Capitolo tredici

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Il ragazzino guardava fisso nel vuoto, con le ginocchia strette al petto e il mento posato su di esse. Era fermo in quella posizione da tanto ormai, ma non era chiaro se stesse pensando o solo trattenendo il panico. Gli occhi erano lucidi e leggermente arrossati, ma fissavano con ostinazione un punto nel vuoto, senza distogliere l'attenzione da lì neanche per un secondo. I capelli bagnati gli sfioravano le spalle, il collo e il viso. Aveva una ciocca sugli occhi, ma nessuno si stava preoccupando di togliergliela, tanto meno lui stesso.
Ad un certo punto, chissà quando o dopo quanto, qualcuno si sedette affianco a lui. L'unica cosa che il ragazzino sapeva era che il sole stava cominciando a tramontare all'orizzonte, tingendo il deserto di tinte rosse e ambra.
Il nuovo arrivato era un ragazzino come lui, forse leggermente più alto. Le differenze fisiche non erano certo solo queste, ma non è di questo che stiamo parlando. Il secondo ragazzino allacciò un braccio intorno alle sue spalle e lo strinse a sé, senza costringerlo a restare ma consolandolo comunque. E allora quello scoppiò finalmente a piangere, nascondendo il viso contro il suo petto e lasciandosi stringere da entrambe le sue braccia.
-su, andrà tutto bene. Adesso sei al sicuro.
In quel momento li raggiunse un terzo ragazzino, ancora più mingherlino degli altri due, che comunque non erano chissà quanto muscolosi o forti.
-ehi, mi state escludendo?- si sedette dalla parte opposta al secondo ragazzo, abbracciando a sua volta il primo -su, su, non far piangere anche me, frignone.
Però alla fine si sciolse in lacrime anche lui, ripensando alla sua buona dose di traumi, nonostante lo nascondesse contro la spalla del suo amico. Il secondo allungò le braccia fino a stringere anche lui in un abbraccio un po' goffo, ma erano così smilzi che ci stavano entrambi.
-s-secondo voi andrà bene?- singhiozzò il terzo.
-non lo so- il secondo era l'unico a non piangere. Non perché non ne avesse motivo, ma perché sentiva che almeno uno dei tre doveva essere forte per gli altri due -spero di sì. Comunque resteremo insieme, vero?
-sempre.

-sai, non ho più avuto notizie di mio fratello- fu questa la prima cosa che disse una volta entrato nella sua camera con João.
Quello lo guardò stranito -okay? Non vedo come questo c'entri.
Lovino si guardò intorno -qui dentro ci sono telecamere o cimici?
Quello scrollò le spalle -no. Al supremo non frega niente di cosa fai nei tuoi alloggi privati.
-si fida davvero così tanto?
-oh, no. Non si fida di nessuno. Ha fiducia nel fatto che tu non abbia la minima possibilità di arrecargli danno- aveva un accento strano, diverso da quello di Antonio, il che era strano -insomma, cosa vorresti fare qui dentro? Ti crivellerebbero di colpi prima che tu arrivi alle scale.
-mh- in realtà no, ma di sicuro i modi per metterlo ko li avevano. Si guardò intorno; la stanza era grande almeno il triplo della sua al Punto Omega. Nonostante non fosse un esperto, era facile capire che tutti i mobili lì dentro erano pregiati, di sicuro costavano un occhio della testa. Una porta nell'angolo portava probabilmente al bagno, che di sicuro sarebbe stato altrettanto lussuoso.
Tutto quello sfarzo lo disgustò. La gente moriva di fame e lì usavano l'oro per cucire delle cazzo di tende. Che schifo.
-mi manca il mio fratellino...
-non lo avevi quasi ucciso?- gli lanciò un'occhiataccia, come a intimarlo a non dire altro su quell'argomento. Lovino lo ignorò e si sedette sul letto, che era morbido come una piuma.
-tu hai fratelli?- e, con molta nonchalance, si tolse il crocifisso di Antonio da sotto la maglietta. João sembrò riconoscerlo, e sgranò gli occhi, raggelato.
-dove lo hai preso?- adesso c'era una certa urgenza nella sua voce. Lovino trattenne un sorriso.
-me lo ha dato un amico. Penso che tu lo conosca. Vi assomigliate parecchio.
-non fare giochini con me- stava quasi ringhiando -dov'è Antonio?
-avevano messo lui in cella con me, lo sapevi? L'hanno usato come cavia senza dirti nulla. Poi mi ha fatto scappare. È in una base ribelle.
-come... come sta?- sembrava più insicuro, una volta appurato che il fratello stava bene, e allo stesso tempo disperatamente bisognoso di sapere -cosa fa nella vita?
-se la passa bene- si leccò le labbra secche -è sempre gentile e buono con tutti. Sorride sempre, non in modo forzato ma... sì insomma, un sorriso vero. Gli devo praticamente tutto. Mi ha salvato. È grazie a lui se riesco a toccare le persone.
-perché?
-lui mi può toccare. Nel senso... anche prima. Ha un potere anche lui, grazie al quale riesce a toccarmi, per cui mi ha aiutato a controllarlo.
-ce... ce l'ha con me?
Lovino abbozzò un sorriso -non penso che Antonio possa avercela con qualcuno. Comunque no. Mi ha parlato di te solo una volta, forse due, e sembrava semplicemente dispiaciuto di averti perso. Ci stava così male che non ho avuto il coraggio di tirare fuori di nuovo l'argomento. Gli manchi- lo guardò sottecchi, per studiare la sua reazione -e penso che manchi anche a te. O sbaglio?
João sospirò -non volevo che se ne andasse, per chi mi hai preso? Ma ero un ragazzino, che potevo farci?
Lovino annuì. Di certo lui sapeva come ci si sentisse a essere separati dal proprio fratello -toglimi una curiosità, chi è il maggiore tra voi due?
-siamo gemelli. Anche se io sono nato quarantadue secondi prima- lo disse come una battuta di tanto tempo prima, un vecchio scherzo, forse una frase che usava per prendere in giro suo fratello quando ancora erano insieme. Lovino annuì.
-be', si vede.
Quello sbuffò frustrato -non sei di certo il primo a dircelo.
Lovino si ritrovò a pensare che, nonostante fossero gemelli, i due fratelli Carriedo non potessero essere più diversi. João era decisamente più tranquillo, riservato, irradiava serietà. Al contrario, Antonio... be', era Antonio: solare, aperto, sensibile...
Quei due gli ricordavano un po' lui e Feliciano; l'uno sempre allegro e amato da tutti, l'altro più asociale, lunatico e scorbutico. Provò improvvisamente più simpatia verso... oddio, a pensarci João era suo cognato. Tecnicamente erano quasi imparentati, e quindi anche Antonio, Feliciano e Romolo lo erano. Rabbrividì a immaginare quei tre a una cena di famiglia, o peggio ancora a organizzarsi per fargli una sorpresa di qualche tipo. Cazzo, meglio non suggerire loro l'idea.
-non sei veramente venuto a collaborare, vero?
-no. Da cosa l'hai capito?
-da come parli di mio fratello. Non penso saresti in grado di tradirlo o abbandonarlo- gli lanciò un'occhiata un po' storta -lo ami, non è vero?
Lovino sbuffò -è così evidente?
-decisamente- João abbozzò un sorriso -quindi... che fai qui? La spia?
-una specie. Hai intenzione di smascherarmi?
-veramente volevo chiederti se volessi il mio aiuto.
-sai, non so perché ma ho qualche dubbio nel fidarmi- rispose, sarcastico -dammi una valida ragione per farti entrare nel piano.
João sospirò -io qui non ci volevo venire, chiaro? Ma mio padre è morto, mia madre non può più lavorare e qualcuno doveva pur guadagnare qualcosa, così mi sono arruolato come soldato semplice. Poi hanno scoperto un modo per dare dei poteri anche a chi è nato senza...- esitò -non so bene come funzioni... da quel che ho capito c'è una sorta di gene dormiente in determinate persone, che alcuni eventi traumatici o... non lo so di preciso, non sono uno scienziato, ma che in qualche modo può venire fuori. Alcuni ce l'hanno ma, per un motivo o per l'altro, non si attiva mai. Hanno fatto degli esami su tutti i soldati ed è venuto fuori che io e altri, come Ivan e il supremo stesso, avevamo questo gene dormiente. Così ce lo hanno risvegliato e ci hanno tutti promossi a ufficiali.
-mh... qual è il tuo potere?
-onde radio. Le... le controllo, le percepisco e cose simili.
-okay...- questo poteva tornare utile. Come facevano due gemelli ad avere due poteri così diversi non ne aveva idea. Bah, genetica -ora... in teoria dovrei darti informazioni sulla base ribelle, tu dovresti farci un rapporto e darlo al supremo. Intanto però anche tu devi darmi qualche informazione utile.
-certo- dalla scrivania di Lovino prese carta e penna -dimmi cosa vuoi che scriva e cosa vuoi sapere.
Lovino gli dettò le bugie che aveva inventato con suo nonno. Una volta finito e controllato ciò che aveva scritto l'altro, cominciò con le domande.
-com'è Sadiq?
-è un perfido bastardo. È riuscito a uccidere il vecchio supremo, che di certo non era un idiota, ad appena vent'anni, e così è passato da soldato semplice a supremo. Il suo potere di certo non aiuta. L'unico modo di ucciderlo sarebbe avvenelarlo, ma ha decine di assaggiatori, e le cucine dove gli preparano da mangiare sono la zona più sorvegliata qui dentro dopo le sue stanze. È impossibile entrarci senza il suo invito, tanto meno mentre dorme. Per quanto sia sicuro di sé, e fidati che lo è, non è uno stupido. Non si preoccupa di ciò che non reputa una minaccia, e considerando i poteri che ha davvero poche cose lo sono, ma quando considera qualcosa un rischio lo annienta con tutte le sue forze.
-non c'è un modo di... disattivare il suo potere?
-no...- esitò, poi annuì -forse uno sì. I nostri non sono poteri "naturali"- mimò le virgolette con le dita -non sono stati risvegliati spontaneamente. Sono più un... un'abilità che abbiamo imparato. Non sono istintivi, a differenza del tuo. Quindi se si riuscisse a coglierlo abbastanza di sorpresa...
-nel senso... colpirlo alle spalle?
-una cosa del genere. È ovvio che non basta fargli "bu!" E sperare che muoia di infarto.
Okay. Era un punto di partenza. Un punto piccolo, ma pur sempre un punto -va bene... immagino abbia tanti nemici. Conosci qualcuno che potrebbe aiutarci?
-praticamente tutti qui dentro lo odiano, ma hanno troppa paura per sfidarlo. Se devo darti qualche nome utile...- sembrò pensarci -ci sarebbe Hercules, che ha un potere ma non so quanto possa esserci utile, e odia Sadiq come nessun altro al mondo. Odio ricambiato, per altro.
-allora perché non lo ha ucciso?
-conosci il detto "tieniti vicini gli amici, e i nemici ancora di più?" E poi dubito che Hercules possa essere una minaccia. Dorme quasi sempre.
-ah. Capisco. Okay.
-da quel che ho capito erano amici... o nemici, o quel che sono, fin dall'infanzia. Se ha qualche punto debole, Hercules è l'unico che potrebbe conoscerlo.
-okay... però c'è un problema. Devo trovare un modo per uscire da qui entro la settimana prossima. Devo vedermi con uno dei ribelli.
-dove?
-non so quanto sia distante da qui. Se hai una cartina con tutte le città della zona te lo indico. So le coordinate.
João sospirò -be', la vedo dura. Però Hercules scappa di continuo da qui, nessuno sa mai dove sia, quindi tanto vale chiedere a lui.
-non pensi che Sadiq mi farà perennemente controllare da qualcuno? O che mi metterà un microcip o che cazzo ne so?
-dubito ti consideri una minaccia. Per lui sei poco più di un'arma.
-rassicurante- sbuffò -però suppongo ci siano dei vantaggi in questo.
-probabilmente stasera ti farà portare qui da mangiare. Domani alle sette comincerà con gli studi e qualcuno ti riassumerà ciò che hanno scoperto su di te. Non so quanto ci vorrà. Nel frattempo cercherò di contattare Hercules.
Lovino annuì -bene.
Sospirò. Almeno aveva un piano in mente, un punto di partenza. Meglio di niente.
-ci rivediamo... be', quando riusciamo- João si avviò verso la porta -a domani.
-a domani.

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