Capitolo sette

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Quando Antonio si svegliò, la prima cosa che vide fu il viso addormentato del suo ragazzo. Un bel modo di svegliarsi, decisamente.
Si girò sulla schiena, si stiracchiò e sbadigliò, spettinandosi i capelli, già privi di senso, con una mano. Poi girò la testa e tornò a guardare l'italiano affianco a lui. Aveva l'espressione calma, serena, come un bambino. Antonio non sapeva cosa stesse sognando, ma sperava fosse qualcosa di bello.
Dopo qualche minuto si svegliò anche lui. Borbottò qualcosa, si rigirò un paio di volte e alla fine aprì un occhio. Antonio gli sorrise.
-buongiorno, querido.
Lovino mugugnò una risposta, forse un "buongiorno" o un "vaffanculo", e si stropicciò gli occhi. Sbuffò, sbadigliò e si mise seduto -che ore sono?
-le undici.
Quello sospirò esasperato -è presto.
Antonio fece spallucce -vuoi dormire ancora un po'?
Lovino scosse la testa -ormai mi sono svegliato.
-mhmh- si sedette affianco a lui e gli stampò un bacio sulle labbra, con un sorriso leggermente infantile -ecco, ora è un buongiorno.
-non hai davvero detto una cosa così cringe. Sto solo facendo un incubo- stabilì Lovino.
-veramente...
-sh. Non puoi essere così sdolcinato. Mi rifiuto di crederlo.
Antonio ridacchiò e lo baciò sulla guancia -mi fai questo effetto.
-non dare la colpa a me!- sbuffò, ma alla risata dello spagnolo si concesse un sorriso.
-hai dormito bene?
-abbastanza, anche se tu russavi.
-io? Mi dispiace dirtelo, querido, ma quello a russare eri tu.
-falso. Sei un bugiardo.
-sono abbastanza sicuro di...- in quel momento bussarono alla porta. Panico.
-cazzo cazzo cazzo- sibilò Lovino, alzandosi di corsa.
-il bagno- Antonio gli indicò la porta, seguendolo. Quando Lovino fu nascosto andò ad aprire, sperando di non avere la faccia di uno che si era bevuto troppi caffé. Dall'altra parte c'era Feliciano -ciao. Posso aiutarti?
-ciao...- sembrava nervoso -sto cercando Lovino, in camera sua non c'è e neanche alla mensa, l'hai mica visto?
-uhm no. Magari sta girando per i corridoi cercando la mensa, sai che è tremendo a orientarsi- dal bagno si sentì un tonfo.
-ve, c'è qualcuno chiuso in bagno?
-ma no, figurati- fece una risata -deve essere caduto qualcosa. Perché cercavi Lovinito? È successo qualcosa?
-no, ve... devo parlargli di una cosa.
-se lo vedo gli dirò che lo stai cercando- promise, con un sorriso che sperava fosse rassicurante. Feliciano annuì, sovrappensiero.
-grazie- e se ne andò, senza dargli il tempo di chiedergli altro.
Antonio scrollò le spalle e chiuse la porta -se n'è andato, querido.
Lovino aprì la porta, imbronciato -non è vero che non mi so orientare- bofonchiò uscendo dal bagno.
-oh, invece lo è eccome. Che hai fatto cadere?
-stavo cadendo io- replicò -che voleva Feli?
-parlarti. Sembrava preoccupato.
-oh. Meglio che vada allora- prese i vestiti e fece per andare in bagno, ma Antonio lo trattenne per un braccio e lo baciò per qualche secondo. Lovino, rosso in viso, bofonchiò un "idiota" prima di chiudersi in bagno per cambiarsi.
Si vestì in fretta, preoccupato per il fratellino, e uscendo si ritrovò davanti uno spettacolo a dir poco interessante: il suo ragazzo, girato di schiena a cercare qualcosa nell'armadio, con solo i jeans addosso. Si immobilizzò, con la gola improvvisamente secca. Doveva andare da Feliciano, ma aveva la mente un tantino annebbiata, capitelo. Antonio aveva la schiena muscolosa, abbronzata. Insipirò profondamente, doveva placare gli ormoni. Lo spagnolo sembrò sentirlo, perché si voltò, con una maglietta verde in mano, e arrossì leggermente -oh. Ciao.
-ciao- non stava arrossendo. No. Non aveva le guance così calde da poterci cuocere sopra una fiorentina. Assolutamente no. Cavolo che addominali... si schiarì la voce -vado da... da Feli.
-sì, certo- tossì e si infilò la maglietta, anche lui rosso in faccia -ehm... a dopo.
-a dopo...- quasi scappò via, cercando di regolarizzare il respiro. Feliciano. Doveva concentrarsi su Feliciano.
Si passò le mano sul viso, sospirò e si avviò alla ricerca del fratellino. Quante erano le probabilità che si perdesse? Alte, tanto alte. Per fortuna lo trovò in fretta, vicino alla mensa.
-ciao. Mi stavi cercando?
Feliciano annuì -ve... possiamo andare in un posto privato?
-certo. È successo qualcosa di grave?
Il minore non rispose, ma dalla sua faccia si capiva tutto. Lo tirò per la manica della sua felpa, senza toccarlo, e lo trascinò fino alla sua camera. Aprì la porta ed entrò con il fratello al seguito.
-cazzo.
Dentro, la camera era un disastro. I mobili erano ribaltati tranne il letto, dove comunque i cuscini e le lenzuola erano sparpagliati in giro per la stanza, e nella parete dietro la pittura era piena di crepe e graffi. Nel complesso sembrava che fosse passato un tornado, con il letto come centro.
-mi... mi è risuccesso ma è... è peggio e... e...- sembrava sul punto di piangere.
-va bene. Okay, adesso rimettiamo a posto, non ti preoccupare- sperava di essere rassicurante. Feliciano annuì.
-v-va bene...
-ti va di raccontarmi che è successo?
-e-ero seduto sul letto e... e stavo pensando a... a come finire un disegno...
-un disegno di quelli per creare cose o un disegno qualsiasi?
-un disegno q-qualsiasi.
-okay... e poi che è successo?
-n-non lo so... le cose hanno cominciato a girare e... e ho chiuso gli occhi e q-quando li ho riaperti era così.
-okay... tu stai bene?
-s-sì ma...- gli morì la voce. Stava tremando, sembrava sul punto di un attacco di panico.
-okay, Feli. Adesso la risolviamo- si guardò intorno, cercando qualcosa per distrarre suo fratello. Ed eccolo: il graffito sulla parete opposta al letto, rimasto intatto. Glielo indicò -cosa rappresenta quello? L'hai fatto tu?
Feliciano annuì, asciugandosi gli occhi -ve, sì... gli omini bianchi sono le persone a cui voglio bene.
-davvero? Non ci avevo fatto caso- si avvicinò e si chinò per controllare. In effetti sì, guardando da vicino riuscì a distinguere suo nonno, il crucco, l'altro crucco, il giapponesino inquietante, il francese pervertito, Antonio, la stronza, cioé Eliza, e altre persone che aveva visto in giro ma di cui non si ricordava il nome. Vide anche, in un angolino, un disegno di sé stesso da piccolo, leggermente più distaccato dagli altri.
-ve... non ti ho ancora aggiunto. Ve... intendo, messo come sei ora. Stavo facendo il bozzetto quando...
-perché tu non ci sei?- lo interruppe.
-non mi piace disegnarmi.
-mh, capisco... posso vedere il bozzetto che stavi facendo?- sembrava essere più calmo. Era una cosa che faceva anche quando erano piccoli. Quando Feliciano andava in crisi per qualcosa, se stava male o che so io, Lovino lo distraeva parlando dei suoi disegni o, in generale, di arte. Feliciano si concentrava così tanto su quello di cui stavano parlando che non pensava più a quello che lo aveva fatto stare male.
-ecco... ve...- titubante lo prese dalla scrivania e glielo porse, imbarazzato -non è ancora finito...
Il disegno era fatto bene, anche se si vedeva che era ancora una bozza. Tuttavia c'era una linea scura che lo tagliava in due, probabilmente gli era scappata la mano quando era cominciata la sua crisi.
-mi somiglia- abbozzò un sorriso -sei migliorato da quando eri piccolo. Mi facevi sempre il naso storto.
-non è vero- si imbronciò, con un mezzo sorriso.
-oh, sì invece. Hai altri disegni?
-ve, tanti.
-facciamo così. Mettiamo a posto e poi me li fai vedere.
-ve... va bene.
-uhm...- i mobili li potevano sistemare, il problema era la parete -hai della vernice?
-certo. Non dovrebbe essersi rovesciata nel... ehm, casino- andò ad aprire l'armadio, ribaltato, e prese qualche barattolo sigillato e alcuni pennelli.
-potresti fare qualche altro graffito per coprire...- indicò con un cenno del capo la parete.
Feliciano annuì -sì. Ve, avevo qualche idea da un po'...
-io intanto mi occupo dei mobili- esitò un secondo -o almeno ci provo.
Feliciano annuì -per fortuna non c'era niente di fragile...
-già- fu tentato di dargli una pacca sulla spalla, ma si trattenne -a lavoro, sfaticato.
Stranamente finì a ringraziare Elizabeta. Grazie a tutte quelle ore di allenamento aveva messo su alcuni muscoli, abbastanza da riuscire a sistemare, con un po' di fatica e per i più pesanti l'aiuto di Feliciano, i mobili.
Il fratello più piccolo, nel frattempo, aveva riempito i graffi con delle linee di colori diversi, prolungandole fino a formare una sorta di ragnatela arcobaleno.
-ve, pensavo di aggiungere delle foto nei punti dove le ragnatele si incontrano- spiegò a Lovino, durante una pausa -ogni colore rappresenta una persona a cui tengo. Dove si incrociano due colori metto una foto o un disegno con quelle due persone, o qualcosa che me le ricorda.
-è una cosa molto bella, Feli- gli rivolse un piccolo sorriso.
-grazie, fratellone!
-vuoi una mano per finirlo?
-no, ve, mi hai già aiutato tanto- lo abbracciò di slancio, facendolo irrigidire. Per fortuna toccò solo i vestiti -grazie.
-ehm...- inspirò profondamente. Non doveva andare nel panico, non doveva andare nel panico, non doveva...
Feliciano si allontanò, facendogli tirare un sospiro di sollievo. In teoria avrebbe potuto abbracciarlo con i guanti, ma aveva troppa paura per farlo. Qualche volta aveva toccato qualcuno attraverso i vestiti, per esempio Eliza durante gli allenamenti, ma Feliciano...
-scusa, fratellone.
-no, niente. È che ancora non... non me la sento, capisci? Non voglio farti male di nuovo.
-sì, lo so. Non preoccuparti- gli sorrise e si alzò. Si chinò vicino al letto ed estrasse una cassetta di metallo, chiusa a chiave. La aprì e cominciò a sistemare foto e disegni per terra -mi aiuti, fratellone?
-okay. Che colore rappresenta chi?
Feliciano prese il foglio su cui aveva abbozzato il disegno e lo girò. Dietro c'era una breve lista.
Prima che potesse leggerla, bussarono alla porta. Andò Lovino ad aprire, trovandosi davanti Antonio. Istintivamente sorrise, tornando serio subito dopo -ciao.
-ciao. Avete saltato il pranzo. Tutto a posto? Vostro nonno è preoccupato.
-abbiamo saltato il pranzo?- si voltò verso Feliciano, che alzò le spalle.
-ve, abbiamo perso la concezione del tempo... dovrei avere qualche snack da parte, ci arrangeremo con quelli.
-stai bene? Stamattina ti ho visto agitato...
-sì, grazie. Il fratellone mi ha aiutato.
-okay... ehm. Vi lascio a... quello che stavate facendo. A dopo- salutò entrambi con la mano, sorrise a Lovino e se ne andò.
Quando la porta si fu chiusa, Feliciano sostituì al suo solito sorriso uno molto più malizioso.
-e così tu e Antonio state insieme.
Lovino rischiò di strozzarsi con l'aria -ma che cazzo stai dicendo?!
-dai, si capiva. Vi guardate in un modo...
-non è vero!
-sei sicuro?- inarcò un sopracciglio, divertito, con ancora quel sorrisino del cazzo stampato in faccia.
-certo! Io? Con quella testa di cazzo? Neanche tra un milione di anni!

-Feliciano ha capito che... ehm... stiamo insieme? Cioé, sì insomma, che tra noi c'è qualcosa.
-uhm...- Antonio tornò a baciarlo per qualche secondo prima di continuare -e che gli hai detto?
-che si sbagliava- lo spagnolo lo baciò ancora e ancora, impedendogli di continuare. Quel ragazzo era una fottuta sanguisuga. Non che la cosa gli dispiacesse -non... non sapevo se tu volessi che... che si sapesse, ecco. Né se io lo voglio.
-mh... okay querido- lo baciò di nuovo, e per un po' non fecero altro. Era bello... stare lì, sul letto, a baciare il proprio ragazzo come un adolescente qualsiasi. Quando erano soli, Lovino perdeva ogni concezione di tempo e spazio. Sapeva solo che Antonio era lì, lo baciava e lo amava -sai... non mi dispiacerebbe baciarti anche in pubblico, chiamarti "il mio ragazzo" e fare quelle cose da fidanzati... ma se non vuoi lo capisco.
-non è che non lo voglia- allacciò le braccia intorno al suo collo per tirarselo più vicino. Prese ad accarezzargli i capelli mentre parlava -è che sono l'ultimo arrivato. Devono ancora abituarsi a me. Vorrei fare un po' per volta.
-va bene- lo baciò sulla guancia, con un sorriso. Lovino non riuscì a trattenersi e sorrise a sua volta, attirandolo a sé per l'ennesimo bacio. E pensare che fino a poco prima certe cose neanche si sognava di immaginarle. Pensava che tanto non gli sarebbero mai successe: immaginarle avrebbe solo fatto più male, come sale su una ferita aperta. E invece eccolo lì, ad amoreggiare con un ragazzo bellissimo su un letto comodo, al sicuro, lontano da quella cella di merda. Come se non avesse fatto altro per tutta la vita, salì a cavalcioni sopra di lui, che lo strinse posandogli le mani sui fianchi, sempre baciandolo. Schiuse le labbra e si ritrovò a desiderare di avere ogni millimetro di pelle a contatto con la sua, di sentire le sue braccia forti ovunque intorno a sé, di...
Si allontanò di scatto, con le guance rosse. Tornò a sdraiarsi accanto a lui, dandogli la schiena, con le mani sul viso.
-Lovi? Tutto okay?
Mugolò qualcosa, cercando di darsi una regolata. Ma che minchia gli stava succedendo?
-querido? Lovi? Dai, guardami- lo abbracciò da dietro, divertito, e appoggiò la testa sulla sua spalla. Adorava quel tratto dell'italiano, il suo rinchiudersi in se stesso all'improvviso. Alcuni lo avrebbero trovato fastidioso, ma lui prendeva il "farlo aprire" come una sfida. Lovino cambiava di continuo, all'improvviso; un attimo poteva baciarlo e quello dopo lanciargli addosso qualcosa. Ma era proprio quello il bello: impegnarsi continuamente per farlo stare bene. E per lui era un libro aperto, lo capiva meglio della maggior parte delle persone. Lovino era testardo, lunatico, volubile e scontroso. Chiunque avrebbe gettato la spugna. Antonio invece trovava questi difetti le qualità migliori del mondo -che hai?
Quello scosse la testa, ancora rosso. Lo spagnolo rise sottovoce e lo baciò scherzosamente sul collo -dai, fatti vedere in faccia, sei così bello...
-mi sento strano- mormorò Lovino, aprendo lo spazio tra le dita per mostrare due occhi verdognoli e confusi.
-oh...- si dovette sforzare parecchio per non ridere -è normale. Significa che... che al tuo corpo piaccio.
-lo so, cretino. L'ho studiata anatomia- brontolò, scontroso -però è imbarazzante.
-nah. Forse un po', ma non è una cosa di cui vergognarsi. Non c'è niente di strano.
Lovino mugugnò qualcosa e si tolse le mani dalla faccia; tuttavia si girò e la nascose contro la maglietta dell'altro. Antonio scosse la testa e prese ad accarezzargli i capelli -è un passo in avanti. Entro stasera riuscirai a guardarmi in faccia?
-non credo.
-mh- lo baciò sulla testa -però se fai così non posso più baciarti, e non va bene.
Lovino non rispose. Rimasero così per un po', abbracciati. Con il battito calmo dell'altro dritto nell'orecchio l'italiano stava quasi per addormentarsi.
-Loviiii- lo richiamò, con il tono di un bambino a cui avevano tolto le caramelle.
-cazzo vuoi?
-un bacio.
-non rompere.
-daaaai.
-no.
-Loviii.
-no.
-Lovi!
-e va bene, testa di cazzo- sollevò il viso, gli posò una mano dietro la nuca e lo tirò giù per baciarlo per qualche secondo. Poi, per sfuggire al suo sguardo, tornò a nascondersi contro il suo petto.
-grazie, querido.
-come ti pare- brontolò, socchiudendo gli occhi.

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