Capitolo quarantadue

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Il giorno dopo ci sarebbe stata una festa per Francis, gli disse Antonio. Nel frattempo, però, il francese sarebbe rimasto nell'infermeria, sotto osservazione, e probabilmente ci sarebbe dovuto rimanere un po' comunque.
-mh. Come sta?
-bene, bene- era così contento, pensò, scrutandolo sott'ecchi. Adorabile -ora probabilmente è con Arthur. Non penso si staccheranno tanto in fretta- alzò le spalle -non che li biasimi. Farei lo stesso al loro posto.
-tu sei più appiccicoso di un rotolo di scotch ricoperto di miele.
Antonio gli fece l'occhiolino -tutto per te, mi amor.
Mia, sulle sue spalle, rise -siete buffi.
-lieto di farti ridere.
-li... lieto?
-felice. È un modo più elegante- spiegò Lovino.
-elegante- ripeté Mia, scandendo bene la parola, come a gustarsela sulla lingua -allora dirò lieto. Voglio essere elegante.
-lieta, semmai. Sei una femmina, no?
Mia annuì -sì. Lieta che tu lo sappia.
Lovino annuì, divertito -brava. Molto elegante.
Mia fece per dire qualcosa, ma si incupì quando vide la porta della mensa. Strinse leggermente qualche ciocca di capelli di Antonio per attirare la sua attenzione -posso mangiare con voi?
-certo!- prese un vassoio di cibo per Mia e glielo passò -puoi tenerlo tu? Attenta a non versarmelo addosso.
Mia si imbronciò -non sono stupida- e strinse per bene il vassoio tra le manine.
Antonio ridacchiò -lo so, niña.
-ni... nigna?
-niña- ripeté, andando verso il tavolo dove già c'erano Gilbert ed Eliza -è un nomignolo.
-no... mignolo?
-un soprannome- vedendola confusa, intervenne Lovino.
Mia aggrottò la fronte, così Antonio si sentì in dovere di spiegarsi meglio -una parola per chiamarti senza dire il tuo nome.
-uhm...
-tesoro, per esempio. O, non so...
-Lovi al posto di Lovino- aggiunse Antonio, posando sul tavolo il suo vassoio. Sollevò le mani e le posò sul busto di Mia, sollevandola per farla sedere affianco a sé. Gilbert scrutò la bambina con un sopracciglio.
-Tonio, devi dirci qualcosa?
-anche Tonio è un soprannome?- chiese la bambina, curiosa. Antonio annuì.
-esatto, brava.
Soddisfatta di sé, cominciò a mangiare.
Gilbert sbuffò -allora? C'è qualcosa che dovete dirci?
Lovino sbuffò e si sedette accanto a Mia -presentati, tesoro.
-mi chiamo Mia- bofonchiò, mangiando.
-non ti strozzare, niña, mangia piano- la rimproverò Antonio, gentilmente.
Eliza si scambiò un'occhiata con Kiku, facendo sbuffare Lovino.
-non mi piace quando confabulate tra voi- brontolò, facendo ridere Mia.
Gilbert individuò il tavolo dei bambini e scoppiò a ridere -Ludwig è sull'orlo di un esaurimento!- esclamò, divertito. Si girò verso Eliza -ti prego, liebe, se facciamo dei figli molliamoli a zio Ludwig tutti i weekend. Devo vederlo cambiare pannolini.
Eliza roteò gli occhi -stiamo insieme da meno di una settimana e già mi parli di figli? Vorrei vedere te a partorire.
L'albino alzò le spalle -sono previdente.
-sei esagerato.
-punti di vista.
Mia tirò la manica di Antonio, curiosa -anche libe è un soprannome?
-liebe? Sì.
-e che significa?
-uhm, qualcosa tipo "amore" credo. Non parlo tedesco, dovresti chiederlo a Gil.
-Gil?
-Gilbert- indicò con un cenno del mento l'amico -lui.
-oh. Nah, mi sembra stupido.
Antonio rischiò di strozzarsi. Lovino invece abbracciò la bambina, di slancio -sono così fiero di te!
Gilbert si appoggiò alla spalla della sua ragazza -umiliato da una poppante- si lamentò -liebe, consolami.
Eliza scrollò le spalle -non è che abbia tutti i torti.
Antonio per poco non si mise a piangere per le risate.

Avevano appena finito di fare l'amore.
Lovino era girato sul fianco, stanco, con Antonio alle sue spalle che ricopriva le sue spalle e il suo collo di baci. Sospirò, stringendogli la mano e percorrendo il profilo delle vene in rilievo con il pollice lentamente.
-come stai?- gli sussurrò il suo ragazzo, posando un bacio appena sotto il suo orecchio. Lovino scrollò le spalle.
-meglio di stamattina. Si vede che mi sto abituando.
Sentì il suo sorriso direttamente contro la spalla -allora lo faremo spesso, così ti abituerai più in fretra.
-sei uno sporco pervertito.
-e ti dispiace?
Lovino alzò gli occhi al cielo, senza rispondere.
Sapete, nonostante il suo allontanamento da essa e, be', il suo orientamento sessuale e le sue idee in merito, Antonio aveva ricevuto un'educazione molto cattolica. Anche se era quasi stato ucciso dal suo stesso padre per colpa anche della religione, continuava ad essere influenzato da essa. In fondo non poteva certo dimenticare quindici anni così in fretta, tanto meno se erano i primi quindici anni di vita, i più delicati.
Per questo nella sua testa, consciamente o meno, all'amore era associata una certa cosina che potete ben immaginare. Erano l'una la conseguenza dell'altra, ed è anche per quello che per lui l'amore e il sesso dovevano essere intrecciati.
E, a causa di tutte queste cose, gli venne spontaneo, lì, con l'amore della sua vita tra le braccia, dare voce a un'ipotesi che gli aveva pungolato la testa per un bel po'.
-e se ci sposassimo?
Ora. Mettetevi nei panni di Lovino, anche se in quel momento non ne indossava. Siete lì, tranquilli, in un momento così rilassante, con la pace dei sensi, sull'orlo del sonno, e vi sentite dire una cosa del genere. Potete bene immaginare la sua reazione, e sinceramente mi sembra un miracolo che non abbia sfondato il soffitto con un salto di tre metri.
Avrebbe potuto tranquillamente giurare che il suo cuore, in quel momento, avesse smesso di battere. L'ha sentito, quel bastardello, fare un salto dritto verso la sua trachea per strozzarlo e prendersi una pausa dal suo normale lavoro. L'ha sentito perfettamente cazzo.
Quando fu in grado di aprire bocca senza urlare come un'isterica, si girò verso di lui, con due occhi così sgranati che sembravano delle palline da golf -c-cosa?
Antonio, che, realizzato quel che aveva detto, aveva sentito la gola diventare simile al deserto del Sahara, si sforzò di imbastire un sorriso -be'... uhm... visto che ti amo... e tu mi ami... e ti avevo promesso ti restarti accanto quindi...
Ah, se solo avesse avuto il potere di Gilbert per poter sparire! E questo era un desiderio di entrambi, ve lo assicuro.
Lovino dovette fare uno sforzo cosciente per non distruggere tutta la stanza. Aveva la mente a mille, il cuore che continuava a fare salti stupidi, gli occhi che continuavano a distrarlo, maledetti loro e maledetto bastardo nudista, e la lingua così impastata che se avesse sputato in terra avrebbe creato un nuovo lago piuttosto disgustoso, e intanto quello lo guardava, alla ricerca disperata di una risposta che Lovino non riusciva a trovare nei meandri della sua testa bacata. E così disse la prima cosa che gli passò per la testa.
-no ma dico, ti sembra questo il modo di fare una proposta di matrimonio?
Il nervosismo dello spagnolo si sciolse, un pochettino, e scoppiò a ridere -scusa, hai ragione mi amor- lasciò cadere la testa sul cuscino e lo guardò, di nuovo nervoso -ma... cosa mi rispondi?
Bella domanda. Lovino distolse lo sguardo, mordendosi il labbro, alla ricerca disperata di qualcosa di fottutamente adatto da dire.
-non è un no- mormorò -ma non penso sia legale.
Qualcosa di vagamente sensato e articolato. Grazie ad Apollo, dio della poesia, che sembrava averlo maledetto vista la sua incapacità di parlare.
Antonio gli accarezzò il viso, lentamente, dispiaciuto -giusto... hai ragione.
Lovino si morse più forte il labbro -non so che faranno ora. Dovremmo chiederlo al nonno... ma non credo che lo renderanno legale subito. Sarebbero... tutti contrari. Più o meno- si lasciò abbracciare, e sospirò -mi dispiace.
-anche a me- mormorò Antonio, tenendoselo stretto contro il proprio petto -è che... tra il fatto che abbiamo quasi perso Francis, tutto il tempo che abbiamo passato separati e i tre giorni che hai fatto in coma, vorrei...
-una certezza- concluse Lovino -un punto fermo che non cambi.
Antonio annuì, stringendogli la mano.
Lovino rimase in silenzio per un po', cercando una soluzione. Poi si ritrovò ad annuire -però niente ci vieta di farne uno finto.
Antonio lo guardò, confuso -cosa?
-sì insomma...- perse un po' la convinzione, ma continuò a parlare -fare una sorta di... celebrazione simbolica. Ci scambiamo un paio di anelli, portiamo un paio di testimoni... legalmente non varrebbe niente, ma...
Antonio lo baciò. Appassionatamente, con impeto, mozzandogli il fiato e interrompendolo a metà. Lovino normalmente lo avrebbe insultato per averlo interrotto, ma era un po' impegnato a... sapete no... farsi divorare la faccia. Ringraziò mentalmente di essere sdraiato, perché altrimenti sarebbe sicuramente caduto, o quanto meno le gambe avrebbero cominciato a tremargli tanto da rendere impossibile per chiunque non notarlo.
Quando si decise a lasciarlo respirare, Antonio aveva un sorriso così meraviglioso che a Lovino ci volle un po' per ricordarsi di cosa diamine stessero parlando.
-adoro quest'idea.
Non l'avevo capito, guarda, gli avrebbe risposto, se solo quel bastardo non gli avesse rubato la lingua, altro che Cesare.
Aprì la bocca per parlare e balbettò qualcosa, allora la sua lingua era ancora al suo posto, solo intorpidita. Dopo qualche imbarazzantissimo borbottio, riuscì a recuperare un minimo di proprietà di linguaggio.
-p... però ho delle condizioni- forse sarei più credibile se non fossi rosso come un cazzo di pomodoro.
Antonio gli baciò il dorso della mano -tutto quello che vuoi.
Sì ma se mi dici così quando tra tutti e due abbiamo addosso solo un paio di coperte...
-primo, mi devi fare una proposta come si deve.
Antonio ridacchiò -mi sembra giusto.
-secondo, non voglio né discorsi imbarazzanti né scherzi idioti da quei due idioti dei tuoi amici.
Quello scrollò le spalle -su Gil e Fran non posso garantirti nulla, ma cercherò di non fare discorsi imbarazzanti.
-bravo- gli diede un buffetto sulla guancia -allora fammi 'sta proposta, su su.
Antonio rise e gli stampò un bacio a tradimento prima di scostare le coperte, facendolo rabbrividire per il freddo, e alzarsi in piedi. Lovino afferrò le sue mutande da terra e gliele lanciò -non dico lo smoking, ma almeno un paio di boxer...
Antonio gli fece l'occhiolino, infilandoseli -come se ti dispiacesse vedermi nudo.
-guarda che ti dico di no.
Antonio rise e si guardò intorno -uhm... ci vorrebbe un anello o qualcosa di simile...
Individuò i suoi pantaloni in un angolo della stanza e andò a prenderli, soddisfatto. Ci sfrugò dentro per un po' e sventolò in aria il suo tesoro, contento -bingo!
-che è?
-un pezzo di benda- si mise a modellarlo, concentrato, fino a tirarci fuori un piccolo anellino. Lovino si sbatté una mano in faccia.
-potevi evitare l'anello, non era quello il punto.
-una proposta non è niente senza anello!- ribatté. Era a dir poco su di giri, sembrava che qualcuno gli avesse fatto un'iniezione di zuccheri. Non che Lovino lo trovasse adorabile. Assolutamente no.
Lo spagnolo tornò affianco a lui, e l'italiano si girò di lato per guardarlo meglio, con un piccolo sorriso.
Antonio si inginocchiò, con l'anello in mano, e Lovino si mise seduto, un po' a fatica, per essere più in alto di lui.
-Lovino- cominciò, poi si corresse -Lovi. Mi amor. Insomma... tu.
-ce la puoi fare.
-gracias. Dicevo? Sì. Ti amo, lo sai, e non mi stancherò mai di ripetertelo- inspirò profondamente, cercando le parole giuste -quando siamo insieme io... mi sento come se potessi fare qualsiasi cosa, e quando mi sorridi... quando mi sorridi mi convinco sempre di più che il Paradiso esista e sia contenuto nei tuoi occhi.
Non piangere.
-e... poi ci hanno separati. Non credo di essere mai stato peggio, e non oso immaginare come sia stato tu, insieme a quelli che ti avevano fatto tanto male. Quando ti ho visto per la prima volta, male in realtà perché era buio, non pensavo che quello sarebbe stato l'incontro più importante della mia vita. Hai cambiato tutto, e il bello è che neanche te ne sei reso conto.
Non piangere.
Non devi piangere.
Sei un duro e i duri non piangono.
-solo a pensare di essere separato di nuovo da te, mi sento morire. E al tempo stesso, se immagino di svegliarmi ogni giorno al tuo fianco mi sento esplodere di gioia. So che un paio di anelli non significano questo, che la vita è incerta e potremmo anche morire tutti domani, ma è proprio per questo che voglio sposarti: per avere una certezza, un punto fermo che ci leghi anche se, malauguratamente, ci dovessimo separare di nuovo.
Non. Devo. Piangere.
Antonio abbozzò un sorriso -quindi... vuoi sposarmi?
Lovino non riusciva a parlare. Sentiva le lacrime punzecchiargli gli occhi e sapeva che, se avesse aperto bocca, sarebbe crollato, ed era molto poco romantico.
Annuì. Una volta, due, non riuscì a smettere, e quando sentì quell'anello improvvisato contro la pelle non riuscì a controllare un singhiozzò che gli sfondò le labbra e demolì completamente le sue difese, lasciandolo tremante sul letto.
-ehm... stai piangendo perché non vuoi o...?- quasi spaventato Antonio si rimise in piedi, ma Lovino gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò, tirandoselo contro, ridendo contro le sue labbra.
-lo voglio- gli sussurrò, baciandolo di nuovo -certo che lo voglio- continuò a ripeterglielo mentre le mani di Antonio toglievano di mezzo le coperte e le sue, di mani, levavano dalle palle le mutande dell'altro. Continuò a ripeterglielo, tra un sospiro e l'altro, mentre si lasciava sovrastare e toccare e cazzo, pensare che sarà così tutta la vita rende tutto più bello. Continuò a ripeterglielo mentre lasciava vagare le mani sul corpo tonico del suo... futuro cazzo di marito, e mentre il fiato gli si mozzava in gola e quei "lo voglio" diventavano più dei mugolii e dei sussurri spezzati, Lovino si sentiva bruciare da tanto amore da non sapere più cosa farne.
Poco dopo erano di nuovo lì, abbracciati sotto le coperte a coccolarsi, solo che questa volta i baci erano dati direttamente sulle labbra e c'era un cerchietto in più tra le loro mani intrecciate.
Lovino rise contro la sua spalla, colto da un pensiero improvviso in quella coltre di pace che li aveva circondati per... oh, chissene frega del tempo!
Antonio lo baciò sulla fronte -cosa ti fa ridere, mi amor?
-pensavo alla reazione delle nostre famiglie- rise di nuovo, contro le sue labbra però -Feli uscirà di testa. Mi sembra quasi di sentirlo strillare.
Antonio impallidì -forse avrei dovuto chiedere al tuo abuelito prima- rifletté, stringendolo. Sospirò -mi è uscito spontaneo- brontolò, spettinandosi i capelli, come se non fossero già un disastro per conto loro -non è che avrà qualcosa in contrario?
Lovino sbuffò una risata tirandoselo contro per baciarlo, con le mani sulle sue guance -sticazzi del vecchio. Tu sarai mio marito- suonava bene. Lo baciò di nuovo, sorridendo -mio marito. Tu sarai mio marito- si sentiva un disco rotto, ma non importava. Importava il modo in cui lo stava guardando Antonio, con un'aria così adorante e innamorata da fargli girare la testa. Lo baciò ancora -mio marito. Suona bene, no? Penso che posso abituarmi a chiamarti così.
Antonio gli baciò il palmo della mano, poi l'anello, e annuì -anch'io- lo baciò sulle labbra, salendogli sopra e posando la fronte sulla sua -non vedo l'ora di abituarmici.
Lovino, con le guance leggermente rosse, fece per dire qualcosa, ma un lieve bussare lo interruppe. Aggrottò la fronte e si girò verso l'orologio sul comodino -è l'una di notte. Chi può essere?
Antonio, che aveva ripreso a baciargli il collo, scrollò le spalle, soffiando sul succhiotto appena fatto con aria soddisfatta. Lovino inarcò leggermente la schiena per la sorpresa -lascia perdere. Se ne andranno.
-potrebbe essere importante...- protestò debolmente, lasciandosi baciare sulle labbra. Stronzo, lasciami parlare.
Un altro bussare, un po' più forte, fece sbuffare Antonio di frustrazione. Lovino ridacchiò, accarezzandogli la guancia.
-prima vai a vedere chi è, prima se ne andranno- gli sussurrò sulle labbra -e prima potremo tornare a noi due...
Mai aveva visto qualcuno alzarsi così in fretta. Scoppiò a ridere, lanciandogli dietro il primo indumento che gli capitò sottomano, le solite mutande che ormai erano diventate aereodinamiche -vestiti, nudista!
Altro bussare, decisamente scontroso. Antonio roteò gli occhi -un minuto!- disse allo scocciatore.
Si vestì in fretta con le prime cose che gli capitarono sotto mano, e Lovino ne approfittò per mettersi il suo pigiama, tanto da essere presentabile.
Fuori dalla porta non c'era nessuno. Poi Antonio abbassò lo sguardo e aggrottò la fronte -Mia?
-Mia?- Lovino a quel nome si alzò di scatto dal letto e raggiunse di corsa la bambina, inginocchiandosi davanti a lei per essere alla sua altezza -che succede, piccola? Gli altri bambini ti rompono le scatole? Devo picchiarli?
La bambina, con Cesare (uff) affianco e un orsacchiotto tra le braccia, scosse la testa -dormono tutti. Posso entrare?
-certo- Lovino le fece spazio, lasciandola andare verso il letto. Afferrò il braccio di Antonio, mimandogli con le labbra un -hai messo via i preservativi, vero?
Antonio annuì, indicando con un cenno del mento il comodino. L'italiano sembrò soddisfatto e raggiunse la bambina, aiutandola a salire sul letto e sedendosi a gambe incrociate davanti a lei.
-allora? Che è successo?- Antonio li raggiunse, sistemandosi affianco al suo fidanzato. Mia sembrò imbarazzata.
-non riuscivo a dormire...
-hai fatto un incubo?
Lei scosse la testa -no, non è quello. Solo... posso dormire qui?
-certo piccola.
Anche Antonio annuì -vuoi che Lovi ti racconti una storia?
Mia sembrò pensarci, poi annuì -sì. Quella che ci hanno raccontato prima era brutta.
Lovino ridacchiò, sdraiandosi accanto a lei nel letto -che storia era?
-Biancaneve. Era noiosa e stupida- si infilò sotto le coperte, con il suo orsetto tra le braccia, e Cesare si acciambellò sul suo grembo e si mise a dormire. Povera bestiolina, trascinata da una parte all'altra.
-perché?
Mia si imbronciò -Biancaneve è stupida. Si fida della gente a caso e non fa nulla per ritrovarsi il principe. Sfrutta i poveri nani per nascondersi invece di fare qualcosa.
Antonio rise sistemandosi affianco alla piccola, dal lato opposto di Lovino -era troppo passiva?
Mia annuì -passiva- sillabò.
-allora ho una storia che ti piacerà- annunciò l'italiano, appoggiandosi alla testiera del letto. Sia Antonio che Mia si girarono sul fianco per osservarlo, con la stessa espressione curiosa. Si concesse un piccolo sorriso -parla di una ragazza che tutto era tranne che passiva.
-la leggi da un libro?- chiese Mia -posso leggere io?
-no, non è raccontata in nessun libro, ma questa ragazza è molto speciale, sai? Non ha poteri speciali, non parla con gli animali né crea veleni, è una semplice ragazza come te- Antonio le fece un leggero solletico sullo stomaco, facendola ridere -o come quella che sarai. Aveva tanti fratelli e voleva giocare con loro a calcio o con i soldatini, ma suo padre le ripeteva: no, non puoi giocare a quello a cui giocano loro.
-perché?- chiese Mia, con la fronte aggrottata.
-è esattamente quello che chiedeva lei. E il padre le rispondeva: perché sei una femmina.
-ma è stupido.
-ed è quello che pensava lei- confermò -a lei piacevano i vestiti da maschio e i giochi da maschio, ma suo padre non voleva. Mano a mano che cresceva, poi, la situazione peggiorava, perché suo padre voleva a tutti i costi che sposasse qualcuno e ci facesse dei figli, anche se a lei non interessava.
-quindi non devo volere dei figli?
-no, tesoro. Sei liberissima di volerli o non volerli. Però suo padre voleva costringerla ad averne, capisci? È come se io ti costringessi a giocare a calcio. Magari ti piace anche, ma se ti costringo non è una cosa bella, non credi?
Mia sembrò pensarci qualche secondo, poi annuì -sì, penso di sì.
-comunque questa ragazza era stanca di dare retta al padre, non ce la faceva più.
Mia aveva gli occhi luminosi -e cosa ha fatto?- chiese, curiosissima.
Lovino trattenne un sorriso -è scappata.
-scappata?
-scappata, con un suo amico. Quando è diventato troppo ha preso e se n'è andata. E, per strada, ha incontrato un ragazzetto pelle e ossa con cui ha fatto amicizia, e che l'ha portata in un bel posto dove l'hanno accolta e accettata per quella che era.
-oooh. E anch'io andrò in un posto dove mi accetteranno per quel che sono?
-ci sei già, niña- le rispose Antonio, con un braccio intorno alla sua vita. Le fece una pernacchia sul collo, facendola ridere, e prese a farle il solletico.
Lovino roteò gli occhi, divertito -stavo dicendo- li richiamò, e i due tacquero per ascoltare la sua storia -che fece amicizia con questo ragazzetto. I due crebbero, la ragazza divenne una donna e il regazzino un uomo, e in questo lasso di tempo si erano innamorati l'uno dell'altro.
Mia sbadigliò, appoggiandosi meglio al cuscino. Con un sorriso dolce, Antonio le rimboccò le coperte mentre Lovino continuava la sua storia.
-dovettero affrontare tante, tante difficoltà, ma alla fine si confessarono il reciproco amore.
-re... ciproco?- chiese Mia, con gli occhi semichiusi.
-te lo spiego domani, mh?- le stampò un bacio sulla fronte -ora dormi.
-e come finisce?
Abbozzò un sorriso -domani glielo chiedi, va bene? Te li presento?
-uhm...- chiuse definitivamente gli occhi, mugugnando un -va bene...- e si girò sul fianco, abbracciando Cesare.
Per un po' rimasero in silenzio, attenti a non svegliarla. Fu Antonio a parlare, prendendo la mano all'altro ragazzo.
-è carinissima- mormorò, osservando la sua reazione. Lovino annuì, accarezzandole i capelli. Espirò profondamente -vado un attimo in bagno- non aspettò la sua risposta; si alzò e si fiondò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Scivolò, lentamente, contro la porta, e con le mani fece in modo di vedere nient'altro che buio.
Sospirò. Troppe cose belle tutte insieme, non era abituato. Allontanò una mano dal viso per osservare l'anellino al suo dito, arrossendo.
Ci sposeremo. Sul serio.
Nascose il viso contro le ginocchia, con le guance bollenti.
Tutta la vita...

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