13. Ma...hai detto che è lui

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JIMIN

Amici, amici, amici.

Quella parola continuava a risuonarmi nella testa dall'esatto momento in cui avevo messo piede fuori dalla porta del centro, non smettendo di tormentarmi nemmeno per un secondo.
Perchè, diciamocelo, come potevo essere un suo fottuto amico se ogni volta che incontravo il suo sguardo non riuscivo a fare altro che pensare di saltargli addosso?

Come potevo instaurare un rapporto con lui quando sapevo che c'era già un'altra persona nella sua vita che ricopriva il ruolo che avrei voluto avere io?
Ma, d'altra parte, che razza di egoista manipolatore sarei sembrato se, dopo tutto quello che ci eravamo detti, gli avessi risposto: "No, non voglio essere tuo amico"?

E, forse, questa fu la scusa che usai nella mia testa per giustificare il fatto che avevo appena messo un piede nella fossa da solo, acconsentendo ad un rapporto amichevole con Jungkook.
La verità, invece, era che, nonostante sapessi che avrei dovuto stargli lontano perchè non potevo permettermi di rovinare tutto quello che aveva costruito con qualcun altro, volevo averlo attorno.

Spesso. Anzi, sempre.

In tutto questo, avevo scritto un messaggio a Hobi dove gli spiegai a grandi linee cosa fosse successo, informandolo anche del fatto che, probabilmente, dal giorno seguente avremmo avuto anche Jungkook a qualche prova del gruppo di ballo e, così, avremmo potuto presentare la lista con i dieci membri ufficiali, di cui avevamo bisogno per tenere in piedi il club, al preside dopo due settimane di tentennamenti (e di ritardo).

La risposta che mi giunse da parte sua fu esattamente quella che mi aspettavo, ovvero una chiamata immediata ed urgente non appena visualizzò il messaggio.

"Dimmi tutto" gli dissi con aria serena, mettendomi più comodo sul letto ed allontanando il telefono dall'orecchio già sapendo che Hobi avrebbe iniziato a gridare come un pazzo.
Non perchè fosse arrabbiato, ovviamente, ma, semplicemente, perchè sapevo che sentirlo urlare al telefono fosse una cosa abituale.
Invece...le mie aspettative si rivelarono sbagliate.

"Come farai ora?" mi chiese solamente, tentando di mantenere un tono di voce calmo e controllato.
"Cercherò di soffocare i miei sentimenti il più possibile, sperando che, nel mezzo, se ne vadano da soli" gli spiegai cercando di far apparire il mio tono più leggero possibile nonostante il mio corpo fosse stato percosso da dei leggeri brividi al solo pronunciare quelle parole.

"Ma...hai detto che è lui" ribattette Hobi quasi con malinconia, facendomi fare un sospiro quasi impercettibile.
"Magari ho sbagliato" supposi in tono incoraggiante, non sapendo nemmeno perchè stessi facendo io quello che stava rassicurando l'altro quando la questione avrebbe dovuto funzionare al contrario.
"Preferisco non rispondere a questa tua congettura, se non ti dispiace".

E, sinceramente, forse era molto meglio così...perchè inventarmi delle spiegazioni sul perchè avessi fatto uscire quelle parole dalla mia bocca quando non le pensavo affatto non sarebbe stato facile...

"Comunque...perchè non stai urlando come al tuo solito?" gli chiesi in tono divertito, appositamente per cambiare sia aria che discorso.
"Perchè sono in treno. La gente mi guarderebbe male. Cioè, ancora più male di come mi guardano adesso per le scarpe giallo fluorescente che ho indosso" mi rispose lui in un tono scocciato che me lo fece immaginare con gli occhi rivolti al cielo e le braccia incrociate al petto.

"Dove sei andato?" gli domandai con curiosità, girando la testa verso l'orologio sul mio comodino e notando che fosse già parecchio tardi.
"In un posto...a trovare un amico" disse Hobi con insicurezza, facendomi aggrottare le sopracciglia.
"Un amico?".
"Sì...".

"Non fregarmi, Hobi. Hai un ragazzo e non me lo vuoi dire, vero?" chiesi in tono convinto e consapevole dopo quel mormorio incerto.
"No, no. Lui, ora, è solo un amico. Ma...la questione è complicata" mi rispose sempre con la stessa aria spaurita, facendomi preoccupare praticamente all'istante.

"Sai che sono bravo a risolvere le tue questioni complicate" gli dissi cercando di mostrarmi il più rassicurante e consolatorio possibile.
"Non questa, Jimin. Fidati. Non la prenderesti bene" mi avvisò in tono convinto, causandomi un improvviso vuoto a livello del petto e dello stomaco.

"Devo avere paura?".
"Finchè non ne sai niente, cosa migliore visto come sei fatto, no".
"O-okay. Ehm...io devo andare. Ci vediamo domani" mormorai con aria sbrigativa, chiudendo la chiamata e decidendo di cercare di dimenticarmi delle parole di Hobi mettendomi sotto le coperte per dormire.

Ma, purtroppo, quella notte il mio sonno non fu limpido e sereno.

"Davvero non sai chi sono?" chiese Jun all'improvviso, alzando lo sguardo ed incontrando gli occhi sbarrati di Minho, preso alla sprovvista da quella domanda.
"Ora...sì. Ma, quando me l'hai chiesto il primo giorno che ci siamo visti, no" gli rispose quest'ultimo semplicemente, stringendosi leggermente tra le spalle.

"Strano, credevo che tutti avrebbero saputo che fossi il figlio del "macchinatore illegale che vince le cause grazie ad appigli monetari". Mi hai stupito".
"Non si giudica una persona dai propri genitori, Jun. Io non sono mai riuscito a farlo" gli spiegò Minho estremamente sicuro di quello che stesse dicendo, ritornando, poi, con lo sguardo al libro posto sul tavolo sotto ai suoi occhi.

"Mi spieghi come fai? Io...devo subito giudicare tutti a primo acchito, il più delle volte anche sbagliando completamente" gli chiese Jun un po' frustrato, chiudendo il libro davanti a lui e rimanendo lì fermo nell'attesa che il ragazzo di fronte a lui facesse lo stesso.
"Jun, sono il tuo tutor di Inglese. Dovremmo studiare in quest'ora, non parlare" lo avvisò Minho un po' contrariato, non riuscendo, però, a non fare quello che gli aveva chiesto il più alto dopo qualche istante.

Ma, ormai, entrambi sapevano che Jun aveva parecchia influenza su Minho...

"Non c'è un modo. Siamo tutti fatti diversamente, ed è una cosa normale che tu giudichi le persone. Solo che, magari, dovresti farlo un po' più attentamente, visto che con me ci hai cannato in piena" gli disse in tono divertito, lasciando aprire le sue labbra in un sorrisetto.
"In mia discolpa, da come ti sei presentato il primo giorno, tutto composto ed impostato, e dal fatto che mi avevi detto che non sapevi chi fossi con quell'aria, che mi ha fatto sembrare che mi stessi solo prendendo in giro e, non lo nego, mi ha anche spaventato, credevo che fossi  uno odioso.
Per questo, poi, ho tentato di evitarti nonostante tutti i tuoi tentativi di "approccio amichevole".
E dovevi vedere le facce dei tuoi amici ogni volta che venivi da me a tentare di instaurare una conversazione.
Quasi che stessi andando a parlare con Lucifero in persona" gli rispose Jun, scuotendo leggermente la testa mentre contraccambiava il sorrisetto di Minho.

"Fortunatamente, poi, è venuto fuori che in Inglese fai piuttosto schifo, mi hanno affibbiato il ruolo di tuo tutor e hai capito che non sono così male" concluse Minho con aria soddisfatta, rimanendo a guardare Jun con il mento posato su una mano.
"Tu non sei solo "niente male". Tu sei molto meglio di tutti gli altri qui" mormorò improvvisamente Jun in tono imbarazzato prima di alzarsi dalla sedia e di scappare da quello spiazzo molto riservato il più rapidamente possibile, perdendosi, purtroppo, il leggero arrossarsi delle guance di Minho ed il suo sorriso enorme.

Dopo aver visto quell'ultima scena mi sollevai di scatto e con il respiro corto, sensazione a cui, ormai, avevo fatto abitudine visto che mi capitava ogni volta che sognavo Jun e Minho.
Ma, almeno, tramite quei sogni potevo vivere indirettamente la storia d'amore più bella di cui avessi mai sentito parlare.

Perchè, sì, gli avvenimenti capitati a Jun e Minho mi hanno emozionato svariate volte, anche se i sogni non mi si sono mai presentati in ordine cronologico e, quindi, fu molto difficile capire dove andavano inseriti tutti i loro vari episodi.

E...mi sa che questa è una cosa con cui dovrete avere a che fare anche voi...

•We will meet again {Jikook}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora