Capitolo dieci

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Okay, starete pensando. Ci avevi promesso che le cose si sarebbero fatte traumatiche. Quei due hanno litigato, ci hai raccontato una back story abbastanza pesante, ma ora le cose si sono risolte. Ci hai già dato la nostra dose di sofferenza, giusto?
Miei dolci, ingenui lettori...
I veri traumi cominceranno nella seconda parte, nel secondo blocco narrativo per usare tecnicismi, che, non preoccupatevi, comincerà tra poco. Per ora ci siamo andati leggeri. Ma senza spoilerarvi o inquietarvi oltre, torno a raccontarvi la nostra storia, che spero stia soddisfando le vostre aspettative.
I casini ripresero cinque mesi dopo, e la colpa fu tutta di Lovino.
In questo periodo di tempo, il ragazzo non solo era riuscito ad imparare a controllare il suo potere anche sulle persone, ma stava anche imparando a proiettarlo. La prima volta che ci aveva provato, invece di distruggere alcuni cocci di un piatto rotto aveva provocato un piccolo terremoto, ma con un po' di pratica aveva imparato. Da qualche giorno, poi, Antonio aveva inventato un nuovo esercizio: lanciava in aria qualcosa e Lovino doveva distruggerlo. Era un esercizio difficile, doveva concentrarsi al massimo su un oggetto in movimento, ma se ci fosse riuscito sarebbe stata una figata, per usare le parole del suo ragazzo. Con lui le cose andavano a gonfie vele, a parte qualche piccolo litigio ogni tanto, ma niente che non si risolvesse in fretta.
Facciamo un passo indietro. Vi ho detto che aveva definitivamente imparato a controllarsi, e che anzi ormai gli veniva facile come accendere e spegnere la luce, vero? Ecco. Potete quindi ben immaginare che, una volta sicuro al duecento percento di esserne capace, finalmente si concesse di avere contatti con persone che non fossero Antonio. E tra queste persone, ovviamente, c'erano suo nonno e Feliciano.
Ora. Dopo quello successo anni prima, Lovino andava comprensibilmente nel panico all'idea di toccare suo fratello, motivo per cui continuò a rimandare fino a essere assolutamente e completamente sicuro che non gli avrebbe fatto male, e comunque era ancora nervoso.
Feliciano invece non vedeva l'ora. Quando finalmente arrivò il momento, saltellava impaziente come un bambino.
-okay...- Lovino inspirò profondamente e allargò le braccia -proviamoci.
Il fratellino sorrise e si fiondò ad abbracciarlo, allacciando le braccia intorno al suo busto e poggiando la testa sulla sua spalla, con il viso che gli sfiorava il collo. Lovino istintivamente si irrigidì, ma cercò di non correre via urlando -tutto... tutto okay?- il suo era appena un sussurro. Aveva una paura fottuta della risposta, positiva o negativa che fosse.
Feliciano annuì -sto bene, fratellone. Va tutto bene.
Va tutto bene. Non poteva essere vero. Lovino rimase immobile per un po', pronto ad allontanarsi al minimo cenno di dolore del più piccolo. E invece niente. Andava veramente tutto bene.
Lentamente e ostinatamente, una lacrima gli corse lungo la guancia, seguita da un'altra e un'altra ancora. Lovino scoppiò definitivamente a piangere, stringendo forte il suo fratellino e nascondendosi contro la sua spalla. Andava tutto bene. Andava tutto bene. Andava tutto bene.
Feliciano rise, al massimo della gioia -ce l'hai fatta, fratellone!
Romolo, che aveva osservato la scena appoggiato alla scrivania del suo studio, sorrise e si unì all'abbraccio, stritolando i due nipoti. Ah, e Cesare si teletrasportò sulla testa del suo padrone preferito, tanto per mettere in chiaro che anche lui era parte della famiglia Vargas.
Che bel quadretto!
Stava andando tutto così bene che ovviamente non poteva durare. Lovino non ci credeva. Qualcosa doveva capitare. Qualche tragedia, qualche intoppo, qualche imprevisto. La vita non lo avrebbe lasciato stare così presto.
E infatti capitò. A dirla tutta, la colpa fu anche di Ludwig.
Erano a cena, parlando del più e del meno. Si rideva, si scherzava e si mangiava. Tutto nella norma. Gilbert aveva fatto una battuta sulla prigionia di Lovino, ed ecco la domanda del piccolo, si fa per dire, crucco, che scatenò il putiferio.
-c'è una cosa che non capisco. Senza offesa, ma non capisco perché ti abbiano lasciato vivo.
-in che senso?
-cioé...- sembrava imbarazzato, con gli occhi di tutti puntati addosso -hai detto che ti hanno fatto degli esperimenti, anche se non li ricordi con esattezza, e poi ti hanno lasciato nella cella, fino a quando Antonio, mio fratello e Francis non ti hanno fatto uscire.
-esatto.
-quello che non capisco è: una volta capito quello che dovevano capire, perché non ti hanno semplicemente ucciso? È strano. Di solito la Restaurazione usa quel che deve usare e poi se ne sbarazza. È da un po' che ci penso, ma continuo a non capirlo.
Lovino aggrottò la fronte. Già, perché? Non ci si era mai soffermato, però un motivo doveva ess...
Si alzò di scatto, rovesciando il suo piatto. La sua mente continuava a lavorare, ragionando a una velocità vorticosa.
-devo parlare con il nonno- disse solo, e poi corse via. Perché non lo avevano ucciso? Avrebbero potuto, sarebbe bastato drogarlo come facevano di solito e piantargli una pallottola in testa, o avvelenargli il cibo, o non dargliene proprio e lasciarlo morire di fame. Di modi ne avevano. Non avevano più bisogno di lui, altrimenti non avrebbero smesso di fare esperimenti.
Ma avevano davvero smesso?
Oppure anche la cella era un esperimento? Forse gli avevano dato un compagno di stanza solo per vedere le sue reazioni, se lo avrebbe ucciso o no. Di sicuro c'era almeno una telecamera, probabilmente decine, per controllarlo, per studiare i suoi movimenti e i suoi sforzi, e per controllare come una compagnia lo avrebbe cambiato. Se aveva ragione, sapevano anche loro che Antonio poteva toccarlo... allora si erano messi a studiare anche lui, ma proprio quando la faccenda si era fatta interessante, erano scappati. Probabilmente avevano visto in faccia Gilbert e Francis, e di sicuro avevano sentito la loro conversazione. Cosa si erano detti? Bah, ci avrebbe pensato dopo, l'importante era una nuova informazione che lentamente si stava facendo strada nella sua testa.
La Restaurazione aveva ancora un disperato bisogno di lui.
Non avevano finito con lui, oh no, anzi. Il loro studio si era appena ampliato, di almeno due volte, visto che qualcuno poteva toccarlo.
Ed ecco che finalmente intravedeva un piano per distruggerli alla radice.
Doveva assolutamente parlarne con il nonno.

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