42. Non è reale quello che c'è tra di noi

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JUNGKOOK

"Ha deciso di andarsene così, come se nulla fosse. Tu hai deciso di andartene come se nulla fosse" furono le uniche parole che uscirono dalla bocca di Jimin dopo la mia domanda, confermando tutti i miei timori su come credevo avrebbe visto la situazione e costringendomi, così, ad avvinarmi rapidamente a lui per prendergli dalle mani l'oggetto che avrebbe potuto far finire qualsiasi cosa, dal nostro rapporto alla sua vita.

Peccato che, lui, si allontanò nuovamente da me facendo qualche passo indietro, fermandosi solo quando toccò con la mano con la quale non stava impugnando la pistola il muro alle sue spalle.

"Jimin, per favore, metti giù quella pistola" lo pregai nuovamente, allora, restando fermo visto che avevo capito che in questo modo lui sarebbe stato più calmo ed avrei potuto convincerlo più facilmente.
"Tu mi hai abbandonato quando, invece, mi avevi promesso il mondo. Ed ora io voglio che tu soffra come ho sofferto io. Perchè dovrei seguire le tue parole?" mi rispose lui in tono disperato, facendomi sentire quanto la sua voce fosse instabile, puntandosi, poi, la pistola alle tempie e guardandomi con aria di sfida, quasi che stessimo giocando ai videogiochi invece di essere in quella situazione.

"Perchè tu non sei Minho. Ed io non sono Jun. Noi siamo Jimin e Jungkook. Quindi io non ti ho fatto proprio niente. Ti supplico, posala" tentai di spiegargli con sangue freddo, nonostante sentissi il battito del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie, tentando di avvicinarmi nuovamente a lui, poi, con estrema cautela.

"Ma allora, se non siamo realmente loro, perchè mi fa male e mi sento tradito come se, invece, Minho fossi proprio io?" praticamente urlò lui, scoppiando, subito dopo aver pronunciato queste parole, in un pianto disperato gettando la pistola a terra, facendola finire poco lontano dai miei piedi.

Io decisi di lasciar perdere quell'oggetto e mi accucciai al suo fianco, prendendolo tra le braccia ed iniziando ad accarezzargli i capelli, provando a farlo rilassare, lasciando che lui si aggrappasse con tutta la forza che aveva al mio maglioncino senza battere ciglio.

"Perchè tu, non appena hai sognato quello che abbiamo sognato entrambi stasera, l'hai interpretata in questo modo. Ma, ti giuro, che noi non siamo loro. Nonostante tutte le cose simili a loro ci siano successe. Devi credermi. Ti scongiuro".
"Potremmo anche non essere loro, ma, comunque, siamo solo il riflesso del loro amore. Siamo il modo in cui la loro storia può finire in modo diverso. Non è reale quello che c'è tra di noi" continuò nello stesso tono delle parole precedenti, praticamente creando un vuoto all'interno del mio cuore.

"Come puoi dirmi che non sia reale tutto quello che provo quando sono vicino a te? Come puoi dirmi che non sia reale il fatto che, non appena sorridi, il mio cuore si scalda sempre un po' di più? Come puoi dirmi che non sia reale il fatto che, da quando ti ho conosciuto, tutto ha preso un colore diverso?
Jimin, io sono sicuro di amarti. Per davvero.
Sei...tutto quello che mi rende felice..." gli chiesi sinceramente, sapendo benissimo, per conto mio, che io ero convintissimo di quello che sapevo di provare.

Non potevo dire lo stesso di lui, però...

Jimin si passò una mano tra i capelli, cercando di fermare i singhiozzi che gli stavano ancora attraversando il corpo, rialzando, dopo qualche minuto di silenzio, lo sguardo verso di me.

"Credo di aver bisogno di capire se sono veramente innamorato di te oppure se tutto questo è dettato dal fatto che ci sono successe talmente tante cose simili alle loro che ti ho come..."idealizzato". Credendo, anche inconsciamente magari, che tu fossi il Jun del mio Minho.
Non so se mi sono spiegato bene..." mormorò dopo questo arco di tempo, mordendosi il labbro inferiore, suo segno di nervosismo, in attesa della mia risposta.
"Ti sei spiegato benissimo. Sei...confuso. E lo capisco. Quindi ti lascerò tutto il tempo di cui tu abbia bisogno" mi affrettai a rassicurarlo, sapendo benissimo che quello fosse il massimo che potevo ottenere da lui in quel momento.

Il ragazzo di fronte a me annuì per un paio di volte, prendendo, poi, a torturarsi un'unghia della mano destra nel tentativo di fermare la moltitudine di pensieri che vorticavano nella sua testa in quel momento.

"Dovresti andare, Jungkook" mi disse, senza usare un tono imperativo o altro, qualche istante più tardi, scostandosi con un po' di diffidenza dalle mie braccia e scusandosi per avermi bagnato il maglione con le lacrime.
"Ora vado. Ma, ti prego, promettimi che non farai niente di stupido" gli risposi essendo un po' spaventato da cosa sarebbe potuto succedere non appena sarebbe stato di nuovo da solo, cercando nei suoi occhi la conferma che sarebbe andato tutto bene.

"Prendila tu la pistola se ti fa stare più tranquillo".
"Ci sono tanti altri modi in cui potresti farlo. Quello di Jun è solo un esempio".
"Jungkook, te lo giuro. Non ho intenzione di farmi del male in nessun modo. Devo ragionare su quello che mi hai detto" tentò di convincermi, poi, in tono serio e sicuro, facendomi, irrimediabilmente, essere un po' più tranquillo.

Ma, ormai, penso l'abbiate capito che erano fin da sempre bastate solo le sue parole per rassicurarmi...

"Mi fiderò di te. Per favore, non farmi pentire di questa scelta".
"Lo apprezzo. La pistola prendila, però. Penso che mi sentirei più a mio agio se non la vedessi più, visto che me la sono puntata alla testa".

Annuii con aria decisa, chinandomi, subito dopo, a terra in modo da raccogliere la pistola e, prima di tutto, scaricarla, mettendomela, poi, in una tasca dei jeans già con la consapevolezza che avrei dovuto toglierla da lì assai presto perchè la sensazione della sua durezza contro il tessuto leggero dei miei pantaloni mi stava già facendo salire milioni di brividi lungo la schiena.

"Hai bisogno di qualcosa, prima che me ne vada?" gli chiesi poco prima di mettere la mano sulla maniglia della porta della sua stanza, voltandomi ancora una volta verso di lui.
"Incredibile che tu ti stia preoccupando per me anche adesso, che ti sto praticamente cacciando da casa mia a calci senza nemmeno farti sapere quando potrai rivedermi" tentò di ironizzare lui, non ottenendo, però, il risultato sperato.
"Mi preoccuperò sempre per te, nonostante tutto" mi giustificai con sincerità, stringendomi, poi, tra le spalle.

Jimin rimase semplicemente in silenzio, dopo aver sbarrato leggermente gli occhi per la sorpresa, dopo le mie parole, facendomi capire che era il momento che uscissi dalla porta della sua stanza e, successivamente, da casa sua.

"Ciao" gli dissi solamente, sperando con tutto me stesso, non appena lui rispose al saluto con un piccolo cenno della mano ed un sorriso di circostanza, che quello non fosse un addio...

SPAZIO AUTRICE:

Scusate per il ritardo.
Scusate per questo capitolo scritto malissimo.
Scusatemi perché questa storia non vale nemmeno un'unghia del drama a cui mi sono ispirata.
Scusatemi perché, nonostante io ci stia provando con tutta me stessa, non riesco a far uscire dalla mia testa qualcosa di decente ultimamente.

•We will meet again {Jikook}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora