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Ma che mi giustifico a fare? Sono una grandissima falsa, se non altro, per non aver più aggiornato, ma amici, vi giuro che la mia vita è fuori controllo per l'ennesima volta.
Spero stiate bene, vegeti, felici e che stiate ascoltando il nuovo album di Justin Bieber (No Ads here) perché spacca❤️



Qualcosa per pranzo era tutta la Lily's caffè disposta  lungo il bancone, qualche dubbio invece se il biondino seduto dall'altro capo chino sul telefono fosse incluso. Eppure era lì.

Rigirai su me stessa pronta a tornare giù e definitivamente digiunare fino alla sera, ma venni afferrata dietro dalla camicia cui bottoni volarono letteralmente scoprendo il petto e quasi non mi strozzò con l'unico bottone rimasto sotto il collo.
Continuai a dargli la schiena e strinsi i capi del tessuto al petto incredula.
«Pard-Riley, devi perdonarmi, non volevo romperlo!» fermai qualunque tremolio nel basso ventre a causa di quel dannato accento e camminai a passi felpati correndo in bagno.
Lavoravano tutti, quindi mi sfilai la camicia così come entrai, ma giusto dopo di me entrò anche Max
«Ora mi dirai anche che in Francia avete i bagni comuni?» lo attaccai con le mani sui seni. Faticava a trovare altro di interessante da guardare oltre il mio petto scoperto.
«Ti serve un ricambio?»
«No, mi serve che tu te ne vada.»
«Mi dispiace. Potrei andare a comprarti qualcosa» era confusamente terrorizzato.
«Sai cosa? Lascia stare, non mi serve il tuo aiuto e tantomeno l'ennesimo mi dispiace del cazzo da un altro Collins. Puoi uscire, per favore?» Ribollii di rabbia a causa dell'incessante dose di tenerezza che risentivo davanti a due occhioni blu spaesati.
Mi afferrò la mano girandola sul palmo, posò la sua su di essa e ne rilasciò i bottoni persi.
«Ti aspetto fuori»

No, cazzo, non doveva aspettarmi fuori!

Gettai via i bottoni e cercai di trasformare la camicia in un crop top, ma rilasciava una scollatura da passerella e non avendo altra scelta, mi dovetti accontentare del cappotto ancora impregnato oppure tornare direttamente a casa.
Scelsi la prima opzione.
La pausa non la feci, evitai la cucina e presi soltanto qualche foglio sulla mia scrivania prima di tornare a rinchiudermi nella sala riunioni con la pelle d'oca per l'umidità che emanava il cappotto.
Non solo erano dei elementi di disturbo, ma apparivano come maledizioni accollate al culo.

Poco dopo il mio rientro, un francesino si affacciò alla porta ancora rosso in viso, poi venne spinto dentro da Paul con un'altra pila di documenti, e poi Betty. Ci guardammo attentamente tutti e quattro.

Che coraggio ragazzi!

Teneva una mano attorno alla vita di Paul, il quale pareva piuttosto a disagio e cercò di farmelo capire con un'occhiata scocciata.
«Ho trovato altre transazioni» spiegò porgendomi il picco di fogli.
«Dovrebbe essere per...lei» osai a dire, perché già non combinava nulla in tutto quel ufficio e l'unico compito che le veniva assegnato non riusciva nemmeno a portarlo a termine.
«Ne sono consapevole e mi disp-»
«Perché ti devi scusare? La paghi per questo»
«...e tu pretendi di essere pagata anche quando non fai niente» borbottai cercando di risultare meno severa nel tono, ma fallii miseramente e Paul si affrettò a mettersi nel mezzo per evitare una discussione.
«Grazie. Oggi vorrei che assistessi al corso dei miei figli. Mi serve capire se Christian riesce a gestirli» spiegò passandomi un foglio con gli orari del corso.
«Hai detto oggi...»
«Non si sa mai» spiegò con un occhiolino.
«Andiamo caro? L'appuntamento è a breve e non vorrei fare tardi» disse Betty con la voce da gatta morta.
«Cercherò di metterci poco Riley, è a due passi da qui»
«Cosa intendi?» non ricevetti risposta che venne trascinato fuori ed entrambi si scordarono un pezzo di loro dietro.
«Volevo scusarmi ancora, l'entrata nei bagni non è stata una mossa intelligente»
«Passerai la vita a scusarti oppure ci mettiamo una pietra sopra ed ognuno va per la sua strada?» chiesi da perfetta stronza senza battere ciglio.
«Presumo che sia meglio metterci una pietra sopra...»
«Bene allora, arrivederci.» e rimasi da sola, con uno stomaco che brontolava disperato per la fame.

Non ebbi notizie di nessuno giusto per l'ora e mezza precedente al corso.
La sala riunioni in cui si svolgeva era sullo stesso piano, quindi alle due e mezza esatte ritirai le scartoffie e qualcuno bussò alla porta.
«Salve, Riley, noi stiamo per iniziare» Christian era in tiro quel giorno come se fosse qualcosa di più di un semplice corso per due ragazzini.
«Arrivo subito»
Chiusi il Mac e presi Bloc notes e penna, ma lui lanciò una strana occhiata prima a me e poi al Mac.
«Mi servirà?»
«Deve saperlo lei» rispose sparendo.
«Devo saperlo io...» sussurrai tra me e me e presi tutto seguendolo.

I simpaticissimi fratellini erano educatamente seduti davanti a due computer, la LIM era già accesa su PowerPoint e mi avevano lasciato proprio il posto di mezzo tra loro.
«Sono neutrale, prenderò appunti senza disturbare» chiarii a Christian che annuì schiarendo la voce.
«Allora, come state oggi?»

Quel giorno gli toccavano i contratti e tutte le clausole dell'azienda, cosa che tra l'altro avevo già spiegato a Bryan, infatti per ogni punto che Christian cercava di chiarire, lui alzava la mano per aggiungere qualcosa in più per poi finire con un occhiolino verso di me.
Andò avanti per un paio di volte finché la cosa non iniziò ad irritare Max.
«Non seguo questo corso per sentire te, quindi se non ti dispiace lascia le spiegazioni a Christian»
«Nemmeno io lo seguo per sentire te, eppure eccoci di nuovo a te che dai aria alla bocca per cose inutili come te» ribatté Bryan già pronto per un confronto con le mani.
Si ritrovarono tutti e due in piedi e guardai Christian sospirare. Anche lui aveva capito che genere di persone fossero.
«Ragazzi, per favore sedetevi e continuiamo. Grazie Bryan per le tue precisazioni, ma da adesso prenderò parola io, salvo domande importanti»
Ubbidirono non prima di lanciarsi occhiatacce ed io che ero di mezzo, mi feci piccola piccola sentendo gli occhi addosso.

Il corso non era decisamente male e Christian era fin troppo paziente.
Bryan si tratteneva appena, mentre Max aveva quella solita espressione seria che intimava senza nemmeno il bisogno di un contatto visivo.
Per errore, Christian tirò fuori l'argomento eredità per sapere a chi sarebbe toccato l'organizzazione del personale nella società. Alzarono la mano entrambi.
Già capendo cosa stesse per succedere, mi spostai tra Max e Christian.
«Non ci faccia caso, sarò io, può rivolgersi a me specialmente» disse Bryan riprendendo in mano la penna pronto a scrivere.
«Almeno io ho il giusto sangue» borbottò Max sempre indifferente, ma fece gelare l'altro sul posto che aggrottò le ciglia confuso.
«È questo il problema, quindi?» chiese senza ricevere risposta.
«Ti turba più questo o il fatto che tu sia stato rifiutato e buttato in mezzo ai francesi per i cazzi tuoi, fratello
«Ti avverto, sta attento a come parli con me» non mento quando dico che Max spezzò in due la matita che poggiava stante sul suo libro per eccesso di rabbia.
«Vorrei un po' d'ordine per favore!» anche Christian si alterò.
«Essendo la cocca del nostro caro paparino, perché non spieghi e confermi a questo futile elemento a chi spetterà il posto?» la domanda di Bryan venne rivolta a me e lo fulminai con gli occhi per essere lasciata fuori dai loro battibecchi.
«Già che ci sei, perché non lo avverti che sta per ricevere un pugno se non chiude quella fogna?» aggiunse Max.
Raccolsi le mie cose ancora una volta e con un scusami Christian, lasciai la stanza pronta ad andare ad avvertire Paul di possibili spargimenti di sangue.

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora