Capitolo sei

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Okay, allora.
Qui cominciano ad essere accennate tematiche più delicate, io vi avverto. Sono solo accenni lievi, ma ve lo dico comunque. Buona lettura.

-non ti stai concentrando.
-e tu non mi stai aiutando a farlo.
-devi imparare a controllarti in ogni situazione.
-tutte scuse.
In teoria erano nella solita stanza a fare le solite cose. In pratica non facevano altro che sbaciucchiarsi da tutta la mattina.
-no, querido. Sono serio.
-allora togli quella boccaccia dal mio collo.
-no.
-sei un bastardo.
-grazie, querido- sollevò il viso e lo baciò, accarezzandogli il fianco.
Erano sdraiati su un tappetino di gomma per gli allenamenti. Lovino era sdraiato sulla schiena, mentre lo spagnolo era sdraiato di lato, girato verso di lui, e si reggeva sul gomito, con l'altro braccio intorno al suo fianco.
-allora ragazzi, come sta and...- sentendo la voce di Romolo, Antonio si allontanò di scatto, come se Lovino fosse stato incandescente, e si rimise in piedi in un lampo. Per fortuna avevano avuto la lungimiranza di nascondersi dietro un vecchio armadio.
-...e questo, Lovi, è il modo più veloce di mettere KO qualcuno- si sforzò di sorridere e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi. Lovino roteò gli occhi divertito e la accettò, rimettendosi in piedi.
Romolo li raggiunse e inarcò un sopracciglio -non dovrebbe insegnartele Eliza queste cose?
-sì ma, ehm...
-visto che lei non può toccarmi gli ho chiesto di farmelo provare- mentì Lovino, spolverandosi i pantaloni -volevi qualcosa, nonno?
Romolo sembrò convinto. Alzò le spalle, con un sorriso gentile -solo sapere come ve la cavate.
-meh. Ci sto provando.
-okay. Con Eliza come va?
Lovino mugugnò qualcosa -ho male in punti che neanche sapevo di avere.
Romolo ridacchiò -ti ci abituerai.
Sbuffò.
-vabbé, vi lascio lavorare. A dopo.
-ciao nonno.
Quando si fu richiuso la porta alle spalle, Antonio sospirò di sollievo.
-che paura.
Lovino sogghignò -ti spaventa il nonno?
-potrebbe scagliarmi nella ionosfera con il pensiero. Quindi sì, mi spaventa tuo nonno.
Sbuffò divertito -idiota- allacciò le braccia intorno al suo collo e lo attirò a sé per baciarlo, con un sorrisetto divertito -al massimo ti farebbe volare in testa un po' di roba.
-al massimo?!
-ma sì, niente di che- scrollò le spalle, accarezzandogli la guancia -oppure, visto che è del nonno che stiamo parlando, potrebbe decidere di non usare trucchetti e castrarti con le sue stesse mani.
Istintivamente Antonio gli strinse i fianchi. Vedendo la sua faccia Lovino si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere.
-scherzavo, idiota!
-meno male...- gli diede un pizzicotto sul fianco -comunque devi sforzarti di combinare qualcosa- gli prese le mani e se le posò sui fianchi -ora come ora la tua pelle è pericolosa. È come se urlasse. Cerca di metterla a tacere. Concentrati su ogni singolo poro e tappalo, uno alla volta. Abbiamo tutto il tempo del mondo, quindi non preoccuparti per quello. Sforzati solo di farcela.
Lovino, di nuovo serio, annuì, chiuse gli occhi e cercò di fare come gli aveva detto. Immaginò di avere centinaia, migliaia di piccolissimi incendi sulle braccia, e si concentrò per spegnerli. Percepì un velo stendersi lungo la sua pelle e soffocare ogni incendio un po' per volta, come un serpente che lentamente gli strisciava addosso o una crema che si spalmava da sola. Quando si sentì pronto annuì. Antonio posò le labbra sulla sua fronte e rimase così per un po', mentre Lovino cercava di concentrarsi su quella sensazione per più tempo possibile.
-bravo, querido. Ce l'hai fatta.
Riaprì gli occhi. Aveva un mal di testa della miseria, e si sentiva sudato e stanco come dopo gli allenamenti con Eliza -davvero?
-per pochi secondi ma sì- lo baciò a stampo -bravissimo. Ti sei meritato un premio.
-non sono un cane.
-lo so- gli diede un bacio sul collo -infatti non ti darò un biscottino- lo baciò appena sotto l'orecchio.
-idiota.
-è un grande passo in avanti! Bisogna festeggiare.
-bah.
-fidati di me, okay?
-me ne pentirò ma okay.

Doveva fidarsi più spesso di Antonio. Decisamente.
Dopo pranzo, durante il quale lo spagnolo aveva insistito per dire a tutti quelli del loro tavolo dei suoi miglioramenti, lo aveva seguito fino alla sua camera, che era identica a quella di Lovino solo senza la libreria e con alcune foto sul comodino, su cui però non aveva avuto il tempo di soffermarsi. Sì, perché non appena si era chiusa la porta alle sue spalle Antonio non aveva esitato a baciarlo contro di essa, con tanta foga da togliergli il fiato. In qualche modo erano finiti sul letto, con Lovino sdraiato sulla schiena e l'altro a cavalcioni su di lui, il tutto senza separarsi l'uno dall'altro.
Lo spagnolo si allontanò dalla sua bocca solo per scendere lungo il suo collo, con un sorrisetto compiaciuto -ti avevo detto di fidarti di me, querido.
-stai zitto, bastardo- col cazzo che gliel'avrebbe data vinta così facilmente. Capovolse le posizioni e tornò a baciarlo sulle labbra, cercando di ignorare la sua risata assolutamente fastidiosa e per niente bella. Sì, lo infastidiva, tutto qui. Non gli faceva voglia di ridere a sua volta, di fare qualsiasi cosa per farlo ridere di nuovo... no, no e no.
Scosse la testa e infilò le mani sotto la sua maglietta, accarezzandogli i fianchi nudi. Mh... mica m-
Un momento. Cos'era quella cosa?
Si staccò da lui e si sporse a guardare, ignorando le proteste di Antonio. Lungo il fianco sinistro c'era una lunga cicatrice bianca, irregolare, di almeno una decina di centimetri, che spiccava sulla pelle scura come catrame sul marmo. Sollevò lo sguardò sul suo ragazzo, che sembrava improvvisamente molto interessato alle lenzuola.
-cos'è questa?
-una cicatrice.
-ma va? Chi te l'ha fatta?- avrebbe dato una bella carezza dritta in faccia al colpevole. Una lunga carezza senza guanti e con quanta più cattiveria possibile. Sì, l'avrebbe decisamente fatto, e poi avrebbe confuso i resti tra le ceneri della spazzatura che distruggeva normalmente. Senza un corpo non avrebbero potuto incastrarlo.
-non è niente, è molto vecchia...
-Antonio. Mi hai costretto a raccontarti ogni cosa su di me. Ora fai lo stesso- passò distrattamente un dito lungo la linea in rilievo -ti fa ancora male?
Antonio scosse la testa -te l'ho detto, è vecchia. Non è niente di che. Torniamo a quello che stavamo facendo prima...
Lovino gli tolse le mani dalla sua schiena -non ci provare. Se questa non fosse qualcosa di importante non avresti reagito così.
-in che senso così?- si sforzò di sorridere -sono normalissimo. Sto solo dicendo che non è niente di che.
-sei un pessimo bugiardo- sbuffò -se è una cosa che non ti senti di raccontarmi posso capirlo, ma almeno non dirmi stronzate.
Quello sospirò -scusa querido. È solo che non... non ne ho mai parlato a nessuno. A Gil e Fran ho detto che me l'ero fatta cadendo da piccolo, gli altri non ne sanno proprio niente- inspirò profondamente, poi fece una piccola risata -ma immagino che se non lo dico neanche a te non potrò dirlo a nessuno.
-non ti devi sforzare- lo interruppe, arrossendo leggermente. Lo baciò a stampo, posandogli le mani sulle guance -mi basta che tu non mi dica più stronzate.
Antonio annuì e girò il viso fino a baciargli il palmo di una mano. Chiuse gli occhi per qualche istante prima di riaprirli e continuare -sai perché sono finito qui?- Lovino scosse la testa -i miei mi cacciarono di casa quando avevo... quattordici, quindici anni.
-per i tuoi poteri?- si accoccolò contro di lui, infilando la testa nell'incavo del suo collo e lasciandosi abbracciare. Non è che ne avesse bisogno, ma sapeva che invece Antonio sì, un po' per consolarsi un po' per avere qualcosa su cui concentrarsi mentre raccontava.
-no- Lovino gli lasciò un bacio sulla spalla -perché avevo fatto coming out come bisessuale.
-oh.
-già. Lo avevo già detto a mio fratello e con lui era andata bene, quindi ero fiducioso. E invece...- fece una piccola risata, amara -la presero malissimo. Mia madre mi disse che avrebbe preferito sapermi morto. Mio padre ruppe una bottiglia di vino e cercò di farmi fuori con uno dei cocci.
L'italiano lo baciò, interruppendolo per qualche secondo. Lo strinse, tornando nella posizione di prima. Ad Antonio ci volle qualche minuto per riprendere il racconto.
-ero un ragazzino, non mi sapevo difendere. Riuscì a schivarlo, ma mi ferì sul fianco- istintivamente posò la mano sulla cicatrice, come se la sentisse ancora sanguinare -scappai via e corsi il più lontano possibile da lì.
Lovino lo abbracciò -mi dispiace- le sue erano parole a vuoto, lo sapeva, ma sentiva di doverle dire. Quello in risposta se lo strinse contro, se per proteggerlo o per consolarsi non lo sapeva neanche lui.
-non serve dispiacerti, non è mica colpa tua.
-lo so. Mi dispiace che una cosa del genere sia dovuta capitare a te- si sporse a baciarlo, sperando di riuscire a consolarlo. Faceva proprio schifo in quelle cose.
Antonio annuì e sospirò. Continuò dopo qualche minuto -trovai un vecchio magazzino abbandonato nelle vicinanze. Mi nascosi lì e mi curai come potei, quindi male. C'era del cibo, anche se scarso, e alcune vecchie bottiglie d'acqua ancora chiuse. Penso fosse più o meno il periodo in cui ti rinchiusero, forse un paio di mesi dopo, perché mi trovò tuo nonno. Stava cercando te, ma trovò me e mi portò in salvo. Aveva appena trovato questo posto, così mi promise di portarmici non appena avesse finito una commissione. Gli erano arrivate voci di un ragazzino con dei poteri costretto a prostituirsi, e stava andando a portarlo via di lì per aiutarlo. Quel ragazzino era Francis. Sai, in realtà lui può controllare qualsiasi liquido, non solo il vino, ma lì lo costringevano a trasformare l'acqua in vino e cose del genere per i clienti, quindi non riesce a fare altro se non con molta fatica. Mentre venivamo qui trovammo un bambino protetto da una sorta di forza invisibile. Inizialmente pensavamo fosse un telepate, invece quello era Gilbert, che non riusciva a tornare visibile e stava cercando di proteggere il suo fratellino. Riuscii a calmarlo e così tuo nonno si accorse che avevo anche io dei poteri- si fermò qualche secondo per riprendere fiato -Ludwig e Gilbert sono i nipoti del vice di tuo nonno. Lui lavorava già con Romolo, ma li aveva spediti in un territorio non controllato. Peccato che li avessero intercettati e avessero ucciso i loro genitori. Fu allora che Gilbert si rese invisibile per la prima volta. Prese Ludwig e lo portò via rendendo invisibile anche lui. Alla fine arrivammo qui e diventammo inseparabili. Siamo stati i primi salvati da Romolo, lo sai? I primi ragazzi a mettere piede qui, a parte Feliciano, ma lui era già al sicuro.
Lovino annuì. Lo baciò di nuovo -grazie.
-perché mi ringrazi?
-perché ti sei aperto con me. Di solito tu lo fai quando è il contrario.
Antonio abbozzò un sorriso -perché farti sfogare è difficile come aprire in due la roccia a mani nude, e senza essere Ludwig.
-pff. Idiota- lo baciò ancora -comunque grazie davvero, a furia di essere l'unico a sfogarsi mi sentivo una piagnina.
-mhmh- riprese a baciargli il collo, in maniera più giocosa però.
-e il crucco?
-cosa?- lo baciò per qualche secondo prima di dargli modo di rispondere alla domanda.
-il crucco, Ludwig. Sapeva già dei suoi poteri?
-ah, no. Lo ha scoperto qualche anno dopo, quando ha modificato istintivamente la roccia per trattenere Feliciano che stava cadendo.
-pff. Davvero?
-oh sì. La maggior parte dei poteri viene scoperta per caso. Certe storie ti farebbero ridere.
-uhm...- si morse il labbro -io stavo tenendo per mano Feli quando è successo. Cioé, lo sai già, ma non... non ti ho raccontato com'è andata no?
-no. Ma se non...
-no, no, voglio farlo- gli prese la mano e abbassò lo sguardo sulla loro stretta mentre raccontava -stavamo andando a scuola. Il nonno ci aveva portati in macchina. Dovevamo solo attraversare la strada. Solo quello. Mi aveva raccomandato di stare molto attento a Feli, così gli avevo preso la mano. Eravamo a metà strada quando mi accorsi di un'altra macchina che si stava avvicinando a razzo. Credo... non so, forse per proteggere Feli ho attivato qualcosa di istintivo o non... non lo so sinceramente, ma per sbaglio ho fatto del male anche a lui- esitò un secondo, sciogliendo l'intreccio delle loro mani -il nonno mi ha raccontato che, dopo che i poliziotti della scuola mi avevano portato via, si è accorto che la macchina era distrutta e il conducente era morto- strinse i pugni -ho ucciso una persona e neanche lo sapevo.
-è stato un incidente. Come la storia con Feliciano.
-lo so, ma...- si morse il labbro e non continuò. Se avesse detto quello che pensava, Antonio... be', non l'avrebbe presa bene.
-ma...?- lo incoraggiò, con tono gentile.
-ma non... cioé intendo dire che...- sospirò esasperato -sono un pericolo ambulante. Dovunque vado distruggo tutto. Forse sarebbe meglio se crepassi, almeno non-
-non dirlo neanche per scherzo.
-non sto scherzando. Non faccio altro che creare casini e far soffrire le persone. A una certa meglio farla finita e basta.
-smettila. Sei un essere umano, hai diritto a vivere quanto chiunque altro.
-ah sì? E che diritto avevo di uccidere quell'uomo? Che diritto avevo di sfregiare a vita mio fratello? Che diritto ho di distruggere e ferire chiunque, di far preoccupare le persone ogni volta che mi vedono, di far vivere la gente con la costante paura che io impazzisca e li ammazzi tutti?!
-non è una tua scelta. Non puoi farti una colpa per qualcosa su cui non hai il controllo- gli accarezzò una guancia, asciugandogli una lacrima. Lovino neanche si era accorto di aver cominciato a piangere -Lovi, ti incolpi troppo. Un conto è se tu avessi voluto far del male agli altri, ma non hai deciso di nascere così, e sono piuttosto sicuro che se potessi scegliere ne faresti a meno- annuì, asciugandosi le guance con i pugni chiusi -tendi a dimenticarti di quello che sei. Non sei un mostro. Sei solo un ragazzo spaventato che si è ritrovato con un potere mostruoso, ma non significa che tu sia cattivo.
-ah no?- fece una risata amara -eppure a me sembra di esserlo.
-anche solo questo significa che non lo sei. Pensi che a un mostro importebbe di aver ucciso qualcuno? Di aver ferito il proprio fratello? Di poter far del male agli altri? No. A te sì, e questo significa che sei umano, Lovi.
Lovino singhiozzò. Lo spagnolo lo strinse, forte. Stava male a vederlo così, a sentirgli dire quelle cose. Quel ragazzo ne aveva passate troppe, non si meritava altro. Tutti loro, in realtà. Tutti avevano perso qualcuno, sofferto. Erano stati tutti esclusi, abbandonati. Tutti avevano fatto delle rinunce, e c'era di sicuro gente messa peggio di loro che proprio non ce l'aveva fatta. Perché dovevano soffrire così tanto? Perché non poteva andare tutto bene per una volta?
-Lovi...- quello sollevò la testa dalla sua spalla. Antonio gli accarezzò i capelli, baciandolo sulla fronte -un giorno andrà tutto bene.
-porti sfiga- si asciugò gli occhi, tornando a nascondere il viso contro la sua spalla. Fece una piccola risata, un po' esasperata -come siamo finiti a deprimerci? Fino a dieci minuti fa ci stavamo sbaciucchiando.
Antonio sorrise leggermente -se vuoi riprendiamo.
-mh- sollevò il viso e lo baciò. Con calma, lentamente, come per annullare tutte le esagerazioni, gli eccessi, le emozioni troppo forti. Poi tornò come prima -tra poco. Ora voglio restare così per un po'.
Parlare delle proprie emozioni era faticoso. A Lovino non piaceva, anche se in quel periodo si era ritrovato a farlo fin troppo spesso per i suoi gusti. Sapete, anni in solitudine, prigionia, il primo fidanzatino... solite cose, no? E poi Antonio sembrava avere il potere di farlo sfogare, o forse era solo lui che aveva un bisogno disperato di parlare con qualcuno.
-stavo pensando...
-a cosa, querido?
-ma se io riuscissi ad annullare il mio, il tuo potere avrebbe effetto su di me?
-penso di sì, anche se volendo potresti bloccarlo. Oppure potrei proiettarlo e tagliare la testa al toro, anche se tu potresti bloccarlo proiettando a tua volta. Perché?
-così. Per sapere- si sdraiò affianco a lui, voltato sul fianco per guardarlo negli occhi. Antonio si girò verso di lui e gli sorrise -cos'è quella roba del proiettare?
-puoi arrivarci, il nome è autoesplicativo. È quello che ha fatto Gil quando ci ha portato qui: ha proiettato il suo potere all'esterno, rendendo invisibili anche noi e la macchina senza toccarci.
-mh. Quindi se io imparassi a farlo potrei tipo... uccidere tutti entro un certo raggio?
-esatto. Un po' inquietante, e stranamente attraente- sorrise malizioso prima di baciarlo.
-masochista- bofonchiò, rosso in viso -tu sai farlo?
-un po', anche se ancora non mi riesce bene. Posso provare a insegnartelo se vuoi.
-uhm... okay. Prima però voglio imparare a spegnerlo- si lasciò baciare, con un sospiro.
-stavo pensando...
-aiuto- gli tirò leggermente un ricciolo, divertito.
-ah ah- Lovino cominciò a giocherellare con quel ciuffo -dicevo... ti andrebbe di restare a dormire qui?
Si fermò, con gli occhi sgranati e il viso sempre più rosso. Antonio sembrò capire la gaffe e arrossì a sua volta.
-intendi...
-no!- si chiarì la voce, con le guance sempre più simili a pomodori maturi -cioé non fraintendere sei bellissimo e vorrei farlo con te ma non ti voglio forzare e non so neanche se...
-respira. Calmati- lo baciò per zittirlo -rielabora e ricomincia.
-sì. Giusto- inspirò profondamente -intendevo... dormire dormire. Dopo due mesi mi ero abituato a sentirti russare- scherzò, nonostante si stesse mentalmente dando dell'idiota per la figuraccia di poco prima.
-io non russo.
-un po' sì.
-non è vero. Sei tu quello che russa.
Lo spagnolo roteò gli occhi divertito -quindi?
-okay. Ma non faranno storie?
-in teoria sì, non potremmo. Ma basta non farsi notare. Domani è sabato, nel weekend ci si riposa, no? Dormiamo fino a tardi e se quando torni in camera tua ci chiedono qualcosa rispondiamo che eri venuto da me poco prima a chiedermi una cosa.
-mh. Dovrei andare a prendere le mie cose allora.
-mi sa.
Rimasero in silenzio per un po'.
-non ho voglia di alzarmi- mugugnò Lovino. Antonio rise -e poi se uscissi da camera tua con il pigiama e lo spazzolino in mano persino i tuoi amici farebbero due più due.
-mh. Ti presto qualcosa per dormire allora.
-okay- esitò, poi si sporse verso di lui, chiedendogi un bacio in silenzio. Antonio fu ben felice di accontentarlo.

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