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Era successo così in fretta che le spalline per cui mi ero incazzata meno di mezz'ora prima, erano nuovamente giù, io schiacciata contro la portiera di una macchina in mezzo a mille altre, quindi difficilmente le persone potevamo capire cosa stessimo facendo.

«Hai un profumo divino» mi sussurrò sul collo.
Tirò un po' di più il vestito e mi baciò dall'incavo del collo fino allo spazio fra i seni dove colsi un'occhiata prima di sentire un improvviso dolore ad un capezzolo.
Lo stava fottutamente mordendo ed ero così tanto stordita da non distinguere immediatamente un fottuto abuso dalla solita pomiciata alle serate come quelle.
«Ma che cazzo fai? Mi fai male così» oh non sarebbe stato un altro caso di quelle aggressioni che finivano con una denuncia, proprio no!
«Levati dal cazzo. Ora!» gli colpii il braccio e scoppiò a ridere.
«Ma quanti cazzi ti anni hai?» aggiunsi mentre tirava i capelli all'indietro.
«Venti» e rise di nuovo.

Con quell'ammasso di capelli, nessuno mi avrebbe dato della scema per non aver capito che fosse così giovane, perché gli coprivano mezzo viso.
«Dov'è mia sorella?» chiesi non ricordando chiaramente come diavolo fossi finita lì con lui.
«Con il mio amico, non so dove perché sono qui con te» era veramente ubriaco, forse più di me, ma potevo giurare che non avesse bevuto dell'aranciata.

Quella imprudente di mia sorella!

Barcollando intenta ad andare a prenderla e poi chiamare un taxi, mi imbattei in un gruppetto di ragazzi che, visti da dietro, superavano i vent'anni.
Erano appena scesi dalle rispettive macchine, quindi presunsi che la loro serata stesse per iniziare.
Aspettando l'un l'altro, si allargarono barrando la strada, quindi sarei dovuta passare in mezzo a loro.
Non volendo che mi guardassero camminare in quel modo, pensai di tagliare la strada in mezzo a qualche macchina finché non sentii uno di loro chiamarmi.
Si aprì un varco da cui spuntò Maxance. No, non erano allucinazioni.

«Riley?» chiese e mi ritrovai a negare con la testa. Erano i capelli rossi a fottermi sempre.
«Riley James?»
Si, cazzo, Riley James, quella che non avrebbe mai dovuto incontrare fuori dalla società, schifosamente messa com'era.
«La conosci?» si informò un suo amico che lo trattenne dalle spalle per non farlo avvicinare.
«Salve...Max?» e via con il vizio di abbreviare i nomi delle persone senza permesso.
«Che ci fa lei qui?»
Passai le dita fra i capelli sperando che bastasse per rendermi presentabile, poi infilai la giacchetta e la chiusi per nascondere la scollatura profonda.
«Una serata fra amici, ma sto stornando a casa ora»
I suoi di amici mi guardavano divertiti a braccia conserte, il che mi fece arrossire con l'ansia che ridessero per qualcosa che avessi fuori posto.

«Sta bene? Non mi pare un luogo sicuro per stare fuori da sola, è piuttosto buio qui»
«Max, laisse la tranquille» disse uno in francese e non comprendendone il significato, non capii perché Maxance disse no e non capii perché loro si incamminarono mentre lui rimase lì impalato davanti a me.
«Sto bene, davvero» non ci credevo nemmeno io, la conferma arrivò con un fortissimo conato di vomito ed un capogiro.

Avrei dato la vita per evitare quella figuraccia.

«Venga, la accompagno dai suoi amici» mi porse la mano che rifiutai, quindi mi invitò soltanto ad avanzare dicendomi che sarebbe rimasto dietro di me.
Accanto sperai piuttosto, non dietro. Accanto.

«Sta bene?» richiese quando sbattei contro una macchina.
Avevo una voglia matta di ridere per l'impatto, resistevo a stento, ma quell'espressione seria e la linea dura delle labbra mi lanciarono un segnale d'allarme. Non si scherzava con lui.

Proprio dall'uscita, spuntò Bryan che teneva Jess stretta al suo fianco per non farla cadere.
Aveva sicuramente bevuto più aranciata del dovuto.
Era fuori di sé, non si reggeva nemmeno in piedi ed anche se era mia sorella, ringrazia Dio di non essere al suo posto.

«Che ci fai tu qui? Ti ho cercata ovunque, Riley!»
Mi ero scordata del conflitto dei fratelli Collins.
La prima parte era per Maxance, il quale mi guardò interrogativo al suo fianco.
«Questo sarebbe il suo amico?» mi chiese più serio che mai.
Era contrariato del tutto, quasi incazzato, ma quello forse per la presenza del fratello.
«No, assolutamente» e lo intendevo davvero.
Ci mancava solo quello dopo averlo visto con quella stronza.

«Che ci fai qui?» intervenne Bryan.
«Nulla che ti riguardi» Le risposte di Max erano sempre secche.
«Ha un passaggio? Vuole che la riporti a casa?» domandò mentre portavo via mia sorella da Bryan.
«No, le riporto a casa io. Sono venute con me»
«E si vede come te ne sei preso cura. Venit-»
«Max, tu viens?» un suo amico uscì a controllarlo.
«J'ai quelque chose à faire. Commence sans moi».
Non provai nemmeno a tradurlo.
«Ok, fais moi savoir où t'es alors» e se ne tornò dentro.
«Venga, l'aiuto» Allungò la mano per tenere mia sorella, ma Bryan lo spinse all'indietro.

Non l'avesse mai fatto.

Ricevette un pugno dritto nello stomaco che mi fece gridare dallo spavento, perché sgranò gli occhi non aspettandoselo e mollò la presa su mia sorella piegandosi in due.
«Questo non lo dovevi fare...» sussurrò a fatica, dolorante.
Il fratello non parve per nulla preoccupato, semplicemente ripeté a me e Jess di seguirlo, ma quest'ultima lo fermò dal fare un altro passo abbracciandolo con la testa sul suo petto.
Lui era evidentemente a disagio e mi guardò forse come un invito a liberarlo.
Approfittando di quella piccola distrazione, Bryan decise di colpire il fratello in pieno viso ed avendo capito le sue intenzioni con qualche secondo d'anticipo, feci un saldo davanti a Maxance incassando il pugno.

Non ricordai altro.

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora