vita...spero di esserci riuscita ;D
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HAZARD - Pericolo costante (Teen Wolf)
RandomCassandra aveva appena dodici anni quando scoppiò l'incendio a casa Hale, la famiglia che aveva deciso di crescerla come una figlia. Era appena una ragazzina quando l'incendio la soffocò, fino a farla cadere in coma. Le bruciò la pelle, e insieme a...