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«Come stai?» mi chiese Paul bevendo gli ultimi sorsi del suo caffè.

Avevo la sensazione che non mi stesse chiedendo come stessi nel suo senso letterario, ma si riferisse a Bryan. Chissà che stronzate gli aveva raccontato nel poco tempo in cui erano rimasti soli.

Eravamo seduti in sala riunioni aspettando che arrivassero tutti quegli uomini sexy da morire in giacca e cravatta, i capelli tirati dietro con litri di gel e quei profumi che non ti toglievi più dalla testa, e poi ci sarebbe stato anche Bryan.

Paul mi aveva promesso che saremmo andati a pranzo insieme e mi avrebbe spiegato il motivo per cui i figli avevano deciso di apparire così dal nulla.

«Sto bene, grazie. Com'è andato il viaggio?»
«Abbiamo un nuovo contratto in vista. L'hotel era uno spettacolo, mi devo ricordare di ringraziare Carla per averlo trovato»
Girò fra le dita il telecomando della LIM come se cercasse ispirazione per introdurre qualcosa che volesse dire, Lo guardai sospettosa.

«Va tutto bene? Ti serve qualcosa?» Chiesi mentre mi spostavo alla sua destra per dargli spazio quando avrebbe dovuto alzarsi per spiegare i grafici.

«Ho parlato con m-»
«Eccomi, sc-oh non sono ancora arrivati»
Bryan entrò senza bussare da gran maleducato e non mi persi l'occasione per far capire anche a suo padre che non sarebbe dovuto essere lì.

«Poteva bussare, comunque. Se fosse entrato nel pieno della riunione sa che figuraccia per suo padre?»

«Adesso ci diamo del tu, signorina Riley Elle James??» sorrise pieno di soddisfazione per aver curiosato nel mio computer. Sapeva per certo come darmi sui nervi e per non fare qualcosa di sbagliato davanti a Paul, non risposi e portai la mia attenzione sulla pagina degli appunti.
«Bryan, per favore prendi posto.»

I collaboratori salutarono entrando uno dopo l'altro fino ad occupare tutte le sedie, Bryan si mise il più lontano da me e sospetto ancora che fosse per controllarmi meglio.
«Bene, da dove iniziamo?» chiese il presidente dei collaboratori e calò il silenzio più totale con tutte le attenzioni su Paul.

«Grande presentazione, alla prossima» disse l'ultimo ad uscire lasciando me e Paul da soli, ero ancora seduta quando lui si chinò su di me in un abbraccio, mi baciò sui capelli sussurrando continuamente grazie e non sapendo cosa dire sorrisi soltanto ricambiando la stretta.

Tutto era durato più di due ore con tutti i break per un caffè o per il bagno, quindi fu più di quanto mi aspettassi e gli appunti da sistemare risultarono più del dovuto.
«Troppo lavoro, eh?» Domandò ancora attaccato a me ed annuii stringendomi nelle spalle.
«Ti devo tante ferie, lo so bene, ma devo ammettere che siamo una grande squadra, noi due» ci battemmo il cinque e ci separammo. Lui in ufficio ed io a riordinare tutto.

«Qualche uccellino incazzato mi diceva giusto ieri che ci sono telecamere ovunque. Bello questo particolare rapporto con mio padre. Mia madre lo sa?» come si avvicinò così lo fermai dal fare un altro passo. Ero stanca e vederlo mi rendeva mentalmente instabile.
«Riserva il tuo...tu per un'altra volta, perché ho da fare e non ho tempo per giocare a fare i bambini» spiegai immediatamente e presi la mia roba abbandonandolo, ma non prima di avergli dato una spallata.

Per l'una Paul sbucò dal suo ufficio con faccia mortificata.

«Il pranzo insieme?» tirai ad indovinare.
«Mi dispiace ma dobbiamo rimandare, ho una faccenda di cui occuparmi»
«Qualcosa di grave?»
«No, ti spiegherò più tardi. Per favore annulla, e scusati se necessario, tutto ciò che avrei dovuto fare dopo pranzo» si prese cappotto, sciarpa, ventiquattr'ore e corse via.

«Così sei da sola eh?» nell'avere Bryan alla mia scrivania, sentii addosso le occhiate delle mie colleghe che sicuramente pensavano che stessi provando a farmelo amico essendo il figlio del capo.
«Si, e voglio rimanere tale» gli feci il segno di togliersi dalla mia visuale ma non si mosse.
«Ti porto a pranzo qui di fronte, forza» fece il giro e mi prese il cappotto appoggiandolo sulle mie spalle.
«Non mi va, grazie. Vorrei continuare a lavorare»
«Rayley, guardami, non voglio allontanarti dal tuo duro lavoro, ma tutti meritano una pausa, anche chi si fa mio padre e pensa di potermi dare ordini» doveva essere una battuta a cui finì per ridere solo lui. Gli tirai il blocco di post-it che avevo sottomano.
«Scherzavo, scherzavo. Andiamo, sono serio, prenditi una pausa. Oppure mi dici cosa vuoi e te lo porto»

Poteva essere un'opzione per mettere merda nel mio cibo per poi stuprarmi, d'altronde l'avrebbe fatto prima nel suo ufficio e avevo un culo troppo scopabile per abbassare la guardia.

Non risposi.

«Lo prenderò come un si, ma finirai poi per mangiare ciò che scelgo io. Da bere? Devo deciderlo anche io?»
Controllò l'ora non ricevendo risposta e tirò fuori il telefono, digitò qualcosa e se lo portò all'orecchio.
«A tra poco» disse infine e non lo vidi più.

Tutti andarono in pausa pranzo al bar di fronte come da tradizione e rimasi da sola con uno stomaco che urlava pietà per la fame.
Mi ero trattenuta dall'andare in cucina per un pizzico d'orgoglio verso Bryan con la paura che mi beccasse con le mani nel sacco, finché non cedetti e andai a prendere qualche croissant rimasto da mangiare con del burro salato.

Come se fosse uno scherzo del destino, proprio durante gli ultimi cinque secondi rimasti per i croissant nel microonde, Bryan apparve con una grossa busta della Lily's Caffè, uno dei bar di fronte.

«Non sapevo esattamente su cosa puntare, quindi ho preso un po' di tutto» avrei giurato che fosse arrossito e all'improvviso era un ragazzo timido e goffo, non quel impassibile uomo pronto a strapparti le mutandine e scoparti su una scrivania.

«Non sono qui per discutere, te lo assicuro. Tregua, Riley, giusto per mangiare come si deve. Butta quella roba per favore» disse rivolto ai croissant che avevo tirato fuori.
Il profumo del suo acquisto era divino e la fame mi supplicò di riempirmi fino a fare schifo. Mi sedetti con lui arrossendo.

«Ecco» posò sul tavolo tutto ciò che aveva chiesto e con un bonne appétit iniziò a mangiare la sua insalata piena di verdure ma senza un velo d'olio o sale.
«Mi mantengo in forma» rispose alla mia muta domanda. In forma era di certo e potevo confermarlo dopo averlo tastato in quel modo prima.
«Ma così non ha gusto»
«Invece si, vuoi provare?» mi porse la sua forchetta e scossi la testa freneticamente. Sorrise.
Guardai tutto con diffidenza per la mia teoria sullo stupro e se ne accorse, perciò prese un piccolo morso del toast su cui stavo già sbavando.
«Chi mi rassicura che non hai messo nulla proprio su quel pezzo?»
Si fece serio, due occhi crudeli come in mattinata.
«Buon appetito, Riley.» chiuse la conversazione.

«Ti devo un pranzo, così non potrai rinfacciarmelo per tutti i litigi a venire» cercai di rompere il silenzio che si era creato.
«Forse preferirei per tutte le scopate a venire»
Mi andò il cibo di traverso e lui mi derise passandomi un bicchiere d'acqua, posò la forchetta e fece il giro dietro di me andando ad appoggiare le mani sulle mie spalle, poi si chinò al mio orecchio.
«O sbaglio?» sussurrò accarezzandomi lo zigomo con la punta del naso.

«Tu sai, vero, che potrei denunciarti per molestie sessuali? Perché è esattamente ciò che stai facendo da quando hai messo piede qui»
«Oh si, me lo immagino proprio la conversazione...» mi fece muovere di poco per avere del posto accanto a me e si sedette con il braccio intorno al mio corpo.
«Proprio così agente, si è presentato in ufficio bello da morire, non riuscivo a togliere gli occhi da lui e quando mi ha assalito, lo avrei pregato di non fermarsi, ma sono stata stupida e ho rinunciato ad una scopata di prima mattina, su una scrivania di più di duemila dollari e con vista sulla città. Inaccettabile, vero?» imitò la mia voce scocciata ridacchiando.

«Ok, questa conversazione finisce qui» volevo colpirlo sul braccio, ma con degli impeccabili riflessi mi prese la mano e se lo portò alle labbra baciandone le nocche.
«Ovviamente scherzo, Riley. Finisci di mangiare, per favore»
«Il panino lo finisco, ma lontano da te»
«Per favore. La smetto con i giochetti, solo...» perse il sorriso e mi pregò di stare al mio posto.

«Sai, ero convinto che mi sarei annoiato qui, ma le cose promettono bene tutto sommato, tu prometti bene» sorrise pensieroso e accorgendosi del mio sguardo su di lui, fece lo stesso come se desiderasse entrare dentro di me, non in quel senso.

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora