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Avevo concluso quell'infinita giornata grazie al via libera di Paul che aveva dovuto mollare tutto per andare a controllare i due litiganti che non riuscivano a seguire cinque minuti di corso senza fare casino.

In tutta la confusione Bryan era riuscito a mandarmi un messaggio per farmi sapere quando sarebbe passato a prendermi davanti a casa.


«Jess, ti supplico, ok? Poi l'hai detto pure tu che è un figo pazzesco» anche se si stava facendo truccare, continuava a farmi credere che non fosse disposta ad accompagnarmi.
«Oggi il corso è stato sfiancante e vorrei riposarmi»
«Beh, non ci metteremo molto. Il tempo di due birre e torniamo» tirai dietro i capelli per aggiustarle l'ombretto.
«Beh, spero almeno di riuscire a farmelo, che poi non mi hai ancora spiegato perché avevate programmato di uscire da soli» riprese la domanda che mi aveva fatto prima e che avevo deliberatamente ignorato.
«Non sapeva chi invitare, perché non ha amici qui»
«Che cucciolo» si intenerì e si convinse controllando il risultato del trucco.
«Non male, sorellona. Vado a scegliere un vestito»

Mi lasciò da sola a cercare un rossetto che potesse magicamente rendere un po' più attraente una rossa disperata ed agitata come se fosse al suo primo appuntamento.

«Sneakers o stivaletti?»
«Mhm, ti direi stivaletti sotto un vestito del genere. Sei sicura che sarò la benvenuta, perché elegante come sei, mi sta venendo il dubbio che in realtà questo sia un vostro appuntamento»
«Ti sbagli, mi vesto bene che non si sa mai, se dovessi trovare uno che rispecchi i maschioni sulle nostre riviste della playboy, di certo non me lo farei sfuggire» alzai le spalle indifferente con un piede in aria cercando di infilare lo stivale.
«Va bene, se dici. Io sono pronta» afferrò la sua borsetta, poi la mia e andò a spegnere le luci.
«Non vuoi più il profumo?» urlò dal corridoio.
«Magari si, me lo porto dietro»

Non mancava molto all'arrivo di Bryan, quindi ci sedemmo sui gradini sotto un'aria piuttosto gelida che non rispecchiava affatto il bel tempo di quella mattina.
I taxisti ci passavano davanti rallentando per assicurarsi che non avessimo bisogno di un passaggio e continuammo a fare no con le dita finché la lussureggiante Audi bianca di Bryan non parcheggiò davanti a noi.
«Cosa?» abbassò il finestrino per capire cosa intendessimo.
«Nulla» dissi prendendo la mano di mia sorella, ci alzammo e Bryan scese raggiungendoci.
«Buonasera, Jess. Non sapevo che saresti venuta anche tu» le aprì la portiera posteriore.
«Qualcuno mi ha detto che l'invito era esteso anche a me» entrò sbattendo la portiera già incazzata, Bryan dovette scansare la mano per non farsi male e sospirò suggerendo di fare piano.
«Sei quel qualcuno?» Mi chiese aprendomi la portiera davanti.
«Può darsi. Credevo volessi divertirti, più siamo meglio è» alzai le spalle entrando anch'io.
«Ti giuro che questa me la paghi» minacciò mia sorella guardando Bryan rifare il giro al lato dell'autista.
«Ti voglio bene anch'io» sorrisi nello specchietto retrovisore e mi tirò un calcio dietro il sedile.

«Andiamo al The George, ci sei mai stata, Jess?»
«Non credo, sarà nuovo» suppose lei con voce scocciata.
Si, mi ero scordata di dirle della parte del dover fare la terza incomoda, ma col cazzo che sarebbe venuta se l'avesse saputo.
Bryan non si osava a parlare per la sua presenza e di parte ne fui grata, non volevo che gli sfuggisse il mio assalto a pausa pranzo.

«Jess mi ha chiesto se ci staremo tanto, ho detto di no perché è solo il tempo di due birre, vero
«Sai ballare, Jess?» mi ignorò completamente controllando mia sorella dallo specchietto retrovisore.
«Non posso negarlo, tu invece?»
«Me la cavicchio. Latino?»
«Hai indovinato proprio!»
«Bene, ora mi mostrerai il tuo talento» si sorrisero e con le luci verdi, girò nella stradina a destra del semaforo a cui eravamo fermi.
In fondo alla via stava l'immenso locale rosso con la scritta The George illuminarsi  di bianco.

Bryan parcheggiò il più possibile vicino all'entrata.

«Dal nome, pare più un locale gay» osservò mia sorella sbirciando dentro mentre eravamo in coda per esibire la carta d'identità.
«L'importante è che ci sia buona musica, gay o etero, mi basta divertirmi» Bryan si girò a guardare me anche se la risposta era per mia sorella
Aggrottai la fronte non capendo.

«Riley Elle?»
«Esatto» sfigata com'ero, non mi sorpresi affatto quando il bodyguard di due metri si soffermò proprio su di me per qualche strana ragione.
«Pari molto più piccola» mi squadrò da testa a piedi con un sorrisetto che mi confuse.
«posso andare?»
«Sei qui da sola?»
Iniziava ad irritarmi.
«Va tutto bene qui?» finalmente si ricordò di me ed uscì fuori per controllarmi.
«La signorina è con te?»
«Si, c'è qualche problema?» Bryan incrociò le braccia davanti al bodyguard come se fosse pronto ad affrontarlo.
«No. Può andare» mi disse infine e Bryan mi prese la mano facendosi strada in mezzo a tutta quella gente sudaticcia che saltava ovunque.
Le luci erano accecanti che non riuscivo nemmeno a distinguere bene la sua figura: malgrado l'altezza, riusciva ancora a confondersi bene con gli altri e mi affidai alla sua stretta di mano per arrivare al bancone dove mia sorella cercava di farsi sentire dal barista.

«Cosa vuoi?» Bryan aveva chiesto una prima volta, ma non sentendo, mi circondò la vita portandomi accollata a lui.
«Vuoi qualcosa di alcolico?» gridò al mio orecchio ed annuii guardando la lista dei cocktail appesa in alto.
Gli mimai il Pink Gin Tonic al numero dodici con tutta la concentrazione sulle dita che mi stavano accarezzando quasi sul culo, cosa che mi portò a fare un passo più in là, ma fui riportata indietro.
«È pazzesco qui, andiamo subito in pista!» mia sorella saltellava già attirando l'attenzione delle persone accanto a lei che le presero la mano muovendosi allo stesso ritmo.

Meno male che era quelle stanca.

Ci porsero le bevande ed allungai la carta di credito quando il barista ci posò davanti il Pos, ma ancora una volta Bryan mi diede uno schiaffo sul dorso negando con la testa.
«EHI!» protestai per poi sospirare.
«Prego» disse poi con un occhiolino per poi richiamare Jess affinché si prendesse ciò che aveva ordinato e non ci perdesse di vista.
«Non preoccupatevi, vi troverò!» urlò in risposta.
Aveva già trovato qualcuno con cui ballare: due gemelle ed un ragazzo afroamericano, i quali la spinsero in pista mentre si scolava un negroni tutto d'un fiato. Una pazza.
«C'è un tavolo vuoto, vieni» seguii Bryan.

«Cosa ti sei preso? Ti ricordo che guidi tu» non avevo sentito la sua ordinazione e il suo drink trasparente pareva proprio un gin.
«No, è una Seven-up, tranquilla»
Eravamo seduti ai capi del divanetto, a lui non parve piacere tutta quella distanza, quindi si spostò al centro per poi tirare me dalla giacchetta.
«Allora...ti piace?» chiese curioso e mi guardai attorno con occhi socchiusi.
In quel momento mi sentii come la noiosa di turno che non sapeva cosa fosse il divertimento, eppure non era così: la musica era soltanto troppo alta e le luci troppo forti. Mandai giù un sorso del mio cocktail sentendomi bruciare la gola. Quanto cazzo era forte per essere solo un Gin Tonic?
«Non è male» mentii davanti al suo sorriso smagliante.

Si tolse il cappotto rivelando bene la camicia azzurra più attillata di quelli che metteva in ufficio, infilata dentro i pantaloni neri e con i primi bottoni aperti lasciando in evidenza un girocollo che reggeva una piccola croce.

Mi mancava soltanto che si rivelasse un devoto convinto, che la domenica andava in chiesa e che pregava prima di cena.

«Non consumarmi» gli sentii dire, solo allora capii che non avevo gli occhi sulla collana, ma sul petto tonico e qualche pelo che spuntava dalla scollatura.
Era un porno.
«Ti piacerebbe» ribadii per poi rendermi conto che sarebbe piaciuto a me.
Lui ridacchiò.

Eravamo bloccati in un silenzio imbarazzante in cui io non sapevo cosa dire e lui pareva riflettere bene per non sparare una delle solite cazzate, intanto il gin non mi stava bastando affatto, quindi mandai giù l'ultimo sorso, posai la giacchetta al mio posto e lo avvertii che sarei andata prendere qualcos'altro. Volevo andare da sola per non fargli pagare di nuovo.
«Va bene» alzò il pollice in su ed aggiustai il vestito prima di partire.
Forse avevo i suoi occhi addosso e il solo pensiero mi rese nervosa e mi chiesi se il vestito non era troppo attillato e corto per "due birre".

Quando riuscii ad attirare l'attenzione di un barista, sentii una grande mano schiaffeggiarmi il culo e poi la persona avvicinarsi al mio orecchio e sussurrarmi un disgustoso "sei una bomba!".

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora