capitolo trentasei.

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É una giornata nera, come al solito. Mi manca vedere le mie giornate colorate, con il sorriso e la gioia di vivere. Ricapitoliamo la mia mattinata: mi sono svegliata in ritardo, non ho fatto in tempo a fare colazione, sono corsa in macchina, ho trovato traffico ed ora eccomi parcheggiata nel parcheggio della mia azienda.

Sbuffo ed esco dalla macchina, dopo aver preso la borsa dal sedile del lato passeggero. Sbatto i piedi in modo furioso, quanto il mio stato d'animo, fino all'entrata. Do un buongiorno generale e prima di prendere l'ascensore per salire al mio piano, ordino un cappuccino ad una delle ragazze di cui non ricordo nemmeno il nome.

Premo il bottone per chiamarlo e attendo che arrivi, che ovviamente non da segni di vita. Comincio a premerlo ripetutamente, insultandolo mentalmente.

«Se continuerai a premerlo così forte, finirai per romperlo» sento esclamare alle mie spalle. Alzo gli occhi al cielo, per poi chiuderli, riconoscendo la sua voce. Allunga una mano e preme delicatamente il bottone, che ovviamente, ritorna vita.

Mi giro verso Thomas, per fulminarlo con lo sguardo, e torno a voltargli le spalle. Sospiro rumorosamente e dopo qualche istante, finalmente, entro al suo interno.

Thomas mi segue e la cosa mi infastidisce abbastanza. «Giornata no?» domanda, dopo che le porte automatiche si sono chiuse.

«Questi incontri inaspettati solo in ascensore» borbotto ricordando la mattina in cui gli caddi addosso per sbaglio «Non ho voglia di parlare con te Brown» rispondo ad alta voce.

«Davvero?» domanda e posso immaginare il suo solito sorrisetto divertito stampato sul suo volto.

«Si davvero» esclamo portando di poco la testa verso l'alto «Ma non eri a Londra tu? Perché non ci torni?».

Il suono dell'apertura delle porte mi salva da questa fastidiosa situazione. Scatto fuori senza nemmeno aspettare la sua risposta.

Raggiungo il mio studio e mi metto seduta sulla mia comoda poltrona, poggiando sulla scrivania la mia borsa.

Non posso farcela. Non posso andare avanti se il mio cuore è consapevole che lui sia a pochi passi da me, non posso. Era meglio quando sapevo che lui non c'era, che era a Londra a continuare la sua vita, lontano da me.
E invece ora è qui. Così vicino che quasi posso sentire la sua voce, le rotelle del suo cervello girare mentre si impegna a svolgere il suo lavoro.

Sobbalzo quando sento bussare. Mi porto una mano sul petto e do il permesso di entrare all identità in incognita dietro la porta.
Una delle segreterie entra un bicchiere di carta in mano.

«Grazie mille» esclamo «Sei la prima gioia delle giornata».

«E speriamo non l'ultima» risponde la ragazza ridendo ed io la seguo per poi alzare le spalle «Buon lavoro» afferma prima di congedarsi.

«Anche a te» ribatto prima che chiuda la porta. Porto alle labbra il bicchiere, prendendo un sorso di cappuccino. Ora si che mi sento meglio...L'ho già detto che amo il cappuccino?

La porta si spalanca di colpo, facendomi sbarrare gli occhi, con ancora il bicchiere sulle labbra. Simone entra elogiando un sorriso e poi scoppia a ridere. Lo fulmino con lo sguardo e poso il bicchiere sulla scrivania.

«Aia ahi qui qualcuno si è svegliato con luna storta» esclama prendendo posto davanti a me.

«E come se non bastasse ho incontrato anche chi non avrei voluto incontrare» affermo.

«Ah» risponde alzando un sopracciglio «Thomas, l'ho incontrato proprio ora. Prima di entrare da te».

«Beh mi dispiace per te allora» esclamo, alzando entrambe le sopracciglia.

MR.BROWNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora