Capitolo tre

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Di nuovo, avevo voglia di aggiornare. E cominciando la scuola mercoledì non so se riuscirò ad aggiornare quel giorno.
Prendete questo capitolo come un augurio per l'inizio della scuola.

Gli ci vollero diversi minuti, ma alla fine riuscì ad allontanarsi da quell'abbraccio. Antonio sorrideva come sempre, ma aveva una luce strana negli occhi. Gli scostò una ciocca di capelli dal viso, sistemandogliela dietro l'orecchio.
-ecco- annuì, soddisfatto -è tutto il giorno che ce l'avevi messa male.
-potevi dirmelo- replicò piano, a bassa voce.
Antonio alzò le spalle -volevo farlo io.
Lovino si ritrovò ad arrossire. Quello era un gesto... intimo in qualche modo. Si schiarì la voce e decise di cambiare argomento, prima che la situazione diventasse imbarazzante.
-d-dovrei tornare dal nonno e da Feli... saranno preoccupati.
Antonio annuì e si alzò -ti accompagno- gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi. Lovino esitò, ma per una volta decise che sì, poteva accettarla. Gliela prese e, una volta in piedi, ci mise un po' a ritornare saldo sulle sue gambe.
-tutto bene?
-sì, certo. Andiamo?
Non si sarebbe mai orientato in quel posto, ne era sicuro. Troppi corridoi tutti uguali, troppe porte identiche.
Raggiunta la porta dello studio del nonno, Lovino sentì suo fratello parlare attraverso la porta socchiusa.
-dobbiamo andare a cercarlo, ve! Potrebbe perdersi o sentirsi male e...
-calmati- il tono del nonno era fermo -gli è andato dietro Antonio, lo terrà d'occhio lui.
-dovevamo andare con lui!
-no. Vederci potrebbe farlo peggiorare. Aspettiamo che torni da solo, con i suoi tempi.
-ma...
-lo so che hai buone intenzioni- la sua voce era più dolce adesso, rassicurante -ma devi essere paziente. Sono preoccupato anche io, ma potremmo peggiorare la situazione.
In quel momento, Lovino si decise a bussare. Gli aprì Feliciano, che gli sorrise e fece per abbracciarlo, bloccandosi a metà strada con una smorfia abbattuta e arretrando in fretta. Il maggiore dei due fratelli entrò nello studio, seguito da Antonio.
-scusate per...- tossicchiò -per prima.
-non c'è problema- lo rassicurò il nonno con tono gentile -ora stai meglio?- Lovino annuì -bene. Vuoi andare a riposare per un po'?- scosse la testa -okay. Grazie Antonio, ora puoi andare.
-ehm... veramente...- lo spagnolo lanciò un'occhiata al suo ex compagno di cella, chiedendogli in silenzio il permesso. Lovino annuì -abbiamo, uhm, scoperto una cosa.
-riesco a toccarlo senza ucciderlo.
Feliciano sgranò gli occhi, ma Romolo annuì come se se lo aspettasse.
-ci speravo.
Antonio lo guardò incuriosito -è per questo che hai mandato me in missione?
-per questo e perché eri uno dei pochi volontari.
Lovino sentì il cuore battere più forte. Antonio si era offerto volontario, non lo avevano costretto... per quale fottutissimo motivo la cosa lo rendeva così felice?
-ve, aspettate, non sto capendo.
Antonio glielo spiegò brevemente. Feliciano aggrottò la fronte.
-ve, non è che il fratellone ha solo imparato a controllarlo?
Lovino scosse la testa -magari.
-proviamo.
-neanche per sogno.
-dai, fratellone. Solo un secondo, con la punta delle dita.
-no. Non metterò a rischio nessuno per un esperimento idiota che so già che fallirà in partenza.
-piuttosto- intervenne Romolo -potresti approfittarne per allenarti con le persone. Tanto Antonio non sente nulla, no?
-n-non lo so- sembrava troppo. Se avesse funzionato, avrebbe potuto vivere come una persona normale. Abbracciare la sua famiglia, stare con altre persone senza la costante paura di ferirli o peggio... sembrava chiedere troppo -se lui vuole...
-certo- rispose Antonio, un po' troppo in fretta. Sembrava un bambino di fronte a un negozio di caramelle. Feliciano aveva la stessa espressione.
-bene. Domani ne riparliamo, ora è tardi. Si cena alle otto e mezza. Feliciano, puoi accompagnare tuo fratello in camera sua? Devo parlare un attimo con Antonio.
-certo!- trotterellò fuori, contento. Lovino lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle.
-allora...- artigliò l'aria con le mani, cercando qualcosa da dire -che mi dici? Com'è la vita qui?
-ve, niente di che. Ognuno ha un compito da svolgere. Alcuni, come Antonio, Gilbert e Francis, escono per andare a derubare dei magazzini della Restaurazione per procurarsi provviste eccetera eccetera- sembrava amareggiato.
Il maggiore abbozzò un sorriso -vorresti andarci anche tu, vero?
-ve sì, ma il nonno non me lo lascia fare. Anche perché possono andarci solo i maggiorenni.
-quindi che fai?
Feliciano gemette frustrato -le pulizie.
Lovino trattenne una risata -be', ti rendi utile.
-ve sì, ma vorrei fare qualcosa di più...- si mise a gesticolare -figo, emozionante...
-e, uhm, hai un potere anche tu, no?
Feliciano annuì e tornò a sorridere -posso creare qualcosa solo disegnandolo.
-che figata.
-lo so! Ve ve, qualche giorno fa ho disegnato un gattino e quello è uscito dal foglio, anche se era a 2D e sembrava solo che lo avessi ritagliato. Si è mosso! Mi ha annusato un po', mi ha dato un bacino ed è tornato sul foglio.
Lovino era a bocca aperta -cioé tu hai... creato la vita?
Feliciano aggrottò la fronte -credo di sì. Però è molto faticoso e devo disegnare quel qualcosa nei minimi particolari. Sto ancora imparando a usarlo.
-potenzialmente potresti fare qualsiasi cosa, te ne rendi conto? Potresti procurare cibo per tutti qui dentro, e anche l'acqua e...
-ci ho provato, ve, ma sa di cartone e non sfama per niente.
-oh. Be' però tutto il resto lo puoi creare. I vestiti, le armi...
-ve sì, ma è molto faticoso. Ora come ora per creare un oggetto mi ci vogliono diversi giorni, e dopo averlo finito mi viene un gran sonno e dormo per tutto il giorno successivo.
-ah... capisco.
Feliciano si morse il labbro -ve, però... a volte ho dei picchi di energia improvvisi e... e succedono cose strane. Tutto ciò che penso diventa reale e più cerco di non pensare a nulla più continuano a spuntare cose e... iniziano a vorticarmi intorno finché non svengo, e quando mi sveglio... puff. Tutto sparito. Forse sono solo sogni, non lo so, di solito quando succede sono solo.
-mh... il nonno lo sa?
Scosse la testa -no, ve, ha già troppe cose per la testa.
-lo sa qualcun altro?
-solo Luddi e Kiku.
-chi?
-Luddi è il ragazzo biondo che ti ha accolto qui.
-il crucco?
-lui. E Kiku è un nostro amico, magari a cena te lo faccio conoscere.
-mh. Quindi lo sanno solo questi due- stava cominciando a preoccuparsi. Non aveva la minima idea di cosa fossero quegli attacchi, e non sapere lo innervosiva -e... hanno visto uno di questi momenti?
-no. Ve, fino a ora è successo sempre mentre ero da solo. È capitato... non so, quattro o cinque volte, ma è solo da un anno che succede. La prima volta ero spaventatissimo!
-okay... l'ultima volta quando è successo?
-tre giorni fa, dopo che ho creato quel micetto. L'ultima volta era stata due mesi prima.
-sono regolari?
-no.
-mh... non so che dirti- ammise, imbarazzato.
-non importa, ve. Volevo solo parlartene- gli sorrise e Lovino si trattenne a stento dal spettinargli i capelli, come faceva quando erano piccoli. Poi Feliciano gli rivolse un sorriso malizioso -quindi... Antonio ti può toccare ve?
Per qualche assurdo motivo si sentì arrossire -sì. Quindi?
-quindi... che avete combinato? A me lo puoi dire, ve, non sono il nonno, non castrerò il tuo ragazzo.
A quel punto Lovino era logicamente rosso come un pomodoro troppo maturo -ma che cazzo dici?! Ti sei fumato il cervello? Non stiamo insieme!
-oh... non pensavo fossi il tipo da rapporti occ...
-neanche quello! Ma che ti salta in mente? Siamo solo amici.
-ah...- rimase in silenzio per un po', dando il tempo al fratello di ritornare a un colorito normale. Poi parlò di nuovo -peccato, sareste una bella coppia.
E Lovino rinunciò a mantenere il sangue lontano dalla faccia -Feli ma che cazzo dici?!
Quello ebbe la faccia tosta di scoppiare a ridere -ve, stavo scherzando! Dovevi vedere la tua faccia, fratellone, sembrava ti avessero messo davanti un topo morto.
-sei un idiota. Stare senza di me ti ha fatto male.
Rise di nuovo, poi si fermò davanti alla porta della camera di Lovino -siamo arrivati.
-oh. Okay- rimasero fermi lì per un po', a disagio -dov'è che si mangia? Lì?- indicò con un cenno del capo la porta della cucina. Feliciano scosse la testa.
-no, lì cucinano e basta. La mensa è di lì- indicò un corridoio più là -poi devi girare a destra, andare avanti e alla seconda porta girare a sinistra.
-eh?
Feliciano rise -ti vengo a prendere?
-meglio. Questo posto è un labirinto.
-dopo un po' impari a orientarti.
-se lo dici tu.
Feliciano sembrò ricordarsi all'improvviso di qualcosa -ve, devo andare! A dopo fratellone- e corse via.
Lovino scosse la testa divertito e si chiuse nella sua stanza. Controllò l'ora e, visto che mancava poco più di mezz'ora alla cena, decise di dare un'occhiata alla sua nuova libreria. La Restaurazione aveva abolito la maggior parte dei libri, ma erano facili da trovare di contrabbando. Era evidente che quelli fossero stati scelti o da Feliciano o da Romolo, solo loro due potevano conoscerlo così bene da indovinare tutti quei titoli. C'erano al massimo una decina di libri, ma erano tutti autori che da ragazzino aveva amato, più altri che probabilmente avrebbe apprezzato. Annuì soddisfatto, ma quando si mise a leggerne uno si rese conto che non era decisamente nell'umore. Si distraeva di continuo e perdeva il filo ogni due secondi, quindi ci rinunciò e si sdraiò sul letto per riposarsi un po'. Sorrise divertito ripensando alle lezioni di suo nonno per insegnare a lui e a Feliciano a leggere e a scrivere, perché le maestre della scuola fatiscente dove andavano erano, a suo dire, delle incapaci, e tutti i torti non li aveva. Quando era in gabbia, per non dimenticare come si faceva, con il dito incideva delle frasi a caso sul pavimento e sulle pareti e le rileggeva quando c'era abbastanza luce. Ad Antonio si era giustificato dicendo che quelle scritte erano già lì quando era arrivato, ma in realtà quel trucchetto gli era servito parecchio. Come prima cosa aveva inciso tutte le lettere, poi i numeri, compresi quelli romani. Non era stato difficile con il potere che si ritrovava, e lo aveva aiutato anche a controllarlo meglio. Poi aveva cominciato a scrivere frasi e discorsi. Quando era arrivato Antonio aveva dovuto smettere, ma spesso rileggeva qualcosa cercando di non farsi notare. Certo era che con un compagno di cella aveva avuto meno bisogno di distrazioni. Quando era da solo cercava continuamente di trovare dei passatempi per tenersi impegnato: scrivere, ripetere a memoria qualcosa che ricordava, come canzoni o passi di libri, fare discorsi ad alta voce, usare i vestiti vecchi per creare degli affari non ben definiti... se non lo avesse fatto, di sicuro sarebbe impazzito. Con qualcuno con cui parlare, invece, era stato tutto più semplice. Certo, Antonio spesso era un idiota con la I maiuscola, ma tutto sommato era sopportabile, e dopo anni di solitudine anche un cane sarebbe stato un miracolo. Dopo appena due mesi, Lovino si sentiva come se lo conoscesse da una vita. Ripensò all'uscita di Feliciano, "sareste una bella coppia", e si sentì arrossire. Che stronzata. Si ricordò all'improvviso della domanda del mangialumache, "ti piacciono i ragazzi?", e se lo chiese sul serio. Insomma, di solito certe cose si capivano durante l'adolescenza, ma lui non ne aveva mai avuta una vera e propria. Se lo era chiesto durante la prigionia, ma aveva sempre accantonato quelle domande in un angolino della sua testa con un "tanto morirò qui dentro, quindi sticazzi", ma per una volta decise di non farlo. Ormai era fuori, forse avrebbe potuto avere una vita... normale, quindi valeva la pena chiederselo davvero. Chissà, forse sì. Per qualche ragione assurda gli tornò in mente Antonio. Mh... no dai, non poteva piacergli. Probabilmente stando tanto con lui i suoi ormoni erano partiti per la tangente, ma non doveva dare loro troppo potere. Se davvero fosse stato attratto da lui, sarebbe stato un casino. C'erano altre priorità. Forse quelle... quell'idea del nonno avrebbe funzionato. Doveva concentrarsi su quello. Al resto ci avrebbe pensato un'altra volta. Erano nel bel mezzo di una dittatura, lui era un ricercato che non poteva toccare nessuno senza ucciderlo e probabilmente ci sarebbe stata una guerra a breve. C'erano cose ben più importanti dei sentimenti.
In quel momento sentì bussare alla porta. Controllò l'orologio e si accorse che erano già le otto e mezza. Cazzo, aveva perso la cognizione del tempo. Si alzò e andò ad aprire, ritrovandosi davanti suo fratello, sorridente.
-andiamo a cena, fratellone?
Lovino annuì, si chiuse la porta alle spalle e lo seguì fino alla mensa, cercando di imprimersi almeno quel percorso. Sì insomma, anche mangiare era una priorità non da poco. Quando entrarono, si ritrovò circondato da almeno un centinaio di persone. Ognuno parlava, rideva, mangiava, facendo un rumore della miseria. Non era più abituato a quelle cose, per questo esitò un secondo sulla porta, mordendosi il labbro. Feliciano si voltò verso di lui, preoccupato.
-tutto bene, fratellone?
-ehm...- si accorse in quel momento di qualcuno che lo chiamava agitando il braccio. Antonio. Deglutì e raddrizzò la schiena -sì, tutto bene.
-ve, okay...- dopo aver preso da mangiare, il minore lo guidò verso un tavolo in fondo, dove, oltre ad Antonio, c'erano i due idioti di prima, il crucco e un ragazzino orientale, basso e taciturno, un po' inquietante. Questo lo squadrò da capo a piedi e annuì verso il crucco.
-tutto a posto, Ludwig-san.
-ehm... ciao- si sedette affianco a suo fratello e abbassò lo sguardo sul suo piatto. Non era granché, ma di sicuro era meglio dello schifo che gli rifilavano in cella.
Si riscosse quando sentì la risata di Antonio.
-stai pensando a quello a cui sto pensando io?
Abbozzò un sorriso -la sbobba da prigione? Sì. Non la dimenticherò mai. Tremenda.
-ve, Kiku, cosa intendevi con "tutto a posto"?- intervenne Feliciano.
-ho controllato che tuo fratello non avesse cimici o microtrasmettitori, Feliciano-san.
Lovino aggrottò la fronte -con gli occhi?
Quello annuì e fece un breve inchino verso di lui, per quanto il tavolo lo permettesse -sì, Lovino-san. Mi chiamo Kiku Honda, mi scuso per non essermi presentato prima. Ho dei poteri legati alle tecnologie, per questo sono in grado di rilevare dispositivi elettronici di ogni tipo con lo sguardo.
-oh- alzò le spalle -okay. Io sono Lovino.

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