Capitolo ventinove

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Buonsalve miei cari amici! Come va? Questo è un capitolo abbastanza corto e di transizione, ve lo dico, ma spero vi piaccia!
(Tanto per la cronaca, sto scrivendo l'epilogo di questa storia. Sta venendo una cosa abnorme, mi sa che dovrò dividerlo in più parti. COMUNQUE. Vi lascio alla storia)

-non posso.
-non è che non puoi. Devi.
-devo stare accanto a Francis. Questa è l'unica cosa che devo fare.
Romolo sospirò, stanco -senti, lo so che sei preoccupato e che vuoi stargli accanto più tempo possibile, lo capisco. Ma vuoi davvero che anni e anni di lotta, anche da parte sua, finiscano nel cesso per questo? Ci servi.
-perché? Se avete bisogno di qualcuno bravo a menare le mani mandate Eliza. O Gilbert. O chiunque altro.
-loro due vanno già. Lovino ha chiesto esplicitamente di te, ha detto che gli serve il tuo potere.
-una memoria fotografica perfetta? A che cazzo gli serve?
Romolo allargò le braccia, con aria sconfitta -ne so quanto te. Questo mi ha scritto. Ambasciator non porta pena. Mi ha detto di fidarmi e ci sto provando, e non sai quanto sia difficile per me non poter fare nient'altro che sperare.
-mi dispiace, davvero. Ma non...
-senti, parlane con Francis, va bene? Poi mi dici.
Arthur sospirò -e va bene. Ma lo faccio solo per quello che hai fatto per noi, e perché non ho voglia di subirmi una scenata di Francis perché "non ascolto la sua opinione".
Romolo abbozzò un sorriso -bravo, ragazzo- gli diede una pacca paterna sulle spalle e poi se ne andò, con le spalle chine per la stanchezza. Arthur si prese qualche secondo per osservare la sua figura, e in quel momento si rese conto di quanto Romolo fosse vecchio. Poi si girò e rientrò nell'infermeria.
Non appena ebbe rimesso piede nella stanza di Francis, qualcosa lo colpì dritto in faccia -ahia. Ma cosa...
-se mandi tutto a puttane per me, giuro che ti strappo i coglioni con le mie mani- chiarì Francis, con un altro cuscino in mano, pronto a lanciarglielo.
-lo faccio per te- si difese, avvicinandosi al letto. Francis sembrò prendere la mira.
-no. Lo fai per te, perché non vuoi rimpianti- continuando a guardarlo ostinatamente negli occhi, si rivolse ai due ragazzini -mes petits, potreste lasciarci soli due minuti?
Quando Alfred e un Matthew più pallido del solito furono usciti, tornò a parlare
-hai sentito cosa ha fatto mon petit Matieu. Sai benissimo quanta fatica gli è costato. Non ti permetterò di rendere vano tutto quanto usandomi come scusa.
Arthur esitò -ma...
-ma niente- posò il cuscino e allungò la mano per accarezzargli il viso. Arthur chiuse gli occhi, rilassandosi al suo tocco e godendosi le sue dita morbide sulle guance -vai. Fallo per me, mon cher. E per Matieu. E per Alfred. E per tutti quanti.
L'inglese sbuffò, stringendogli la mano -va bene, darling. Ma poi non dire che ti trascuro.
Francis sorrise, posandogli il pollice sulle labbra -non lo farò, ma solo per questa volta. Non sei mica autorizzato a trascurarmi, eh!- Arthur gli baciò il dito -ora tu mi bacerai. Poi andrai da Romolo, gli chiederai scusa per averlo fatto aspettare e poi gli dirai che vai con loro e farai quel che dovrai fare.
Arthur annuì, con un sorriso ironico -okay, my sweet drama queen.
Francis fece una smorfia infastidita -sai che non parlo quella lingua da bifolchi.
-e tu sai che non capisco quella lingua da fighette che è il francese, ma la usi comunque.
-dettagli. Io posso.
-as you want, my sweet lady, queen of my whole life and heart.
Francis lo guardò male -non sono una lady.
-quindi mi capisci.
-no- roteò gli occhi -ma lady e lord so cosa significa. E sono un maschio, grazie tante.
-davvero? A volte non mi sembra proprio- rise alla sua occhiataccia -sorry, my one and only love- si chinò a baciarlo, dolcemente. Il francese gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé, ed entrambi cercarono di memorizzare il più possibile quella sensazione di pace che gli dava l'altro.
-je suis désolé, mon doux amour- sussurrò, abbracciandolo -même di je suis parti, tu vas me manquer.
-non ti capisco- mormorò Arthur contro i suoi capelli, che profumavano di limone e lavanda.
-lo so. Non voglio che tu capisca.
Arthur sospirò -dai, dimmi che cosa hai detto.
Francis ridacchiò e lo baciò sulla guancia -torna da me e te lo dirò, mon lapin.
Arthur roteò gli occhi -va bene, you fucking lovely idiot- lo baciò, e per qualche secondo tutto fu perfetto. Poi il francese lo allontanò da sé, con dolcezza e un sorriso un po' triste.
-ora v...
-non ti ho mai raccontato di Allistor- lo interruppe Arthur, che non voleva andarsene. Tanto l'attacco sarebbe stato qualche ora dopo, no? Tossicchiò -mio... mio fratello maggiore.
Francis gli accarezzò la guancia -perché ora vuoi?
-perché potrebbe essere l'ultima volta che ti vedo- rispose, secco -sarò egoista, ma non voglio rimpianti né segreti.
Il viso di Francis si addolcì. Lo baciò sulla fronte -va bene, mon cher. Raccontami tutto quello che vuoi.
Arthur inspirò profondamente. In realtà non aveva intenzione di raccontargli nulla, ma ormai aveva parlato e doveva finire. Da dove cominciare? Espirò una risata -io e Allistor... ci odiavamo. Da fratelli, ma ci odiavamo- gli strinse la mano, concentrandosi sugli intrecci delle sue vene azzurrognole sulla sua pelle chiara -lui... faceva sempre lo sbruffone, e diceva di essere migliore di me, e forse lo era davvero, e io odiavo il fatto che potesse stare alzato fino a tardi mentre io no, e odiavo che si atteggiasse come se fosse migliore di me, ma allo stesso tempo era il mio eroe.
-mi ricordate tu e Alfred- commentò Francis, con un sorriso. Arthur sbuffò una risata.
-io non sono l'eroe di nessuno, tanto meno di Alfred. Lui è l'eroe di sé stesso.
-io non ne sarei così sicuro.
-comunque, nostra madre era sola. Noi eravamo tutti figli di padri diversi...
-e questo spiega tante cose.
-...perché nostra madre aveva la tendenza a innamorarsi intensamente per poi lasciare perdere in fretta. Ho altri fratelli, in realtà, ma sono andati per la loro strada. Quando lei morì, Allistor, che era il più grande, decise di prendersi cura di noi tre, che all'epoca che eravamo bambini. Questo lo rese ancora di più un eroe ai miei occhi, ma al tempo stesso odiavo che si sforzasse così tanto per darci da mangiare e che rifiutasse ogni tipo di aiuto. Non so dove trovasse i soldi, un po' rubava e un po' faceva dei lavori che non so quanto fossero legali, fatto sta che andammo avanti un bel po', finché la situazione non divenne insostenibile. E lui, per sfamarci, dovette arruolarsi nell'esercito. Sai, hanno degli stipendi abbastanza buoni i soldati, e considerando che hai vitto e alloggio gratis la maggior parte dei soldi di solito li mandano alla famiglia, e così fece lui- non se n'era accorto, ma si era messo a sorridere, ripensando ai vecchi tempi -era riuscito a procurarci un piccolissimo monolocale per noi tre, e io rimasi lì per anni a crescere quelle due pesti. E poi...- si incupì -qualche anno fa, Alfred manifestò il suo potere, e lo stesso fece Matthew. Io sapevo già del mio, ma era semplice da nascondere. I loro... meno. Erano bambini, non sapevano che fare, e così siamo stati costretti a scappare per proteggerci, fino ad arrivare qui. Ma Allistor...- gli morì la voce. Francis gli accarezzò i capelli -lui... lo condannarono a morte pensando fosse coinvolto. Non c'entrava niente, ma lo uccisero uguale. Non penso neanche che avesse un potere, o se lo aveva lo teneva ben nascosto. E l'unico motivo per cui lo so è perché lo lessi su un giornale. La Restaurazione ne fece un elemento di propanganda, sai no... punisci uno, esempio per tutti, una cosa così. Disse che Allistor nascondeva delle persone dotate di poteri terribili, che erano state uccise, e che lui stesso stava tramando per abbattere lo stato. Tutte stronzate. Ad Allistor bastava un tetto sopra la testa e una fiaschetta di whisky per essere felice, altro che governi da abbattere- ormai stava sussurrando, a testa bassa -è morto pensando che ci avessero ucciso... è morto solo, lì, per colpa nostra- una lacrima, solitaria, gli corse lungo la guancia -per colpa mia.
Francis gli strinse la mano e allargò le braccia, invitandolo ad un abbraccio che l'inglese non rifiutò. Gli diede qualche pacca sulla spalla, stringendolo forte.
-sai...- sussurrò -non penso che abbia veramente creduto alla vostra morte. Secondo me lo sa che siete vivi. Ed è fiero di te- gli accarezzò i capelli, baciandolo sulla testa -è molto fiero di voi...
Arthur si allontanò da lui, asciugandosi distrattamente gli occhi -adesso vado.
-va bene, mon amour- gli accarezzò la guancia -torna da me.
Lo osservò uscire, e si sforzò di sorridere, per dargli un'ultima bell'immagine di sé. Poi, rimasto solo, sospirò, con lo sguardo puntato sulla flebo.
Chissà se lo avrebbe rivisto prima della fine.

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