Era sabato ed ero sopravvissuta a Betty per tre giorni interi senza litigarci.
Paul era a Beverly Hills, poi ad una serata d'affari e aveva affidato tutto il piano a Betty, la quale aveva trascorso la maggior parte del tempo chiusa in ufficio, usciva solo per mangiare e stranamente non aveva torturato nessuna.
Bryan non si era più visto dopo martedì e forse era meglio così.Per quanto mi fossi sentita stanca la sera prima, ero convinta che mi sarei alzata con enormi occhiaie, ma fu tutto il contrario.
Mi fermai davanti all'azienda ad ammirare il riflesso del sole crescente sui vetri degli uffici, inspiegabilmente di buon umore, ancora sotto il naso l'odore del meraviglioso flat white che mia sorella mi aveva preparato e del croissant alla crema appena sfornato che era uscita a comprarmi.
Forse fu quello oppure l'autista insolitamente gentile che si era complimentato per il mio completo gonna-giacchetta rosa con la camicia bianca sotto, il modo elegante in cui avevo raccolto i capelli e il rossetto nuovo di mia sorella.
Dovevo dirlo, stavo da Dio quel giorno.«Allora, non entri?»ricevetti una piccola spinta sulla schiena e mi girai sorridendo a Giusy, manager per l'organizzazione dei meetings.
«Buongiorno» aggiunse tenendo sempre la mano dietro di me.
«Salve, come sta?»
«Starò bene quando avrò sottomano una tazza di caffè» sospirò aggiustandosi gli occhiali e si avviò dentro.
«Dovrebbe tornare oggi, giusto?» Ci misi un attimo per capire a chi si riferisse, ma poi annuii.
«Bene, digli che avrei bisogno di parlargli, nessuna fretta, ma entro la mezza sarebbe perfetto»
Chiamò l'ascensore.
«Va bene»
Premette il suo piano e mi diede un'occhiata per sapere se volessi che selezionasse anche il mio.
«Si grazie»
«Bel colore, ti dona» fece un cenno alle mie labbra e poi alla gonna.
«Grazie» sussurrai faticando a non arrossire sotto i suoi occhi scrutatori.
«Buona giornata, allora» uscì al terzo piano e richiusi subito le porte.Tutti erano già alle loro scrivanie come se fossi io quella ritardataria, ma mancavano ancora cinque minuti alle nove.
Andai a preparare l'ufficio di Paul e poi in cucina per prendermi una bottiglietta d'acqua.
Mi sedetti sbloccando i dispositivi pronta per cominciare, ma il mouse del Mac non funzionava, perciò mi chinai per controllare i fili sotto.«Però...»
Sbattei la testa per la sorpresa e rimasi sotto qualche secondo per poter imprecare.
«Tutto bene lì?»
«Si, SI!» mi rimisi sulla sedia con sorriso pieno di dolore.Lui era fermo lì in tutti i suoi centimetri, capelli perfettamente tirai dietro con il cerchietto, il cappotto nero che nascondeva la parte superiore di un completo gessato blu, gli occhiali da sole, mani in tasca e sorrisetto divertito.
«Buongiorno» il suo sorriso si allargò e cercai i suoi occhi sotto quelle lenti scure.
«Salve» riposi con voce spezzata accarezzando la nuca con nonchalance.
«Come stai?» chiese capendo che non avrei aggiunto altro. Era lui che stava lì a fare lo strano di prima mattina.
«Non c'è male. Tu?»
«Non c'è male» riprese scimmiottando la mia voce e mi accigliai.«Dopo il salve dovevi già essere sparito, quindi cosa ti serve esattamente, Bryan?»
«Sei sempre così simpatica di prima mattina? Credevo che ora fossimo amici» si allungò sulla scrivania fino ad avermi a faccia faccia, abbassò gli occhiali il giusto per poter ammirare quegli occhi così particolari che ora puntavano sulle mie labbra.«Riservo questo trattamento ai disturbatori seriali come te» scandii parola per parola e ne parve divertito, si sostenne meglio sui gomiti e scuotendo un po' la testa, fece cadere gli occhiali che sbatterono sulla tastiera del Mac per poi finire sulle mie gambe. Era quello il suo trattamento verso un paio di occhiali della Guess che costavo centinaia di euro.
«Riservi questo trattamento anche in privato? Perché morirei per averti in sottofondo in ufficio mentre lavoro»
«Ah, lavori? Credevo che passassi le giornate ad indagare sulle segretarie e fare richieste inutili tutto il giorno»
«Uh, touché» schiarì la voce.Tese le mani per riprende gli occhiali, ma glielo vietai tenendole fra le mani.
«Non ci provare» glieli restituii gentilmente.si ritirò rimettendo le mani in tasca.
«Aspetterò per quando avrai meno istinti omicidi nei miei confronti» se ne andò con un occhiolino.Senza rendermene conto lo seguii con la coda dell'occhio finché non accese le luci ed entrò in ufficio, i vetri non erano oscurati quindi potei vederlo togliersi il cappotto e lanciarlo sul divanetto sotto la finestra, controllò qualcosa sul telefono e anche quello finì assieme al cappotto, andò a sedersi e finalmente lo vidi in faccia, ancora sorridente mentre scuoteva la testa.
Disse qualcosa che ovviamente non riuscii a leggere in labiale e poi sparì dietro lo schermo del Mac.«Ray» Paul mi beccò con le mani nel sacco guardando la direzione della mia attenzione. Sorrise.
«Spero che non ti abbia importunata già di prima mattina»
«Oh no, no, solo il tempo di un saluto» lo difesi.
«Meno male. Allora...- si avvicendò dietro di me abbassandosi sulle mie spalle- come stai?»Stava sicuramente invadendo il mio spazio vitale, cosa mai successo prima dall'ora, e così il suo profumo simile a quello di Bryan, sentii il suo respiro sul collo e i capelli ad accarezzarmi lungo il collo, per cui lo guardai dall'alto per capire cosa stesse facendo.
Le sue mani dalle spalle scesero un po' di più fino a sfiorare le mie appoggiate sui manici della sedia, nulla di ciò mi preoccupò per quando mi resi conto che in quella posizione, poteva vedermi dentro la camicia a causa dei due bottoni che avevo stupidamente deciso di lasciar aperti.
«Come stai?»
«Benissimo, tu?»
«Bene. La festa di ieri sera è andata meglio di quanto pensassi, il che sarà piuttosto positivo per gli affari» non staccò un attimo gli occhi dai miei e nemmeno io, ciò portò un'atmosfera un po' troppo intima che a lui non parve turbare, ma mi fece trattenere il respiro.
«I programmi per oggi?» Controllò cosa avessi sullo schermo del Mac e il bloc Notes aperto davanti a me.
«Prima di tutto vedere che priorità vuoi dare agli impegni per la prossima settimana po-» mi interruppe.
«Ho capito, ne parliamo dopo un caffè» mi diede un bacio sulla guancia e mi spiegò cosa volesse dal suo bar preferito.
«Grazie mille come sempre. Ovviamente se vuoi qualcosa per te, non esitare»
E così anche lui si rinchiuse nel suo ufficio.Che cazzo era appena successo?
Richiusi immediatamente i bottoni fino al collo.Toccai la guancia che mi aveva baciato con la sensazione che qualcosa, per quella volta, fosse totalmente sbagliato, forse la troppa vicinanza o l'impressione di un uomo geloso che pareva voler marcare il territorio.
Mi stavo rimettendo il cappotto quando Bryan apparve accanto a me interrogativo.
«Dove vai?»
«Il futuro capo deve anche sapere tutti i miei spostamenti?»
«No, ma il futuro capo avrebbe bisogno di te un attimo nel suo ufficio» raccolse i miei capelli per aiutarmi ad aggiustare il colletto del cappotto, riuscii a cogliere soltanto il doppio senso, il che gli fece arrivare una gomitata dritto sullo stomaco per allontanarlo.
«Perché? Dicevo sul serio» chiese facendo il drammatico.
«Perché continui a superare i limiti con i tuoi modi di fare»
«Ho davvero bisogno di te, ci sono dei documenti che non capisco e vorrei dei chiarimenti»
«Ah...» sorrisi compiaciuta, presi il portafoglio dietro di lui e andai all'ascensore.
«Devo andare a prendere qualcosa giù al bar per tuo padre»
«Beh, vengo con te» non mi diede tempo di rifiutare e si infilò in ascensore.
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BE CAREFUL WITH ME
RomanceRiley Elle james è una Newyorkese finita a Los Angeles con la sorella Jess per motivi lavorativi. L'organizzazione non è il suo forte, infatti continua a rimandare tutto ciò che metterebbe un po d'ordine nella sua vita per dedicare anima e corpo nel...