Capitolo quarantatré

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Buonsalve persone! Come va?
Visto che oggi è l'anniversario dell'unità d'Italia (160 anni wow) e di conseguenza il compleanno di quei due stronzetti che amiamo tanto, ecco a voi un bel capitolo pucciosino.
Buona lettura!


-Lovino? Lovino?- il ragazzo in questione si girò dall'altra parte, mugugnando. La voce insistette -Lovino!- gli urlò nell'orecchio, facendolo cadere dal letto per lo spavento.
-ma che cazzo...- si stropicciò gli occhi e guardò verso il letto. Mia gli sorrise.
-ciao!- fece muovere la zampetta al gatto che aveva in braccio in segno di saluto. Cesare aveva un'espressione a dir poco stoica.
-porca di quella troia, Mia, non si sveglia la gente così- strillò, alzandosi in piedi con le guance rosse. Mia abbassò lo sguardo, dispiaciuta.
-scusa...
Tutta la rabbia svanì. Sbuffò, sedendosi accanto a lei e spettinandole i capelli. Aveva il cuore troppo tenero -non sono arrabbiato. Basta che non lo fai più.
Mia annuì, appoggiandosi a lui alla ricerca di un abbraccio che Lovino non esitò a darle, circondandole le spalle con un braccio -quindi come devo svegliarti?
Puntò lo sguardo su Antonio, che per qualche assurdo motivo ancora dormiva. Neanche le bombe lo svegliavano, a quello. Abbozzò un sorriso -ti faccio vedere. Svegliamo Antonio?
Mia annuì, curiosa -va bene.
Si girò verso di lui e lo scosse -bastardo?
Niente. Lo scosse ancora, ricevendo in risposta un mugolio. Sbuffò, infastidito, poi si girò verso la bambina.
-tu continua così finché non si sveglia. Questo è quello che non devi fare- e, con un poderoso calcio, spinse il bastardo a terra, svegliandolo di botto.
-mi armada!- urlò il bastardo. Si guardò intorno, confuso -che cosa...
-buongiorno- lo salutò Lovino, seduto a gambe incrociate sul letto -ti sei deciso a svegliarti.
Antonio si stropicciò gli occhi -sei sempre delicato, mi amor.
-non ti svegliano neanche le cannonate- replicò, facendo ridere Mia.
-dovremo trovare un modo migliore, o non arriverò vivo al matrimonio- scherzò, rialzandosi in piedi e chinandosi a dargli un bacio. Mia aggrottò la fronte.
-non siete già sposati?- chiese, confusa.
Lovino si impose di non arrossire -perché lo pensi?
-litigate come mamma e papà- rispose -però mi sembrate più innamorati.
-aw, che carina- lo spagnolo la baciò sulla fronte e si sedette affianco a Lovino, prendendogli la mano -non siamo ancora sposati- sollevò la mano con l'anello, indicandogliela -però gliel'ho chiesto, e ha detto di sì. Quindi ci sposeremo, spero presto.
Mia sembrò entusiasta -posso venire? Non ho mai visto un matrimonio!
-certo, niña. Puoi portarci gli anelli se vuoi.
Mia annuì, contenta -sì!
Lovino si morse il labbro, ricordandosi della notte prima -ci... ci sarebbe una cosa che vorremmo chiederti.
Mia li guardò -è una cosa brutta?
-no, no- Lovino esitò -cioé, non per forza. Conosci la storia di Ercole?
Antonio lo guardò, confuso -che c'entra?
-lasciami fare.
-no, non la conosco- rispose Mia.
-Ercole era un grande eroe. Fece tante cose, ma quelle te le posso raccontare un'altra volta, ora voglio parlarti di come è nato. Sua madre, Alcmena, che era sposata con un uomo, Anfitrione. Anfritrione dovette partire per la guerra, e nel frattempo Alcmena rimase sola a casa. Tuttavia Giove si innamorò di lei, perché era molto bella.
-chi è Giove?
-un dio. Il dio dei fulmini e il padre degli dei.
-esistono tanti dei?
-un tempo la pensavano così- doveva decisamente farle una cultura sulla mitologia greco romana. Decisamente -comunque, essendo un dio Giove poteva fare tante cose, e modificò il suo corpo per assomigliare ad Anfitrione e stare con Alcmena, che ovviamente era all'oscuro di tutto.
Mia sgranò gli occhi -ma quindi Giove è cattivo!
Lovino esitò -diciamo di sì. Non è bravo, quello è certo. Comunque, concepirono un figlio, Ercole appunto. Poi il vero Anfitrione tornò, e Giove se ne andò. Ovviamente capirono l'inganno, ma ormai Alcmena era incinta.
-e cosa fecero?
-tennero il bambino- rispose Antonio, che sembrava aver capito dove stesse andando a parare -anche se non era suo figlio naturale, lo crebbe comunque come se fosse suo.
-oh. Che bravo!
In realtà non era proprio così, ma Lovino decise di omettere certe parti della storia. Le strinse la mano -noi.. ecco... ci piacerebbe crescerti. Come Anfitrione con Ercole.
Mia si illuminò -volete essere la mia mamma e il mio papà?
-be'... due papà più che altro- replicò Antonio, sorridendo -se a te va bene.
-sì!- saltò in piedi sul letto e li abbracciò entrambi, quasi saltellando -sì sì sì! Certo!
Lovino la strinse, e sospirò -però non sarà tutto bello- la avvisò -non avresti una mamma.
-ma avrò due papà!- rispose lei, sorridendo -i due papà migliori del mondo!
Antonio rise -ora non esagerare. Ci proveremo, ecco.
-e ci saranno persone che ti daranno contro- la avvisò Lovino -a molti non piace l'idea che due maschi si amino.
-e perché?
Lovino alzò le spalle -perché sono stupidi.
-ooh. E perché dovrebbe importarmi degli stupidi?
-potrebbero farti del male.
-che ci provino- rispose, posandosi le mani sui fianchi con aria fiera -sono una forte io! Vi proteggerò dagli stupidi cattivi.
Lovino rise, abbracciandola forte -in teoria saremmo noi a doverti proteggere.
-allora faremo a turno- stabilì, lasciandosi stringere. Dopo qualche minuto sembrò stancarsi di quelle smancerie e si allontanò.
-quindi se sarete i miei papà vivrò con voi?
Lovino annuì -forse tra un po'. Dobbiamo trovare una casa prima, ma sì.
-e mi insegnerete le cose?
-certo. Però andrai anche a scuola.
-e mi racconterete le favole prima di andare a dormire? E mi canterete le ninna nanne?
Antonio rise -sì, pequeña. Tutte le sere.
-e dormirò con voi? Come stanotte?
I due neo padri si guardarono.
-be'... tutte le notti no- stabilì Lovino -sei grande, e i grandi non dormono con i genitori.
Mia ci pensò su -sì...- ammise -ma se ho un incubo?
-se hai un incubo molto, molto brutto puoi venire- concesse l'italiano. Antonio trattenne una risata. Aveva come la sensazione che non sarebbe stato lui quello a viziare di più Mia.
-e... e mi insegnerete la lingua strana che parlate?
Antonio aggrottò la fronte -lingua strana?
-sì! Quella tipo... nina, tasoro...
-niña- la corresse Antonio.
-e tesoro- aggiunse Lovino.
Mia annuì -quella.
-sono due lingue diverse- le spiegò Antonio -io parlo anche lo spagnolo, mentre Lovi l'italiano.
-e me le insegnerete?
-se vuoi sì, certo- la sua principessa avrebbe insultato benissimo da grande, stabilì Lovino. Sono le cose che bisogna imparare fin dall'infanzia -però sono lingue difficili. Almeno, l'italiano lo è.
-non importa. Sono brava, le imparerò entrambe!- stabilì Mia.
-però...- intervenne Antonio -non sappiamo se sarà legale adottarti.
Mia aggrottò la fronte -perché non dovrebbe?
-a tanti non piace che due maschi possano crescere una bambina.
Lovino le prese la mano -però comunque ti staremo vicini. Tu sarai nostra figlia- le promise -che risulti su degli stupidi documenti o meno.
Mia gli sorrise e annuì -sì- poi si fece pensierosa.
-a cosa stai pensando, niña?- le chiese gentilmente Antonio, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-se vi chiamo papà- rispose, lentamente -non rischio di confondermi con il mio papà naturale? Voi non siete lui.
-puoi non chiamarci papà, se vuoi- replicò Lovino, piano. Ad Antonio venne un'idea.
-come si dice papà in italiano?
-papà.
-in spagnolo è papa. Puoi chiamarci così, se ti piace.
-papà e papa- mormorò Mia, pensandoci su. Poi annuì e tornò a sorridere -sì, mi piace! Papà Lovino e papa Antonio.
Lovino sentì un po' troppe cose nel sentirsi chiamare papà. Sbatté velocemente le palpebre e si impose di non piangere -allora è deciso.
Mia annuì di nuovo -ora mi insegnate l'italiano e lo spagnolo?
Antonio rise -non sono cose che si imparano in fretta, niña. Però possiamo cominciare.
Mia annuì -sì.
Antonio guardò il suo fidanzato -come si insegna una lingua?
Lovino alzò le spalle -boh. Quando il nonno mi ha insegnato il latino ha cominciato con il verbo essere.
-sì, essere!- Mia annuì, sedendosi a gambe incrociate per guardarli meglio. Cesare miagolò e si acciambellò in un angolo del letto, tornando a dormire -mi piace.
-va bene. Uhm... forse dovremmo partire con i soggetti.
Lovino alzò le spalle -io, tu, egli o ella, noi, voi...
Mia lo guardava, confusa -eh? I so... eh?
Antonio rise, stampando un bacio sulla testa del suo querido -con calma. I soggetti in spagnolo sono: yo per io, tú per tu.
Mia si indicò -yo- indicò Antonio -tú.
-esatto. Poi per egli c'è él, per le femmine ella e se ti riferisci a una persona molto molto importante usted.
Mia indicò Lovino -él, ella se fosse una mamma, e, uhm...- indicò Cesare -usted.
Lovino si coprì la bocca con le mani per non scoppiare a ridere. Antonio annuì -diciamo di sì. Poi per noi c'è nosotros, per voi vosotros e per loro ellos se sono maschi, ellas se sono femmine e ustedes se sono tante persone importanti.
Mia fece ruotare un dito in aria per indicare sia se stessa che Antonio -nosotros- indicò Antonio e Lovino -vosotros- indicò Lovino e Cesare -ellos.
-bravissima.
Mia sorrise e si girò verso Lovino -e in itaiano?
-italiano. Io- si indicò.
-io- ripeté Mia, indicandosi.
-tu- indicò lei.
-tu- indicò lui.
-egli- indicò Antonio -ella se fosse femmina.
-ma è uguale allo spagnolo!
Lovino alzò le spalle -sono lingue simili.
-e usted?
-non c'è. Se parli con una persona importanti usi il lei. Tipo- si girò verso Cesare -lei sta bene?
-ma è maschio.
Lovino alzò le spalle -funziona così. Puoi anche usare il voi, se è una persona davvero tanto ma tanto importanti. "Voi state bene?"
-voi state bene?- ripeté Mia, con una pronuncia più o meno azzeccata -e significa?
-stai bene? Però riferito a qualcuno di importantissimo.
-uhm...- annuì -va bene. Poi?
-noi- indicò sé stesso e la bambina.
-noi- ripeté lei, facendo lo stesso.
-voi- indicò la bimba e Antonio.
-voi- indicò i due papà.
-essi- indicò Antonio e Cesare.
-essi- fece la stessa cosa. Antonio non sembrò molto contento di essere unito al gatto.
-adesso mi insegnate essere?

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