capitolo trenta.

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Un leggero venticello mi colpisce, mentre me ne sto seduta con la mia tazza in mano, in pigiama, a gustarmi il paesaggio e il suono degli uccellini di prima mattina.

Non sono riuscita a dormire e così stanca di provarci, sono scesa e ho fatto colazione, mentre tutti gli altri dormono.

Non sono solita svegliarmi presto, ma mi è capitato spesso non riuscire a dormire, ma per quanto sia bella la vista di una città, il paesaggio della natura, del verde, non può essere paragonata a nulla.

Bevo un sorso di tè caldo, non accorgendomi di Thomas, che passa accanto a me e si siede alla sedia accanto. Non abbiamo più risolto e la mia notte insonne è dovuta proprio a questo: nonostante io abbia dormito nel suo stesso letto, non sono riuscita nemmeno per due minuti a chiudere gli occhi.

Rimane in silenzio, guardando fisso davanti a se, con la sua tazza posata sul tavolo e la mascella irrigidita.

Non oso proferire parola, sapendo che ormai le mie sarebbero le stesse, così come le sue risposte, e allora perché sprecare fiato?

«Credo sia il caso di chiudere qua» afferma poi. Mi si gela il sangue e rimango bloccata per non so quanto tempo, non aspettandomi parole del genere e sopratutto con tutta questa naturalezza.

Alzo un sopracciglio e ingoio il mio sorso di tè, chiudendo per un istante gli occhi, sperando che questo sia solo un sogno e che non stia accendendo realmente. Improvvisamente però la rabbia dentro di me, cresce e cresce sempre di più, facendomi capire che forse è un bene, perché io non merito una relazione ricca di segreti. Io merito di più. Come qualcuno che si innamori di me, qualcuno che abbia voglia di crescere con me, di fidarsi, di confidarsi. Non questo.

«Si, lo penso anche io» rispondo, per poi alzarmi di scatto dalla sedia e andarmene. Mi chiudo in camera, ricomponendo la valigia, nonostante io non sappia l'orario di partenza.

Sento la porta aprirsi e poi richiudersi, ma il silenzio regnare nella stanza. Meglio così, non voglio sentire nemmeno una delle sue parole.

«Non voglio ferirti» sento dire alle mie spalle, alzo gli occhi al cielo e con un sorriso amaro rispondo:«Potevi pensarci prima» mi volto verso di lui «Sarebbe bastato che tu fossi sincero con me, invece hai preferito non esporti, rimanere nel buio».

«Ti ho spiegato il motivo Sophie» risponde lui sospirando «È una cosa più grande di te, di me...Non capiresti».

«Non puoi saperlo» rispondo alzando leggermente il tono della voce «Non puoi finché non tenti di scoprirlo».

Lui tira un secondo e profondo respiro, per dire:«Non cambierò idea».

«Non voglio nemmeno che tu lo faccia» rispondo immediatamente ferita «Ma è buffo essere lasciata da chi non ha saputo gestire una relazione a venticinque anni».

Lui abbassa lo sguardo e porta una mano dietro la sua testa, massaggiandola energicamente. «Non dovevo fidarmi» esclamo poi, accorgendomi solo dopo qualche istante di aver espresso ad alta voce un pensiero.

Torno a voltargli le spalle, questa volta però per andarmene. Prendo i vestiti da indossare, dirigendomi poi al bagno per cambiarmi. Sento le lacrime agli occhi, che tentano disperatamente di uscire, ma pongo resistenza: non gliela concedo la soddisfazione.

Raduno le mie cose e torno in camera; lo trovo ancora in piedi con lo sguardo perso nel vuoto e la braccia lungo fianchi. Chiudo con rabbia la valigia, dopo aver buttato dentro a caso il pigiama, così come gli altri indumenti.

Gli passo accanto, trascinando il mio trolley ed esco da quella camera. Torno seduta sulla sedia e aspetto che Char e Aaron si sveglino e mi portino via. Non passa molto, tempo di una sigaretta e di pensare a come superare questa rottura, che il corpo della mia migliore amica si palesa davanti a miei occhi, con lo sguardo di chi già sa. Senza proferire parola, si abbassa e mi stringe fra le sue braccia.

MR.BROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora