Capitolo 26

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Mentre mi dirigevo verso l’armeria per parlare con Calen, dopo averlo cercato per tutto il palazzo, ripensai al pomeriggio passato con Thranduil.

L’ultima sua domanda mi aveva fatto riflettere.

Secondo le tradizioni di Dormor, esisteva un unico vero amore. Stava a noi capire chi era. Quando lo si trovava, si diceva che tra i due Elfi si creava un legame così potente che anche le anime erano legate attraverso di esso. Si poteva anche morire per il dolore della perdita dell’anima gemella.

Se lo avessi trovato,  sarebbe stato  “Mela en’coiamin”.

L’Amore della mia Vita.

Il mio Melamin.

Non ero riuscita a rispondere a Thranduil. La mia mente era andata nella più totale confusione.

Avevo pensato subito a Calen.

Mi ero ripetuta che non era possibile. Lo conoscevo da pochissimo tempo anche solo per pensare che fosse lui il mio Melamin.

Allora perché avevo pensato proprio a lui?Perché a nessun altro che avevo incontrato nella mia vita?

“Perché nessuno di loro è Calen.” sussurrò la mia vocina interiore.

La zittii all’istante.

Alla fine Thranduil mi aveva detto che non ero obbligata a rispondere e che era ora di tornare a palazzo.

Il viaggio di ritorno era stato piuttosto silenzioso, ma avevamo deciso comunque di rivederci il giorno seguente.

Non potevo nascondere a me stessa che Thranduil era molto affascinante e gentile, però …

“Lui non è Calen”

No, la dovevo smettere di pensare a Calen.

Svoltai a sinistra e mi ritrovai di fronte al portone dell’armeria. Dall’interno provenivano rumori metallici e da una fessura della porta usciva del vapore caldo. Stavano forgiando nuove armi.

Decisi di non entrare e passare dal retro, che confinava col bosco.

Scesi alcuni gradini di granito e sull’ultimo vidi una camicia bianca con le maniche a sbuffo, ormai completamente stropicciata. La raccolsi da terra e la ripiegai. Riconobbi all’istante il profumo di erba appena tagliata del quale la camicia ne era impregnata. Era di Calen, lui era lì vicino.

Lo trovai ad alcuni metri di distanza, in uno spiazzo erboso proprio sul limitare del bosco, ad allenarsi con la spada.

Era a petto nudo, mostrando così il suo fisico scultoreo e assolutamente perfetto. I muscoli delle braccia erano tesi e gli addominali appena accennati. Tra i suoi capelli scompigliati intravidi una piccola foglia, proprio come lo incontrai la prima volta. A quel ricordo sorrisi.

“Strano” pensai “da questa parte del bosco ci sono solo pini” .

-Lo so che sei qui.

Per una frazione di secondo smisi di respirare.

-Potrei riconoscere il tuo profumo anche a leghe di distanza.

-Il … il mio profumo?

-Sì, è lo stesso delle rose fresche che porto a mia madre.

Si girò verso di me. Alcune gocce di sudore gli ricadevano sulla fronte e le guance erano arrossate per lo sforzo fisico. Il suo petto si alzava e si abbassava velocemente.

Distolsi lo sguardo dal suo fisico e mi concentrai sul vero motivo per cui ero andata da lui.

-Dobbiamo parlare.- gli dissi.

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