capitolo sette.

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«Buongiorno» saluto la ciurma seduta a tavola, a fare colazione.

Ho cercato di rendermi il più presentabile possibile, ma la mia voglia di vivere di mattina è pari a zero, se non di meno. Quindi sono scesa con una vestaglia e pantofole abbinate dello stesso colore, lasciando i capelli sciolti, nonostante tutti impicciati.

A tavola ci sono tutti tranne Thomas, ma non mi stupisco. Ieri sera appena tornato a casa, ha preso la sua macchina ed è uscito. Non l'ho sentito rientrare questa notte, non che io lo stessi aspettando, ma non essendoci a tavola, deduco che non sia rientrato.

Mi siedo davanti a mia madre. «Dormito bene? Il letto è comodo?» mi chiede Elizabeth, mentre io mi allungo a prendere un croissant.

«Molto bene!» esclamo, per poi addentare il cornetto.

«Noi andiamo» dice Billy, alzandosi in contemporanea con mio padre «Ti aspettiamo in azienda Sophie».

«Thomas ti passa a prendere tra venti minuti, vai a prepararti» afferma poi mio padre, rovinando con quelle parole la mia beata e buonissima colazione.

«Posso venire anche da sola» ribatto immediatamente.

«La tua macchina non è qui Sophie. Francisco, gentilmente,oggi è andato a fare delle commissioni per me. Vince porterà noi, per poi raggiungere Francisco» afferma mio padre.

Non spreco nemmeno tempo a ribattere. Mi alzo e corro in camera. Appena entrata comincio a camminare avanti e indietro per la stanza, per poi saltellare sul posto strillando, serrando i denti.

«Lo odio» mormoro continuando a saltellare «Non lo sopporto, mi ha rovinato anche la colazione. Anzi la mia giornata. Ti rendi conto?» esclamo rivolgendomi a Balù, come se potesse rispondere, ma so che se potesse mi darebbe ragione.

Sbuffando comincio a vestirmi, indossando una camicia nera non molto coprente, abbinandoci un reggiseno di pizzo sotto che si intravede attraverso il tessuto della camicia. Infilo una gonna di pelle, che fascia in modo fantastico il mio amatissimo lato b, sfoggio il mio tacco dodici rosso, arriccio i miei capelli, mi trucco ed esco dalla camera, con in braccio Balù.

Mi siedo sulla sedia a dondolo, situata in giardino, e mi accendo una sigaretta, mettendo per terra Balú.

Sospiro e cerco di calmarmi ancora nervosa. Odio chi mi organizza la vita e odio me stessa, per dar potere ad una persona, di gestire le mie emozioni. Sono stata così fin da bambina, a differenze delle mie sorelle, meno scalmanate di me. Sono sempre stata ribelle, testarda e senza peli sulla lingua: non giro intorno alle
cose, se devo dire una cosa la dico e basta.

Senza rendermene conto, finisco la sigaretta e vedo una Porsche nera arrivare verso la mia direzione, intuendo sia Thomas.

«Balú» lo chiamo «Vieni qui». Con le sue piccole zampette mi raggiunge, tirando fuori la lingua e allargando i suoi occhietti. Lo prendo in braccio e mi avvicino alla macchina parcheggiata.

Apro lo sportello e salgo a bordo. La testa di Thomas, così come il suo sguardo, rimane fisso a guardare dritto per dritto, senza rivolgermi la minima attenzione, e a me va bene così.

Balù si accoccola in braccio a me, accarezzo lentamente il suo pelo, rilassandolo ancor di più. Il viaggio in macchina continua in silenzio, uno di quei silenzi imbarazzanti, in cui non sai se dire qualcosa oppure restare senza parlare.

«Perde peli?» rompe il silenzio improvvisamente Thomas, riferendosi a Balú.

«Perché sarebbe un problema?» chiedo alzando gli occhi al cielo «Non dirmi che sei uno di quei uomini che tratta la sua macchina meglio di una persona, magari le hai dato anche un nome» commento ironicamente «Sarebbe il colmo dei colmi».

MR.BROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora