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«Quindi è una clausola obbligatoria per ogni contratto che entra in azienda?»
«Esatto, per questo abbiamo un modello prestampato. Non si ammettono errori, perché è ciò che protegge gli interessi dell'azienda in caso di ritiro da parte del cliente»

Bryan era tornato da me con una sedia, un sorrisetto incantatore e sguardo innocente a cui non si poteva dire di no.
Era dannatamente vicino e per rispondergli dovevo farmi indietro, ma tutto sommato pareva saper distinguere lavoro e momenti di svago.

«E questo? Quando arrivano le rettifiche dove dovrei andare?» Mi indicò la pagina di esempio Excel che avevo aperto per spiegare meglio.
«Facile, guarda...»

Il tutore arrivò verso le undici, un uomo affabile e paziente per il poco che aveva trascorso con noi mentre aspettava il ritorno di Paul dal terzo piano, perché Bryan si era messo a fare domande del tutto fuori luogo con la scusa che avrebbe passato buona parte del suo tempo con lui da allora in avanti.

Avrebbe iniziato il corso dopo pranzo, quindi usò la scusa del non vederci fino a lunedì per continuare a lavorare alla mia scrivania.
«Quindi cosa fai stasera?»
«Nulla che ti riguardi»
«Allora facciamo qualcosa che mi riguardi?» mi sorrise con il mento sul palmo della mano.
«Perché non te ne vai ora? Mi sembra che tu abbia già chiesto tutto ciò che ti serviva»
«Non proprio. Quindi, abbiamo un appuntamento?»
Presi un respiro profondo e mi avvicinai per sussurrargli qualcosa nell'orecchio.
«Lasciami stare» consigliai e mi tenne la testa per potermi rispondere, ma prima di farlo non perse occasione di passare la lingua sul mio lobo facendomi sgranare gli occhi. La segretaria seduta a qualche metro di distanza assistette alla scena incredula.

«Bryan, ma che diavolo fai!?» mi dimenai, ma non mollò la presa.
«Quindi ti aspetto per quando finisco con Christian?»
«Mi assicurerò di andare via prima, stanne certo! Ora lasciami» gli schiaffeggiai una coscia e ridacchiò arrendendosi.
«Va bene, va bene, mi sono già giocato la dose di pazienza giornaliera, ho capito» alzò le mani ridendo, poi prese la sua sedia e credetti che se ne volesse finalmente andare, ma voleva soltanto stare dall'altro capo.
«Ti concedo i tuoi spazi» spiegò appena mi vide fulminarlo con gli occhi.
«Io ti giuro che troverò un modo per farti tornare da qualunque posto tu sia sbucato, stanne certo»
«Londra, Riley, si chiama Londra» sapeva provocarmi come nessun altro e anche se provavo ad ignorare la cosa, perché lo faceva chiaramente a posta, la voglia di prenderlo a calci riaffiorava con l'aria che espiravo.

«Tranquilla, sentiti libera di fare ciò che devi, non mi disturbi» disse quando presi a digitare rumorosamente sulla tastiera.
Mi bloccai tenendo il dito su una lettera a caso che mi stava ricoprendo tutta la pagina di Word.
«Tranquilla» tenne a ripetere ed osservandolo, quell'espressione calmo, serio nelle stronzate che stava dicendo, scoppiai a ridere con la testa fra le mani, perché i suoi modi erano veramente assurdi e non pareva nemmeno accorgersene.

«Sono felice che la cosa ti diverta»
Attutivo la risata con le mani sul viso e più andavo avanti più mi faceva male la pancia così come mi balenava in mente l'idea di togliere i tacchi e tirarglieli addosso.
«Bryan, è meglio se finisci nel tuo ufficio»
«Perché? Sto bene qui»
«Bryan...»

«Da questa parte, l'ufficio è qui»
«Merci beaucoup»
Sentendo il francese, guardammo di scatto contemporaneamente le due persone arrivate al quarto piano.
Forse ero un po' tragica nel descrivere gli uomini affascinanti, non che Bryan si meritasse tanto quel titolo, ma davanti a me stava quello che tutti vorrebbero e nessuno meriterebbe davvero.
La definizione di perfezione mescolato al perfetto stile parigino, ma lasciai il resto a tutte quelle che lo avevano adocchiato, e che come me, avevano scordato come si respirasse.

«Oh, perfetto, c'è Riley» Sofia, la receptionist, mi indicò e mi sentii gli occhi di tutti addosso quando ricordai che ero proprio io Riley. cielo!
«Oh certo, si. Cosa posso fare?»
«Vorrebbe parlare con Paul, è un conoscente» lei si congedò subito dopo.

Lui aggiustò gli occhiali e si tolse il basco rivelando una testa biondo platino.
Ad accecare non erano assolutamente i capelli, no, ma il bianco perfetto nel sorriso che mi rivolse presentandosi.
«Maxance»
Stavo esagerando? Assolutamente no, l'accento francese doveva essere parte di un'arte che sarebbe dovuta appartenere all'unanimità.

«Bene, bene, bene, che sorpresa. Iniziavo giusto a domandarmi perché all'improvviso nostro padre mi volesse qui» Bryan mi fece ritirare la mano che volevo porgere abbassandola sul piano.
Maxance non rispose.
Santo cielo,  il solo pronunciarlo fra me e me mi faceva rabbrividire come se provenisse direttamente dalla sua bocca.

Guardando lui, ci si rendeva conto che Bryan non avesse preso nulla da Paul, forse lo stesso colore di capelli, ma quest'ultimo li aveva tinti.
Invece Maxance era la fotocopia di Paul negli anni novanta, affidandomi alle vecchie foto che avevo visto.
«Se ci ha riuniti per le sue sdolcinatezze da famiglia felice, allora prenderò il primo biglietto per Londra. Che ci fai qui?»

Bryan rimase nuovamente senza risposta e suo fratello si rivolse a me chiedendo se fosse possibile parlare con Paul immediatamente.
Non lasciava trasparire nessuna emozione, solo l'impressione di un sorriso che lo rendeva una persona rassicurante ad una prima occhiata.
«È in ufficio con qualcuno, mi faccia solo controllare se ha finito»

Rispose dopo due squilli.

«Si?»
«Scusa se ti disturbo, ma sei richiesto dal signor Maxance»
«Cosa? Mandamelo subito!»
L'eccitazione nella sua voce mi sorprese.
«Va bene »
«Riley, per favore dì a Bryan di seguirlo»

Posai il telefono e sorrisi a tutti e due.
«Vorrebbe parlare ad entrambi»
Bryan sbatté  con forza sulla scrivania i documenti che teneva in mano e andò da Paul a passi felpati, Maxance lo seguì.

Per l'ora che ne seguì, si potevano udire soltanto le imprecazioni provenienti dall'ufficio di Paul, la maggior parte delle quali, da un Bryan chiaramente infastidito dalla presenza del fratello.
Mi servì molta volontà per non perdere la concentrazione, io come tutti quelli che erano abbastanza vicini da sentire tutto.

BE CAREFUL WITH MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora