43. Perchè non me l'hai mai detto?

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JUNGKOOK

Tre giorni. Erano passati tre giorni.

Non ero riuscito a fare poi molto. Semplicemente, ero rimasto a casa, cercando di non affogare nelle mie stesse lacrime o, in alternativa, di non inzuppare completamente il mio cuscino, nell'attesa di un segnale su cosa avrei dovuto realmente fare che, in tutta sincerità, non sapevo nemmeno come sarebbe dovuto arrivare.

E, in tutto questo, nulla riusciva a smuovermi.
Nulla riusciva a non farmi provare quel vuoto nel petto che non accennava ad andarsene.

La motivazione dietro questa mia sensazione era molto semplice: quel vuoto che mi stava attanagliando lo stomaco ed il cuore era il vuoto che c'era al mio fianco a causa dell'assenza di Jimin.
La sentivo talmente forte e talmente presente, per quanto la cosa sembri surreale e quasi antitetica, che non riuscivo a pensare ad altro. Non riuscivo a focalizzare i miei pensieri su una qualsiasi altra cosa nemmeno per cinque secondi.

Ed in quel momento, disteso a pancia in su sul mio letto a guardare il soffitto, forse la sentivo ancora di più la sua mancanza...

Fu solo grazie al suono del campanello che riuscii a togliermi il suo viso, e soprattutto il suo sorriso, dalla testa, dirigendomi alla porta completamente senza nessuna aspettativa.
Insomma, sapevo già che non poteva essere Jimin. Era passato troppo poco tempo. E lui aveva così tanto su cui pensare.
Chiaramente, non mi sbagliai.

"Ehy, che fai qui?" chiesi in tono allo stesso tempo confuso e sorpreso a Tae davanti a me, aggrottando le sopracciglia.
"Yoongi ha deciso di farmi una sorpresa, che poi tanto sorpresa non sarà, e che, per farla, aveva bisogno di sparire qualche giorno, e tu non ti facevi vivo da un po', quindi ho pensato di passare a vedere come stessi.
E direi che ho fatto bene, visto che sembri un morto che cammina" mi rispose lui con aria leggermente preoccupata, squadrandomi per qualche altro secondo prima di decidere di entrare spontaneamente nel mio appartamento per, poi, farmi cenno di sedermi di fianco a lui sul divano consunto, che, a pensarci bene, lui conosceva benissimo, in soggiorno.

"Non sono in ottima forma, in effetti" gli rivelai non appena compii il gesto da lui desiderato, abbassando lo sguardo verso le mie mani intrecciate sopra alle ginocchia.
"Jimin?" mi domandò Tae in tono consapevole, quasi fosse più un'affermazione che una reale richiesta.

Annuii ripetutamente, per un paio di volte, attendendo la sua replica e chiedendomi mentalmente se, nel caso Tae avesse voluto saperlo, fosse la cosa giusta raccontargli tutto, partendo dalla storia di Jun e Minho che avevo sognato per anni arrivando a quello che aveva tentato di fare Jimin pochi giorni prima.

"Se vuoi parlarne, sai che sono qui" aggiunse lui dopo qualche secondo di silenzio, mettendomi una mano sulla spalla con aria rassicurante.
E...così mi feci forza, sapendo che non potevo tacere quella storia ancora. Soprattutto a lui, che, nonostante tutto, consideravo comunque il mio migliore amico.

In realtà, penso che io l'avessi e l'avrei sempre considerato tale.

Iniziai parlandogli solamente della storia d'amore che avevo vissuto indirettamente, vedendo quanto Jun e Minho si sono innamorati sempre di più l'uno dell'altro con il passare dei giorni e l'aumentare delle confessioni, aggiungendo, successivamente, che Jimin ed io avevamo scoperto di sognarli entrambi e che, quindi, la cosa aveva a che fare qualcosa con noi.
Poi, sarei voluto passare alla parte brutta della questione, ma, fortunatamente o sfortunatamente a seconda di come la volete vedere, la domanda di Tae, mormorata nell'unico momento di silenzio che avevo frapposto tra di noi due, mi impedii di continuare.

"Perché non me l'hai mai detto? Che sognavi la storia di questi due ragazzi, dico".
"Perchè credevo fosse una sciocchezza. Perchè credevo di vederli solo io" gli rivelai sinceramente, stringendomi tra le spalle per non fargli notare la vergogna che stavo provando al pensiero del mio silenzio sulla questione per tutti quegli anni.

"Sorvoliamo per un secondo. E...poi che è successo?" replicò Tae vagamente scocciato dal mio comportamento, ed aveva tutte le ragioni del mondo per esserlo quindi non lo biasimavo affatto, usando, poi, un tono molto più calmo nella domanda successiva.
E, forse, fu solo grazie a quella calma che riuscii a spiegargli tutto quanto, non permettendomi di fermarmi nel mezzo o di colpevolizzarmi ancora per quello che era successo.

"Fammi capire: Jimin ha pensato di uccidersi e tu l'hai lasciato solo a pensare? Ma sei scemo?" infierì, però, Tae, facendomi sentire un magone sul petto al posto del vuoto, che non riuscivo a far andare via, di meno di mezz'ora prima.
"Non farà niente. L'ha promesso" risposi meccanicamente, cercando di mantenere sotto controllo il mio respiro che si stava facendo improvvisamente veloce e di non lasciarmi prendere dal panico.

"E tu ti fidi veramente?" mi sentii chiedere da Tae, sebbene quella domanda giunse un po' ovattata al mio corpo in completa balia di pensieri talmente brutti che non avevo lasciato attraversassero la mia mente negli ultimi tre giorni.
"Sì. Mi fido ciecamente di Jimin" trovai la forza di rispondergli, con tutta la sincerità che sentivo di avere in corpo, dopo qualche secondo, rendendomi conto che io ero veramente sicuro che Jimin non si sarebbe fatto del male.
E che, quindi, di conseguenza non dovevo essere preoccupato.

"E questo è il problema, in linea di massima. Su, alzati che andiamo a casa sua a vedere come sta. Sperando che stia in qualche modo, ovviamente" replicò con aria sbrigativa dopo aver notato la convinzione nei miei occhi, cercando di prendermi per un braccio e costringermi ad alzarmi.
"Questa battutina, fatta solo per farmi capire che non sei d'accordo con il fatto che gli sto lasciando spazio, te la potevi anche evitare.
Detto questo, se vuoi vai da solo. Non ho intenzione di piombare lì a casa sua quando gli ho detto che gli avrei lasciato tutto il tempo di cui ha bisogno" ribattei in tono sicuro e leggermente alterato, strattonando il braccio in modo che mollasse la presa su di esso.

Tae, a quel punto, accontentò il mio desiderio e lasciò il mio braccio, rimanendo, poi, semplicemente a guardarmi per qualche secondo, quasi che stesse cercando di "trovare" qualcosa.

"Lo ami da morire" mormorò con aria consapevole dopo questo arco di tempo, lasciando aprire le sue labbra in un sorriso nuovamente rassicurante e facendomi capire con lo sguardo che aveva compreso il motivo dietro a tutti i miei gesti e che mi aveva spinto a rimanermene lì seduto.

Tra noi due, effettivamente, si era sempre trattato di un "capirsi al volo"...

"Lo so. Ma...la vera domanda è: anche lui oppure no?" gli chiesi con il tono più dubbioso della mia vita, nel tentativo di esprimere le mie reali incertezze ad alta voce per la prima volta.
"Ce lo dirà il tempo, a questo punto".
"Non voglio perderlo, Tae..." mormorai, allora, solamente, riabbassando lo sguardo verso le mani che, questa volta, mi stavo torturando nel tentativo di smorzare la tensione che percepivo in qualsiasi muscolo del mio corpo.
"Questo, invece, lo so io" rispose lui seriamente dispiaciuto, risedendosi, poi, al mio fianco lasciando passare qualche secondo di silenzio.

"Vieni qua" aggiunse dopo questo arco di tempo, notandomi completamente avvolto dall'ansia e dalle preoccupazioni che stavano attraversando la mia mente in quel momento, lasciando, a quel punto, che le sue braccia mi avvolgessero, facendomi rendere conto che, almeno, erano un ottimo luogo di conforto.

SPAZIO AUTRICE:
Scusate se l'aggiornamento è saltato lunedì, ma tra la questione di Hyunjin (che è il mio ultimate) e le mie ansie non stavo affatto bene.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto (nonostante a me non lo sia) e grazie per le 9mila letture🥺❤️.

•We will meet again {Jikook}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora