Capitolo 22

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I cinque giorni passarono abbastanza in fretta.

Ogni giorno parlavo ore e ore con Gil-Galad, preparando il discorso che avrei dovuto tenere al Consiglio di Gran Burrone. Come mi aveva spiegato, quello era un primo passo molto importante in vista dello scontro con Sauron. Se fossi riuscita a convincere i Re degl’Elfi, avrei avuto qualche possibilità in più con gli Uomini.

Ancora non sapevamo quanti sovrani avessero risposto alla chiamata di Elrond, ma Gil-Galad ed io eravamo abbastanza fiduciosi. Sicuramente ci sarebbe stata Galadriel, la Dama di Lórien, nonché madre della sposa di Elrond, Celebrìan. Sapere che sarebbe venuta mi metteva in qualche modo a mio agio: lei era l’unica oltre a me ad essere stata a Valinor e a sapere quanto realmente era importante questa guerra. Avrebbe dato un forte contributo.

Purtroppo avevo anche molte preoccupazioni. Una di quelle era rappresentata dal Re di Boscoverde il Grande, Oropher. Gli Elfi Silvani infatti non erano molto abili a forgiare armi e armature resistenti, per cui avrebbero corso un grosso rischio ad entrare in guerra aperta.

Gil-Galad mi aveva rassicurata più volte su di lui, dicendo che aveva una soluzione, ma senza dirmi quale. Stava architettando qualcosa.

Purtroppo non avevo potuto saperne di più poiché passavo molto tempo chiusa nella mia stanza. Non potevo rischiare che qualche spia, venendo a conoscenza del mio ritorno, andasse ad avvertire Sauron. Perfino nel messaggio che Gil-Galad aveva mandato a Elrond non era stato menzionato niente a proposito del mio ritorno.

Nella stanza c’erano alcuni libri, ma non li sfiorai neppure. Preferivo distendermi sul letto e, fissando il soffitto, ripensare a Valinor. Mi mancava sempre di più, soprattutto non rivedere Manwë, Varda, Tulkas e più di tutti Yavanna. Ogni notte, prima di addormentarmi, prendevo tra le dita il ciondolo donatomi dai Valar e immediatamente sentivo le loro voci nella mia testa. Mi davano la forza di andare avanti. Solo con loro potevo esprimermi liberamente, senza correre il rischio di essere fraintesa. Certo, Gil-Galad era comprensivo, ma i Valar erano la mia seconda famiglia, la mia seconda casa. Con loro il mio cuore si apriva completamente.

Soltanto di una cosa non parlai loro.

Calen.

Non volevo che pensassero che ero distratta da lui.

E invece non facevo altro che pensare a lui. Ogni giorno speravo che venisse a trovarmi, per parlare e chiarirci. Avevo passato ore a fissare la porta, in attesa che si aprisse e lo vedessi comparire davanti ai miei occhi.

Non era mai venuto.

Sentivo che dentro di me si era spezzato qualcosa. Pensavo che la mia amicizia fosse importante per lui, ma mi sbagliavo. Per lui ormai ero solo la Custode venuta a dichiarare un’assurda guerra contro Sauron, nient’altro.

Ripetevo a me stessa che era giusto così, non dovevo avere distrazioni.

Ma una remota parte di me continuava a dirmi il contrario e spesso prendeva il pieno controllo della mia mente.

L’ultima notte a Mithlond la passai a girarmi nel letto, cercando di prendere sonno e non pensare a lui.

Alla fine mi misi seduta e mi presi la testa tra le mani. Avevo il respiro affannato e avevo scalciato le coperte ai piedi del letto.

-Cosa mi hai fatto, Calen?

CALEN’S POV

Nella mia testa c’era una terribile confusione e la causa era … lei.

Belthil.

 Perché non mi aveva detto fin da subito chi era veramente?

Forse mi aveva reputato una persona poco affidabile, dopo tutto ci eravamo conosciuti da poco.

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