Mi svegliai con il cellulare che suonava ininterrottamente. Non era la sveglia.
Riconobbi il profumo delle mie coperte, quindi in qualche modo ero riuscita ad arrivare a casa.
Rotolai giù dal letto per cercarlo fino a cadere a terra, ed è lì che mi resi conto di non avere più il vestito, bensì il pantalone del mio pigiama preferito.
Mi allungai verso il guardaroba a specchio, come per magia avevo la fascia a coprirmi i seni, ma la cosa non mi spaventò più del naso rosso e l'occhio nero.Tutto riaffiorò all'improvviso: il pugno di Bryan, il litigio con Max, la serata...
«Jess!» esclamai correndo in camera sua per controllare se stesse bene.
La porta era chiusa e provai a bussare, ma non ricevendo risposta, la spalancai trovando la camera vuota.
Il letto era rifatto, nessun segno delle cose che portava la sera prima, il che mi fece preoccupare ancora di più, perché ubriaca com'era non si sarebbe mai svegliata tanto presto trovando anche il tempo per riordinare la camera.
«Jess?» Gridai il suo nome mentre tornavo in camera per controllare il telefono, forse era lei che continuava a chiamarmi.A metà corridoio, sentii dei rumori provenire dal salotto, quindi tornai indietro e mi affacciai in salotto chiamandola ancora una volta.
La televisione era accesa e sul divanetto che mi dava le spalle, stava qualcuno completamente nascosto dallo schienale, ma dedussi per logica che fosse lei.
«Jess?» sussurrai avvicinandomi finché non riconobbi quel biondo platino.
«Max!» Strillai pentendomene per la voce di merda che mi era uscita, poi lo dovetti spaventare davvero, perché saltò in piedi con la mano sul cuore.
«Riley, è sveglia!» mi disse squadrandomi ed urlai di nuovo ricordando di essere senza maglia.
«Che succede?» chiese vedendomi correre in camera per coprirmi.Sentii i suoi passi dal corridoio mentre cercavo una maglia freneticamente.
Perché era in casa e dove diavolo era finita mia sorella?
«Riley, sta bene?» doveva fottutamente restare in salotto, ma invece stava bussando alla porta di camera mia e mi impanicai quando abbassò la maniglia.«Sta bene?» Socchiuse la porta, non sbirciò dentro, rimase sulla soglia a fare domande strane.
No che non stavo bene!
La mia faccia era ridotta male, i capelli in disordine, ero mezza nuda, mi aveva vista ubriaca e prendermi un pugno da suo fratello. Non poteva andare peggio.
«Posso entrare? Ha bisogno di qualcosa per la faccia?» Mi stava deliberatamente pigliando per il culo e dicendo che avevo un aspetto di merda.
«Perché è qui? Dov'è mia sorella?»
«Oh, la signorina Jess? È uscita a prendere la colazione»
Quella piccola infame! Mi aveva lasciata da sola con uno sconosciuto.
«Perché è a casa nostra?»
«Vi ho riportate ieri sera, sua sorella non riusciva a gestirla, quindi l'ho aiutata a prendersi cura di lei. Mi ha espressamente chiesto lei di rimanere per tenervi d'occhio, non si ricorda?» Suonò scocciato mentre io morivo dall'imbarazzo.Non ricordavo assolutamente nulla del ritorno a casa , figuriamoci dell'avergli chiesto di rimanere.
«Mi faccia solo...» entrò senza permesso nel momento esatto in cui il mio cellulare riprese a suonare, gli mimai di stare fermo dov'era, cercai il telefono nella borsa buttata nell'angolino dietro la porta.
Sbloccai lo schermo leggendo il nome di Paul. Era domenica, tecnicamente non lavoravo, quindi mi sorprese.«Pronto?»
«Oh cielo, Riley! Stai bene? Bryan mi ha raccontato tutto. Dove sei ora?»
«Buongiorno, Paul. Si, sto bene» dissi incerta guardando dallo specchio il viso un po' gonfio.
«Dove sei? Voglio capire quanto sia grave la situazione» era tragicamente preoccupato e allo stesso tempo era preoccupante il suo allarmismo.
«Non è necessario, sto bene. Davvero»
«Dove sei?»
«A casa, ma n-»
«Arrivo» e mise giù. Rimasi confusa per un attimo.
«Paul Collins?» chiese Max con un sorrisetto da ovviamente, chi altro poteva essere?
«Quindi non è tornato a casa?» domandai invece, lui scosse la testa e mi fece il segno di avvicinarmi.
Le mie gambe fecero tutto da sole e mi bloccai giusto di fronte a lui lasciando che mi circondasse il viso.
Vedendolo approssimarsi troppo, mi feci indietro con la testa, ma lui fermò tutto affondando i pollici nelle mie tempie.
«Vorrei solo rassicurarmi che non necessiti l'ospedale. Mi serve dell'acqua calda ed un panno» mi studiava il viso con attenzione, impassibile come sempre, ma delicato da morire e le dita che pressavano sull'occhio gonfio e sul ponte del naso per controllare il livello del dolore, erano una carezza.
Chiusi gli occhi con un respiro profondo.«Potrei ammazzarlo ora come ora» disse in un sospiro ed immaginai che stesse parlando di Bryan. Chissà che fine aveva fatto.
«Può mettere a scaldare l'acqua?»Si era seduto intorno al bancone in cucina guardandomi controllare i cassetti per trovare una pentola adatta.
Non dava nessun segno d'aver fretta di tornare a casa, anzi, non aveva toccato il telefono nemmeno per un secondo, tantomeno mi aveva persa di vista, come se fossi una bambina che andasse controllata con cautela.
«Ha fame?»
«Un po', ma sua sorella è uscita a prendere la colazione per quanto abbia capito»
«Stava bene quando si è alzata?»
«Abbiamo dormito insieme sul divano»
«Cosa?» mi girai di scatto rischiando di spezzarmi il collo.
«Lei stava male ed era troppo preoccupata per andare a dormire, quindi abbiamo guardato uno stupido programma finendo per addormentarci» raccontò come se fosse più che normale.Non si conoscevano nemmeno fino alla sera prima!
L'immagine di loro due abbracciati mi turbò più del dovuto e scossi la testa cercando di togliermelo dalla mente.
«Ricordo soltanto del pugno. Mi sono svegliata poco dopo?»
«Esatto. Si è fatta portare dal McDonald perché aveva fame ed arrivati lì, ha ordinato del succo di limone per superare la nausea» si stava evidentemente trattenendo dalle risate e mi coprii il viso dall'imbarazzo.
«Mio Dio! Mi spiace veramente tanto»
Non era di certo il modo in cui avrei voluto farmi conoscere.
«Sua sorella mi ha raccontato la storia dell'aranciata. Dovrebbe scegliere con cura i suoi amici per la prossima volta, perché avrebbero dovuto tenere d'occhio entrambe. Non voglio immaginare come alla serata sarebbe potuta finire»
«Non ci sarà un prossima volta»Posai il panno sul tavolo e lui lo prese piegandolo, si alzò a controllare l'acqua e mi disse di spegnere l'acqua.
«Si metta seduta» ordinò.
«No, sto bene in piedi. Cosa vuole fare?»
«Cercare di non farla tornare in ufficio peggio di così. Stia ferma» immerse la punta del panno nell'acqua bollente e ci soffiò sopra prima di avvicinarlo alla mia faccia.
«Sono così brutta?»
«No, lei è bellissima, ma andare a lavoro in questo stato...»
la mia domanda era ovviamente riferita al gonfiore, ma la sua risposta mi diceva altro e forse anche lui lo capì, perciò schiarì la voce e mi portò più vicino tenendomi dai fianchi.
«Stia ferma» mi ricordò e premette il panno sul naso.
Ero tentata ad urlare, ma uscirono solo dei versi disperati che lo pregavano di fare più piano, ma disse che era meglio andarci giù pesante così il dolore sarebbe passato più in fretta.
«Ha una crema per il gonfiore?»
«Non credo...no» tenevo gli occhi serrati storcendo la bocca.
«Dovrei averne a casa...» rifletté fra sé e sé non sapendo d'avere davanti un'ansiosa paranoica che traeva conclusioni da tutto alla velocità della luce.Era un di invito ad andare a casa sua o sbagliavo?
«o...si potrebbe trovare in farmacia» aggiunse dopo una piccola pausa, ma io intanto avevo smesso di respirare.
~Spazio autore ~
Non avevo dubbi della mia ignoranza su diverse cose, ma ragazzi, è stato un parto capire come si scrivesse fra sé e sé. Sono ancora qui a chiedermi «accento o non accento?».
Nulla, spero vi sia piaciuto il capitolo❤️

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BE CAREFUL WITH ME
RomanceRiley Elle james è una Newyorkese finita a Los Angeles con la sorella Jess per motivi lavorativi. L'organizzazione non è il suo forte, infatti continua a rimandare tutto ciò che metterebbe un po d'ordine nella sua vita per dedicare anima e corpo nel...