13. Call Me Jordan

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Continuai a guardare il riflesso dei miei occhi sul fondo del cucchiaino che mi avevano dato insieme al cappuccino e al croissant che avevo ordinato.

Mi ero messa in un tavolino all'angolo del bar, con il viso rivolto verso il basso e i capelli che lo coprivano, per non far vedere agli altri clienti i miei occhi illuminati di giallo.

Giallo...non azzurro...ma di un acceso color ambra.

Ciò significava che lo zio Peter aveva ragione, e che quegli uomini non erano innocenti come credevo. E per quanto fosse sbagliato...nel profondo del cuore, sentivo che era ciò che volevo, più di ogni altra cosa.

Non avrei dovuto sentirmi così, le mie mani si erano sporcate di sangue, avevo tolto la vita a due probabili padri di famiglia...eppure non m'interessava. Una parte di me continuava a dirmi che avevano avuto ciò che si meritavano, e il fatto che fossero morti mi faceva sentire realizzata...ma non abbastanza.

Forse volevo di più...

<<Ehi, Cassandra!>>

Strinsi gli occhi di colpo, e per lo spavento il cucchiaino mi cadde di mano e andò a scontrarsi con il pavimento, producendo un fastidioso tintinnio.

<<Agente Parrish! Non l'avevo sentita arrivare, scusi.>> mi giustificai, abbassandomi a prendere il cucchiaino, alla quale però ci aveva già pensato lui.

<<Chiamami Jordan. E sono io che devo scusarmi se ti ho spaventata.>>

<<Scuse accettate.>> conclusi con un lieve sorriso. Seguì un attimo di silenzio, che utilizzai per guardarlo meglio. La prima e unica volta che ci eravamo visti, ero troppo scioccata per accorgermi del suo fascino e dei suoi bellissimi occhi verdi.

Adesso avevo tutto il tempo per studiarlo nei minimi dettagli. Osservai la sua mandibola contrarsi per una frazione di secondo, prima di chiedere al cameriere - che era passato lì in quel momento - se potesse avere un caffè nero.

Scossi la testa per risvegliarmi dal fatto di essermi incantata.

<<Agente...cioè, volevo dire...Jordan, vuole...vuoi sederti?>> gli domandai balbettando, indicandogli la sedia davanti a me.

Lo vidi ridacchiare per i miei modi un po' impacciati, ma poi accettò e si sedette.

Dio, che figuraccia...

Per evitare di far vedere il rossore delle mie guance, iniziai a mangiare il mio croissant con la marmellata ai frutti di bosco.

<<Allora Cassandra, ti senti meglio?>> domandò lui.

Ingoiai il mio boccone. <<In che senso?>>

<<La prima volta che ci siamo visti ti ho quasi investita, e tu sembravi così...strana. Sembravi quasi sotto shock.>>

Abbassai di nuovo lo sguardo sul mio cornetto, osservandone la marmellata che si intravedeva dal mio morso. Dovevo prendere tempo per inventare una scusa che avrebbe potuto spiegare il mio stato d'animo di quella giornata.

<<Se non te la senti di - >>

<<Ero venuta a sapere della morte di una ragazza che conoscevo, a cui tenevo molto.>> spiegai. <<Laura Hale, penso tu ne abbia sentito parlare, essendo un poliziotto.>>

<<Sì, è così infatti. Mi dispiace molto.>> aggiunse, guardandomi con compassione.

Non volevo essere compatita, quindi gli sorrisi lievemente, per ravvivare un po' quell'atmosfera. <<Ma adesso sto meglio, ho superato la cosa.>> dissi.

HAZARD - Pericolo costante (Teen Wolf) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora