Avevo ormai perso la concezione del tempo quando la porta dell'ufficio di Paul venne aperta da Christian, seguito da Bryan e poi Paul che teneva un braccio attorno a Maxance.
«Va bene, sarò di ritorno a breve. Arrivederci» Christian strinse la mano a tutti e tre e si congedò.Paul, Maxance e Bryan sostarono alla mia scrivania accerchiandomi.
«Bene, Riley, questo è il mio primogenito Maxance, direttamente da Parigi» lo indicò piuttosto orgoglioso e lui mi fece un cenno gentile sotto lo sbuffo di Bryan.
«Piacere» dissi leggermente intimorita da tutti quegli occhi puntati addosso.
«Inizieranno il corso con Christian per le tre, è già l'ora di pranzo, quindi potresti accompagnare Maxance a prendersi qualcosa al bar di fronte?» propose dandogli delle pacche sulla spalla.Non mi aspettavo per niente tale richiesta e nemmeno lo sguardo minaccioso di Bryan per suggerirmi di rifiutare.
«Lo farò io, papà» propose Bryan.
«Io non vado da nessuna parte con te» ribatté Maxance ed erano prossimi ad un altro battibecco quando Paul li fermò immediatamente.
«Riley, per favore, e tu vieni con me» trascinò via Bryan lasciandomi davanti un francesino che teneva stretto il cappotto davanti a sé chiaramente spaesato.
«Solo un attimo, nel mentre può prendere posto»
Dovevo mandare una corrispondenza prima di fermare tutto, quindi digitai più velocemente per non farlo attendere troppo.Avevo mille domande in mente, partendo dal perché fosse finito a Parigi così lontano dal padre e perché due ereditieri sembrassero odiarsi così tanto.
Voglio dire, Bryan aveva tutta l'aria di un attaccabrighe, e su quello non ci pioveva, ma poi provocava qualcuno che non pareva nemmeno osarsi ad uccidere una mosca, quindi cosa lo infastidiva tanto?Misi il Mac in standby, afferrai cappotto e borsa e lo avvertii di essere pronta.
«Può lasciare la tracolla qui»
«Ho delle cose importanti dentro»
«È sicuro qui, dia a me, la tengo qui sotto la scrivania» lo rassicurai ed analizzò il suggerimento prima di porgermela.
«Ecco qui» sorrisi e mi seguì verso l'ascensore.Nel silenzio tombale durante la discesa, capii che forse era di veramente di poche parole o Bryan lo aveva fatto veramente incazzare.
Non mi osavo guardare verso lo specchio se no avrei incrociato i suoi occhi e il senso di disagio sarebbe stato peggiore.Gli feci strada quando le porte si aprirono e si strinse nel suo cappotto marrocino uscendo a testa bassa.
Al solito semaforo, non vedendo macchine, cercai di attraversare velocemente, ma fece come Bryan e mise il braccio sul mio petto fermandomi.
«Non si sa mai» disse con l'occhiolino mentre io sbavavo sull'accento francese.
«Grazie» risposi arrossendo ed aspettammo il verde per passare.Lo portai al Lily's caffè dove Bryan mi aveva preso il pranzo e si illuminò quando vide la selezione di panini.
«Sembrano proprio gustosi» disse lanciandomi un'occhiata per vedere se fossi d'accordo anch'io.Forse aveva visto solo Baguettes in tutta la vita, constatai.
«Lo sono» assicurai e chiamai qualcuno per ordinarmi una cioccolata calda.
Mi affiancò quando vide qualcosa di suo piacimento e fra una parola in inglese e tre in francese, fece la sua ordinazione e ci sedemmo intorno ad un tavolo aspettando.
«Vuole mangiare qui?»
«Cosa? Oh no, penso che a suo padre farebbe piacere passare ancora un po' di tempo con lei prima del corso»
Si accigliò ed aggiustò la coppola preferendo non commentare la cosa.
«A che ora chiude l'ufficio?»
«Per le cinque»
«Capito»Controllò il tempo sul telefono come se non vedesse l'ora di sbarazzarsi di me, ci rimasi un po' male e mi allungai per vedere se le nostre ordinazioni fossero pronte.
Incrociai lo sguardo della cameriera che mi fece un cenno e lo avvertii.Tirai fuori la mia carta per pagare, ma mi ritrovai la sua mano sulla mia mentre porgeva la carta alla cameriera.
«Non è necessario, sul serio» odiavo che mi venissero offerte le cose, perché poi mi sentivo sempre debitrice e con la costante ansia di trovare qualcosa da offrire in cambio.
«È solo una cioccolata» ricevetti un altro occhiolino e ci dirigemmo fuori.
Il suo cellulare prese a suonare il secondo dopo e si fermò rispondendo, ma essendo francese, non ci capii nulla.
Non sapevo cosa fare, se andare o aspettarlo sembrando una spiona, lui parve capire la mia confusione e disse alla persona di aspettare in linea.
«Può andare, arrivo subito. Potreste solo tenermi questo?» mi porse il suo pranzo ed annuii lasciandolo oltre il semaforo.
Era così rigido e formale.Tornai che l'ufficio era mezzo vuoto, erano tutti in pausa pranzo e lasciai le cose di Maxance sulla mia scrivania per far si che le vedesse subito, presi il mio cellulare ed andai in cucina per mangiarmi qualche biscotto.
Alcune colleghe mi invitarono a sedersi accanto a loro, ma rifiutai gentilmente spiegando che avrei dovuto fare una telefonata, trovai gli ultimi cinque biscotti rimasti nella scatola e mi sedetti all'ultimo tavolo controllando se mia sorella si fosse ricordata di me in mattinata.
«Non mi dire»
«Cosa?» non mi disturbai nemmeno ad alzare lo sguardo, perché ero certa che si sarebbe accomodato senza chiedere.«Questo sarebbe un pranzo?»
«Si, Bryan, un pranzo che terrei a gustare in silenzio e da sola»
«Mi pare giustissimo» disse sedendosi, sospirai ed alzai lo sguardo esasperata.
«Lo devo rispiegare?»
«Se me lo rispieghi mentre andiamo fuori a mangiare, volentieri» controllò il suo orologio forse per vedere quanto tempo gli rimanesse prima del corso.
«Dove hai lasciato il mio fratellone?»
«Trovalo e chiediglielo, Bryan» risposi secca prendendo un sorso della cioccolata, ridacchiò scuotendo la testa e mise il viso sui palmi ravvicinati fissandomi.
«Cosa?» chiesi alzando gli occhi al cielo.
«Credevo che fossimo amici» aggrottò la fronte con occhi luminosi riuscendo ad avere tutta la mia attenzione.
Faceva sentire così in colpa, eppure era lui che infastidiva le persone.
«Credevo di starti simpatico ora» aggiunse.
«Sei simpatico quanto-OK, andiamo a fare questo pranzo» stavo per insultarlo, ma poi quel contatto visivo che si era creato mi bloccò dal farlo, perché mi sarei sentita una merda e forse non se lo meritava.
Battè le mani come se avesse appena vinto una gara e mi prese per mano appena mi alzai dalla sedia.
«Dovrei prendere il cappotto» lo avvertii vedendolo camminare a passi felpati, cambiò direzione verso la mia scrivania, afferrò le mie cose e le tenne con fatica nella mano libera per non dovermi lasciare.L'ascensore si aprì con Maxance dentro, sorrise appena mi vide, ma poi si fece serio quando vide le nostre mani strette l'una nell'altra.
«Salve. Ho lasciato le sue cose sulla mia scrivania» lo informai arrossendo, lui e Bryan si guardarono in cagnesco finché non si fece da parte per lasciarci entrare.
«Va bene, grazie» mi fece un cenno e se ne andò.
Non avevo nemmeno realizzato che stessi trattenendo il respiro per la tensione che si era creata e quando espirai rumorosamente, Bryan mi sorrise dallo specchio.
«Quale parte di lui ti turba esattamente? Il suo essere stronzo? Taciturno? Quella faccia da schiaffi o il suo atteggiarsi da uomo di mondo?» il disprezzo nella sua voce era allarmante.
«Bryan, non voglio intromettermi nelle vostre faccende» lo invitai a risparmiarsi certi commenti e provando ad appoggiarmi alla parete, mi resi conto che mi teneva ancora la mano.
«Puoi anche...» provai a suggerire piegando un po' il braccio, lui sorrise e scosse la testa tirandomi al suo petto.Davo la schiena alle porte, le sue braccia ora intorno a me e i seni schiacciati dal suo petto, lo esaminai dal basso umidificarsi il labbro inferiore e non attese nemmeno qualche segno per baciarmi prima che ci fermassimo al piano terra.
«Te l'ho detto che sei b-»
«Riley, Bryan!»Paul!
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BE CAREFUL WITH ME
RomanceRiley Elle james è una Newyorkese finita a Los Angeles con la sorella Jess per motivi lavorativi. L'organizzazione non è il suo forte, infatti continua a rimandare tutto ciò che metterebbe un po d'ordine nella sua vita per dedicare anima e corpo nel...