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Jess non era tornata a casa la sera prima e non mi rivelò da chi sarebbe rimasta a dormire nemmeno dopo decine di chiamate.
Il che voleva dire che non avevo fatto colazione per mancanza delle brioche che comprava sempre dell'alba.

Non era la fine del mondo il rumore dello stomaco vuoto, ma la rivelazione shock che avevo da fare a Paul.
Trovarlo incazzato in ufficio era una probabilità, visto il ritardo di un'ora di quel giorno e gli infiniti messaggi in segreteria a cui non avevo risposto di proposito.

Ero ferma davanti alle porte scorrevoli con un cappotto mezzo inzuppato per via della pioggia che spruzzava rabbiosa sulla mia schiena.
Il viso era coperto, quindi chiunque bagnassi con le gocce d'acqua cadenti dall'ombrello, mandava a quel paese una qualsiasi maleducata, e non la spaventata Riley che entrando nell'edificio, avrebbe dovuto affrontare tre bambini che se le sarebbero date di santa ragione racchiusi da soli in una stanza.
Ad ognuno di loro dovevo almeno un vaffanculo ed un calcio in culo, ma tra psicopatici e traditrici, sarei stata l'adulta.

Mi serviva anche  il full payment di quel mese se volevo andare a prendere la mia benedetta macchina e pagarne l'assicurazione per non continuare con il bus e per non farmi uccidere da Jess.
Due respiri profondi ed entrai.
Sembrava essere passato molto, l'odore dell'ascensore era diverso, le persone più severe, l'edificio più silenzioso.
Il quarto piano era deserto, ne rimasi confusa e per sicurezza controllai tutti gli uffici alla ricerca di qualcuno che mi desse spiegazioni.
La mia scrivania era un po' in disordine, ciò voleva dire che qualcuno ci aveva lavorato, infatti il mio Mac non era al suo posto, anzi, non c'era proprio.

L'ufficio di Paul era sottosopra, come dopo una rapina, allora preoccupata scesi di un piano e bussai alla porta di un ufficio a caso.
«Riley? Non dovrebbe essere in riunione?» lui conosceva me a quanto pare.
«Quale riunione?» inutile dire che mi fossi persa tante cose.
«Questo weekend c'è il congresso, Paul ha richiesto una riunione chiedendo al quarto piano di arrivare un'ora prima del solito, perché sarebbe stato lungo. Sono ancora tutti al secondo piano» mi guardò con pietà come se avessero deciso di escludermi consapevolmente.
«Grazie e...ehm scusa per il disturbo» tornai su con la paranoia che Paul avesse deciso di escludermi dal congresso di cui mi ero pure scordata.
Non avevo portato il Mac a casa, quindi anche se avessi voluto controllare le sue attività giornaliere nel computer, non avrei potuto.
Erano in riunione da ormai tre ore, o ne avevano ancora per un po' o avevano già finito.

Mi presi il rischio di controllare se avesse annullato il mio biglietto e la stanza d'hotel.
Entrai evitando l'inquadratura delle telecamere e sbloccai il pc cercando un file sicuramente nominato 'congresso', perché se c'era una persona preoccupantemente minimalista, quello era lui.
Lo trovai subito tra i file recentemente modificati assieme a 'riunione martedì' che aprii trovando un elenco puntato che iniziava con il nome di Betty, poi Max con una X e Bryan con una spunta verde, una parentesi graffa che li univa con gestione piano.
Mi sentii già male.
Tante cose riguardavano l'organizzazione del lavoro mentre non c'era, quindi non persi altro tempo e cliccando sul secondo file, mi intoppai immediatamente in due biglietti di prima classe intestati al signor Collins e la signorina James.

Ah ok.

First class, quattrocento euro in più di un umile biglietto in economy class. Come minimo avrebbero dovuto offrire un concerto di Eminem.
Mi cascò la mascella di fronte alla ricevuta di pagamento a favore del super stellato hotel The Westin, milleduecento solo come anticipo, ma ciò che mi bloccò un attimo fu l'estensione dei tre giorni a cinque. Qualcosa non quadrava.
Aprii l'agenda davanti, neanche a volerlo la data corrente citava il mio nome con sotto il mio numero ed altri dati personali.
Proprio aggrottando la fronte, la maniglia si abbassò, così come venne aperta la porta, scivolai sotto la scrivania.

Paul era al telefono, affari, i passi risuonavano avanti e indietro per l'ampio ufficio finché non li sentii più.
«Si, non capisco nemmeno io come si possa fare un investimento del genere...in borsa? No, assolutamente, non rischio un patrimonio intero per una teoria assurda come quella» e ripartì.

All'improvviso, però, batté la mano sulla scrivania e non vorrei incolpare le polveri, ma cercai di trattenere uno starnuto salvandomi una prima volta.
Si sedette direttamente sulla scrivania il secondo dopo e ci batté ripetutamente i piedi proprio nel punto in cui avevo la testa appoggiata e tra un massaggio sulla nuca ed un altro starnuto, ci ritrovammo inginocchiati l'uno di fronte all'altro a guardarci come se fosse la prima volta.

Non ero a disagio per niente, non un velo di spavento in caso scoprisse cosa stessi facendo, solo averlo lì davanti, il viso scavato come se non mangiasse da giorni, la barba incolta, gli occhi rossi e sgranati e quel piccolo sorriso tirato come se gli fossi mancato davvero.
«Oh Riley!»

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