Capitolo 17

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Mi svegliai di colpo. Ero sudata e le coperte erano tutte aggrovigliate ai piedi del letto.  Mi presi la testa tra le mani e cercai di darmi una calmata.

-Era solo un sogno … uno strano sogno su Sauron. Niente di più…

Dovevo riposare visto che il giorno seguente avrei dovuto allenarmi ancora con Tulkas, ma il mio corpo  non ne voleva proprio sapere di dormire.

E così mi ritrovai sul terrazzo con il naso all’insù a guardare le stelle. Quella sera non vi era nemmeno una nuvola e le stelle illuminavano la notte con il loro tenue bagliore argenteo. L’acqua delle cascate scorreva lentamente, come se non volessero disturbare il sonno degli abitanti. Nella città regnava la calma e le strade erano illuminate da lanterne dorate fissate ai muri delle abitazioni. Vedendo quello spettacolo i miei nervi si rilassarono e,cullata da una leggera brezza, finalmente potei riposare su una panca decorata con alcuni cuscini. Prima di cadere nel sonno decisi che non avrei raccontato a nessuno il mio sogno. In fondo cosa c’era di pericoloso  nel sognare Mairon forgiare un anello?

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Il giorno dopo (ed i seguenti) continuai ad andare all’arena, dove Tulkas mi insegnava tutto quello che sapeva sulle arti militari. All’inizio era sempre il solo scorbutico, ma pian piano il suo vero carattere venne fuori. Continuava a ridere per ogni errore che facevo e col tempo ci feci l’abitudine, anche se inizialmente non lo sopportavo. Potrei anche azzardare a dire che divenimmo una sorta di amici. Con lui le giornate passavano velocemente, proprio come succede quando sei in compagnia di amici, solo che noi ci allenavamo. Mi insegnò ogni sorta di combattimento: dal tiro con l’arco alla spada, passando anche ai pugnali, sempre utilizzando la Fiamma. A volte Tulkas mi sfidava al combattimento corpo a corpo. Inutile dire che mi batteva ogni volta tra le risate.

Con lui passai circa cinque secoli. Ma quello non fu l’unico allenamento che feci: Manwë stesso si propose di farmi da precettore. Da lui imparai ogni sfaccettatura delle varie culture della Terra di Mezzo, come parlare perfettamente l’Elfico ed il Khuzdul, riconoscere a prima vista un Elfo Silvano da un Sindar, oppure un Nano di Moria da uno dei Colli Ferrosi, e soprattutto i punti deboli  delle varie specie di Orchi e Goblin … Diciamo che con lui l’allenamento era per lo più mentale. Per poter seguire più facilmente le sue “lezioni”, dovetti andare a vivere a Ilmarin, la vera dimora di Manwë e Varda, situata in cima al monte Taniquetil, il più alto del mondo.

 Alla mia partenza ci fu una gran festa alla quale parteciparono tutti gli abitanti di Valmar. Durante la festa Yavanna mi donò il suo bracciale, in segno della nostra amicizia. Tulkas mi donò l’arco con cui mi ero allenata così duramente ed inoltre mi presentò sua moglie Nessa, denominata “la Danzatrice” e Signora della Femminilità. La sua bellezza era travolgente. I capelli scuri le arrivavano ai fianchi ed erano leggermente mossi, mentre gli occhi erano color dell’oro. Il suo sguardo mi ricordava quello di un cervo. Come corporatura era simile a Yavanna ed indossava un leggero abito bianco e dorato che svolazzava ad ogni suo movimento. In testa portava una piccola tiara fatta di perle che nella forma ricordava le corna di un cervo. Con lei strinsi subito amicizia e alla fine della serata mi dedicò una piccola danza. Non mi scorderò mai quell’incredibile serata. Il giorno seguente partii portando con me solamente il bracciale di Yavanna e l’arco di Tulkas. Il resto lo avrei trovato nella mia nuova dimora: Ilmarin.

 Rispetto a Valmar si trovava più vicino alla costa orientale di Valinor, perciò quando non c’erano le nuvole dal palazzo potevo vedere il mare. Il palazzo interamente costruito in marmo bianco si confondeva con le nuvole e si sviluppava in altezza con alte torri. La mia nuova stanza si trovava in una di esse ed era molto simile a quella di Valmar, fatta eccezione per il soffitto decorato con affreschi raffiguranti le costellazioni e per il colore predominante: il bianco. In un certo senso era come stare di nuovo nel limbo: quel posto trasmetteva spiritualità da tutti i pori.

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