capitolo quindici.

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SEI MESI DOPO.

Balù abbaia verso la porta d'ingresso, la quale suona interrottamente senza smettere. Corro ad aprire, strascicando i miei piedi, ancora sonnolente nonostante mi sia svegliata da due ore.

«Buongiorno mia dolce americana» esclama Marzia entrando nel mio monolocale «Ti ho portato cappuccino e cornetto».

Sorrido per il pensiero avuto. Mentre Marzia gioca con Balù penso a quanto sia cambiata la mia vita da sei mesi a questa parte. Il momento passato con Thomas è stata bellissimo, abbiamo parlato tanto dopo il sesso, abbiamo fatto molto sesso e abbiamo dormito insieme.
Sono partita senza dirglielo: mi sono svegliata la mattina e l'ho lasciato lì, a dormire nel mio letto, senza di me. Gli ho scritto varie volte una volta arrivata in Italia, ma non ho mai ricevuto risposta, tale azione mi ha portato a pensare che volesse portarmi solo a letto ed io come una grandissima idiota, c'ero cascata con tutti i piedi.
Con la mia famiglia e Char, ci sentiamo ogni giorno e mi mancano ogni giorno, sempre di più. Non sono potuta rientrare a New York per nessuna festa e la cosa mi ha reso molto triste.

Una volta arrivata in Italia, ho conosciuto Marzia per caso, mentre aspettavo il taxi all'aeroporto, che mi avrebbe condotto al mio appartamento. Era appena tornata da un viaggio, per poi scoprire che sarebbe stata una delle mie tante colleghe. È leggermente più grande di me,ma non di troppo, giusto qualche anno. È bassa,capelli neri a caschetto, porta degli occhiali da vista più grandi di lei ed ha gli occhi marroni.

Con la lingua ho fatto tantissima difficoltà, sopratutto all'inizio, era difficile ma poi ho cominciato a capirlo e le persone a capire me -più o meno-.
È stato complicato all'inizio: mi mancava casa, i miei affetti, la mia lingua. Ma poi con il tempo, ho cominciato a conoscere sempre più persone, fino ad essere circondata da amici, che mi sono stati accanto anche nei miei momenti no.

Come mi aveva già avvisato mio padre, ho viaggiato molto. Ho visitato Milano, Torino, Verona, Firenze e Perugia, per poi tornare sempre a Roma: una città meravigliosa, piena di amore e di storia.

«Allora? Sei pronta per tornare?» mi domanda, mentre Balù tenta di morderle la mano.

«Non so se fare salti di gioia o piangere per la tristezza» commento, bevendo un sorso di cappuccino. Oggi tornerò a New York e se sei mesi fa volevo solo scappare da qui per tornarci, ora, lasciare questa città e queste persone, mi rende triste.

«Allora fai entrambe le cose» dice alzando le spalle, come se fosse la scelta più facile del mondo. Le sorrido scuotendo la testa. «Vuoi sapere cosa mi mancherà di più?» le dico. Lei mi guarda attendo una risposta. «Il cibo!» esclamo, piagnucolando. E non scherzo. Il cibo italiano penso sia la cosa più buona che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita.

Lei scoppia a ridere, dicendo:«Ci credo» per poi aggiungere, avvicinandosi a me «A che ora hai il volo?».

«Alle dieci» rispondo, guardando già le valigie pronte «Per questo ti ho fatto venire così presto, gli altri me li saluterai tu». Marzia mi accompagnerà all'aeroporto. Sistemo le ultime cose, per lasciare l'appartamento in ordine e poi usciamo.

Ci impieghiamo poco meno di mezz'ora ad arrivare all'aeroporto, e mano mano che ci avviciniamo all'entrata, il magone si fa sempre più strada in me.

Una volta fatto il check-in, mi giro verso Marzia, rimasta con me fino ad adesso.
«Ed eccoci qua» dico stringendo il manico della mia valigia «Non voglio farti restare ancora, presto dovrò andare».

«Ho una cosa da farti vedere» dice avvicinandosi leggermente a me. Prende dalla sua borsa una bandana e dice:«Ma prima dovrai coprirti gli occhi».

MR.BROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora