Bussarono alla mia porta.
«Jess, ti prego non ora» tirai le coperte fino alla testa. Non ero in vena di spiegazioni.
«Ehm, sono io. Posso entrare? Vorrei soltanto assicurarmi che stia bene» vidi solo la testa bionda sbucare dalla soglia quando ci diedi una sbirciatina senza scoprirmi del tutto. Evitò di guardare dove fossi.
«Vorrei stare da sola, per favore. Gradirei che se ne andasse da qui, da casa mia» tanto cosa importava trattarlo male? Non dovevo più averci annulla a che fare
«La accontenterei se mi rassicurasse che starà bene. Sa, mi sento ancora in colpa, perché in fondo il pugno era diretto a me»
«Su questo non ci piove. Non ho cinque anni, so badare a me stessa, l'ho sempre fatto»
«Certo, ma se posso fare qualcosa...»
Abbassai le coperte irritata che non mi lasciasse semplicemente in pace. Mi misi a sedere.«Qual è l'esatta ragione di tanta insistenza, Max? Ho detto di stare bene, di lasciarmi in pace, di lasciare casa mia, quindi perché sei ancora qui?»
«Sono felice che l'abb-»
«Smettila di darmi del tu. Sta diventando fastidioso!» lo interruppi bruscamente.
Entrò totalmente in camera chiudendo la porta dietro di sé, si sedette ai piedi del letto e mi guardò a braccia conserte finché non realizzai nuovamente di essere a torso nudo. Mi lanciò la maglietta, ma rifiutai alzando semplicemente le coperte.
«Questo è anche considerato invasione della privacy, ma tanto per i Collins è piuttosto normale...» osservai e mi rivolse un sorriso tirato.
«Come stavo dicendo, sono felice che l'abb-...l'ha chiesto, perché non sono come loro, non ho nulla a che vedere con loro, ci sono finito in quella famiglia sicuramente non per scelta e per qualunque torto ti abbiano fatto, vorrei non esserne associato» i suoi occhi finirono sul mio collo spalancandosi poco a poco.Valutai il suo aspetto. Pareva non aver visto casa sua da giorni, i capelli erano un po' sparati, ma nulla che quel fascino non portasse in secondo piano.
La barba incolta, le mascelle contratte e qualche borsa sotto gli occhi.
La camicia bianca era tutta stropicciata, fuori dai pantaloni a plaid grigi.
Jess gli aveva dato le vecchie pantofole di nostro padre. Se l'era portate dietro come un ricordo, diceva di amare il modo in cui le stavano grandi, le ricordavano la sensazione che provava quando lui la stringeva tra le braccia.
Io avevo preferito tenere solo qualche foto, chiuse in un un cassetto che aprivo raramente, perché diversamente da lei, c'erano tante cose del passato che non volevo rivivere. Almeno non mentre cercavo di costruirci un nuovo futuro.L'uomo impassibile, taciturno, composto e cauto che avevo conosciuto solo il giorno prima non esisteva più, aveva dato spazio ad un ragazzo insistente, spaventato per chissà cosa, spaesato e che sentiva il bisogno di mostrarsi il più maturo fra tutto.
«Deplorevole» disse infine.
Bello e tutto commovente, ma ancora non se ne andava.Ribussarono alla porta.
«Ri? Stai dorm- oh, signor Max» cercò di capire cosa stesse succedendo, ma lasciò perdere con un sospiro e sorrise a quest'ultimo.
«Immagino che abbia fame. Le ho preparato la colazione. La mia amica al bar ha detto che i loro croissant non sono lontanamente vicini a quelli francesi, ma le piaceranno» gli fece strada e lui ricambiò il sorriso.
«Andrò a fumare prima, se non le dispiace» e ci lasciò soli.«Jess, gli ho detto di tornarsene a casa sua e tu gli prepari la colazione?»
«Sei impazzita? Come puoi cacciarlo dopo quello che ha fatto per te ieri sera?»
«Mi sono presa un pugno per lui» le ricordai.
«Giusto, ma senza di lui saresti ancora dispersa da qualche parte là fuori»
«Cosa intendi?»
«Non ricordi nulla? Ti sei svegliata lungo il tragitto di ritorno, lo hai implorato di portarti dal Mc e quando ti hanno detto di non avere il succo di limone, sei scappata via incazzata in mezzo al nulla, scalza, al buio. Ti ha cercata per più di mezz'ora con la torcia del telefono trovandoti che stavi per salire nella macchina di un vecchietto qualunq-»
«Che cazzo mi stai dicendo, Jess?» ero sconvolta e per qualche strano motivo mi fece ridere l'immagine di me correre al buio ubriaca.
«Non è finita qui!» mi spinse da un lato facendosi spazio e si sedette accanto a me.
«Avendo bevuto più aranciata di te, non ero in me, ma sono riuscita a dargli l'indirizzo di casa ed una volta arrivati, mi ha fatto bere dell'acqua ghiacciata per prevenire qualche malore, ma al tuo turno gli hai letteralmente sputato tutto in faccia insultandolo per quanto fosse troppo fredda e per il dolore che avevi alla faccia. Per vestirti, si è beccato uno schiaffo ed un calcio in mezzo alle gambe, perché credevi che ti stesse molestando» rideva anche lei ancora incredula. Non poteva essere.«Oh mio Dio! Ma che ho fatto?» imprecai fra me e me. Era assurdo che non mi ricordassi nulla di tutto ciò.
«Un casino, si, ma è stato divertente. L'ha preso sul ridere anche lui»
«Certo! Intanto ho fatto una figura di merda. Oddio!» mi lasciai cadere tragicamente su di lei e prese ad accarezzarmi i capelli.
«Quindi la colazione è come minimo. Ci ho dormito assieme a quanto pare. Mi sono svegliata con la testa sulle sue gambe, coperta e le sue dita fra i capelli. È stupendo comunque»
«Non ti montare troppo la testa ora» la guardai dall'alto con gli occhi sognanti puntati verso il soffitto. Non ero gelosa, assolutamente.
«Ora spiegami in che modo mi avrebbe vestita. Glielo hai seriamente lasciato fare?»
«Ho dovuto! Ti ho messo la fascia e per tirare giù il resto del vestito hai tirato un calcio anche a me»
Alzò la canottiera mostrandomi un piccolo livido sul fianco.
«Mi spiace tanto, ma è tutta colpa tua e della tua stupida aranciata!»Ci guardammo e scoppiammo a ridere all'unisono. Mai più una serata del genere.
«Va a mangiare pure tu ora, rimetto a posto la casa io. Dopo abbiamo molto di cui parlare» mi diede un'ultima carezza sui capelli, un bacio sulla fronte provocandomi una smorfia di dolore e mi porse la maglia.
«Ha già visto abbastanza» aggiunse strizzandomi l'occhio.
Ci drizzammo assieme e la fermai prima che uscisse dalla camera.
«Ehi, Jessica?»
«Si?»
«Ti voglio bene. Sei la migliore sorella che potessi mai avere»
«Ti voglio bene anch'io, ma non chiamarmi Jessica, Lo odio» sorrise e sparì.
Sospirai.
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BE CAREFUL WITH ME
RomanceRiley Elle james è una Newyorkese finita a Los Angeles con la sorella Jess per motivi lavorativi. L'organizzazione non è il suo forte, infatti continua a rimandare tutto ciò che metterebbe un po d'ordine nella sua vita per dedicare anima e corpo nel...