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Il sole stava calando, ma sovrastava ancora le luci dei lampioni già accesi, ero persa nei miei pensieri e non mi ero minimamente accorta d'avere gli occhi di Bryan addosso.

«Dimmi quali sono i pesi del mondo che ti porti sulla schiena»
«Proprio a te?»
«Proprio a me» cercò di posare la mano sulla mia coscia, ma mi strinsi alla portiera impedendoglielo.
«Come da accordo, puoi chiedermi solo cose che servono nell'ambito lavorativo, per il resto sono una sconosciuta per te»
«Allora attenendomi al campo lavorativo, hai programmi per stasera?» Rise perché ovviamente lo divertiva prendermi per il culo e anche se avrei voluto rimanere fredda, mi ritrovai a sorridere perché era proprio un caso perso.
«Vedi? So essere divertente quando non faccio incazzare le persone irascibili come te»
«Lo prendo come un complimento solo perché non ho voglia di discutere ora come ora» dissi con sguardo superiore, riportò l'attenzione sulla strada dopo un'occhiata veloce e mi persi di nuovo.

In ufficio fu davvero gentile e sistemò la mia scrivania mentre rispondevo a delle mail con il pc di Paul.
Una in particolare attirò la mia attenzione, ovvero il preventivo per la richiesta di un tutore aziendale.
Credevo fosse una specie di pubblicità, ma la persona se ne riferiva con nome proprio e ne dedussi che fosse un conoscente.

A cosa serviva un tutore aziendale? Possibile che lo volesse per Betty in modo che lavorasse anche lei invece di passare tutte le sue giornate a spendere i suoi soldi?

«Brilla come non mai» Bryan entrò silenziosamente con scopa e paletta trasudando fierezza da tutti i pori. Scoppiai a ridere.
«Sai, ti ci vedo come un perfetto aiutante in casa» lo presi in giro e gonfiò il petto posando le cose dietro la porta.
«Intendi un perfetto padre di famiglia?»
«Non ti meriti un complimento del genere solo per aver spolverato una scrivania» alzai gli occhi al cielo.
«Lucidato, Riley, lucidato»

Si era tolto la giacca e le braccia muscolose tiravano la camicia con le maniche piegate, aveva i primi due bottoni aperti, il cerchietto era sparito dando modo ai ricci di cadere lungo le sue guance. Lo cambiava completamente dandogli quasi lineamenti femminili sotto la luce del tramonto, ma rimaneva comunque davvero bello.

«Nessuno mi aveva mai accusato di questo» andò alla finestra dandomi le spalle.
La figura slanciata mi copriva gli edifici più alti, le spalle contratte e le mani intrecciate dietro che mi impedivano di vedere anche altro.
Chiunque cercasse di immaginare il viso da quell'angolazione sarebbe sicuramente in errore, perché con i capelli lunghi quasi alle spalle pareva il classico nerd hippy con occhiali alla Harry Potter ed una camicia alla Harry Styles per completare il look.

«Dov'è il tuo appartamento?»
«Verso Montebello»
«Hai la macchina?»
Ci guardavamo dai nostri riflessi sui vetri della finestra.
«No, bus»
«È un bel viaggio da qui...» mi venne accanto per vedere cosa stessi facendo.
«Lo so. Devo trovare il tempo per andare a prendere la macchina»

Era ormai da più di due mesi che me lo dicevo.

«Fatto?»
«Diciamo di si»
«Stai sempre fino a tardi?»
Incrociò i miei occhi aspettando una risposta ed annuii togliendo della polvere immaginaria dal mouse.
«più o meno...»
«Tu invece non torni a casa?»
«l'avrei fatto, ma poi saresti rimasta sola in questo posto così grande e...»
«Ci sono abituata, non ho paura» lo interruppi.
«Capisco»

Quando spensi il pc qualche minuto dopo sospirò dal sollievo e corse a prendermi il cappotto per non darmi la possibilità di fare altro.
«Ti prego mettitelo e andiamo, ho spento le luci e la tua borsa è sulla poltrona» mi fece il segno di supplica e scoppiai a ridere seguendolo in corridoio.

Feci il check out e chiamò l'ascensore.

«A che ora è l'ultimo pullman?»
«sette»
«E tu giustamente alle sette meno dieci sei ancora in ufficio, non fa proprio una piega» commentò mentre imprecavo tra me e me per l'orribile faccia che avevo.
Avevo gli occhi rossi dalla stanchezza e pregai di non addormentarmi sul bus. Forse mia sorella aveva ragione e dovevo prendere coraggio e chiedere le ferie.

L'atrio era minaccioso al buio con qualche raggio di luce proveniente da fuori, uscii dall'edificio stringendomi nel cappotto e così fece Bryan.
Al semaforo ancora rosso decisi di attraversare, ma una macchina sbucò dal nulla a tutta velocità e Bryan dovette tirarmi con forza per farmi indietreggiare in tempo.
Gli finii sul petto e mi diedi della scema appoggiando per un attimo la testa nell'incavo del suo collo.
«È così che fai ogni sera prima di perdere l'ultimo pullman?» scherzò accarezzandomi lungo la schiena.
«Non male, vero? Pensa che delle volte mi fanno passare senza uccidermi» ribattei e scoppiammo a ridere entrambi scuotendo la testa, il semaforo divenne verde per i pedoni e lui ebbe la geniale idea di fermarsi proprio in mezzo alla strada.

«Che succede?» chiesi lanciando un'occhiata agli automobilisti che lo guardavano confuso.
«Penso d'aver lasciato le chiavi della macchina sulla tua scrivania.
«Seriamente?»
«Si» tornò indietro e lo seguii istintivamente faticando a stargli al passo.

«Vado veloce e torno» disse e sparì nell'ascensore.
Ormai erano le sette, il che voleva fottutamente dire che avrei preso il taxi. Cazzo.
Aprii il contatto di mia sorella tentata a dirle di venirmi a prendere così non sarei stata da sola, con il rischio di essere rimproverata tutta la sera per non essere ancora andata a ritirare la macchina.

Ce l'avrei dovuto fare almeno stasera, sperando di non essere rapita o stuprata con una deviazione.
Aprii Google Maps per tener traccia del percorso e cercai un taxista nell'app.

«Eccomi» Bryan mi mostrò le chiavi e perse il sorriso accigliandosi quando mi girai verso di lui.
«Che succede?»
«Nulla, perché?»
«Pari preoccupata per qualcosa» spiegò e parve illuminarsi controllando l'orologio.
«Oh giusto. Andiamo» mi porse la mano girandosi nella direzione sbagliata.
«Dove?»
«Ti porto a casa»

Guardai incerta la mano che mi porse e buffò venendo ad afferrare la mia.

«Forza che fa freddo» mi trascinò letteralmente ai parcheggi sotto le mie suppliche di rallentare.
«Bryan non ti disturbare, andiamo letteralmente in due direzioni opposte»
«Non importa. Sali.» mi aprì la portiera ed esitai controllando intorno a me se ci fossero persone che avrebbero potuto aiutarmi in mi succedesse qualcosa.
«Riley?»
«Si?»
«Fa freddo. Entra.» ordinò con voce ferma e fece un passo per venire da me, ma indietreggiai sbattendo contro un'altra Audi dietro di me.
«Dimmi che stai scherzando, ti prego. Non vorrei prenderti di peso e far sembrare la cosa un vero e proprio rapimento, ti prego» mi raggiunse comunque ed aprì la portiera invitandomi a salire.
«Dritti a casa mia?»
«Voglio dire, se posso portarti da qualche altra parte, fammi sapere mentre sali in macchina così posso partire» sogghignò, ma la mia era paura reale e poteva causarmi un attacco di panico.
«Giuro che tornerai a casa sana e salva»
«Niente scherzi?»
«Niente scherzi»

«Indirizzo?» chiese mentre ci allontanavamo dall'edificio
«Quale?»
«Casa tua» sussurrò divertito e mi strinsi nelle spalle.
Me lo fece digitare sul navigatore e partì.

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora