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Zade

Il suono di squilli continui provenienti dal telefono sul sedile del passeggero eccheggiò per tutta l'auto, rendendo l'attesa insopportabilmente fastidiosa e asfissiante.

Presi un lungo respiro, guardando per un istante il mio riflesso nello specchietto retrovisore: avevo lasciato che la barba crescesse di qualche centimetro in più del solito, i capelli erano ridotti a una massa indistinta di ciocche corvine e i miei occhi scuri erano spenti, vuoti, colmati solo da un costante stato di allarme e preoccupazione.

Sospirai, distogliendo lo sguardo per rivolgerlo verso il semaforo rosso dinanzi cui sostavo, portando poi una mano in viso in un gesto frustrato.

Dove si trovava Amber? Stava bene?

Era in pericolo?

Da giorni, la mia mente era un turbinio di domande senza risposta: l'unica cosa che sapevo era che se solo non avessi attaccato Louis, quella volta, lei non se ne sarebbe mai andata, e tutto questo non sarebbe mai accaduto.

Era da svariate ore che, mentre percorrevo con la macchina ogni singola strada di Londra, avevo cominciato a chiamare qualunque persona conoscesse o avesse avuto contatti con Jacob, speranzoso di sentire che qualcuno lo avesse visto o sentito ultimamente, anche se invano: ogni mio tentativo di ritrovarla pareva essere futile, e questo non fece altro che abbattermi ancor di più.

Il rumore degli squilli cessò di colpo, lasciando spazio a una voce proveniente dall'apparecchio acustico ancora appoggiato sul sedile del passeggero.

«Zade, amico!» rispose entusiasta il giovane, «che bello risentirti! A cosa devo il piacere?»

Presi un lungo respiro, pronto a rispondere in maniera chiara e coincisa a un amico di vecchia data.

«Ti chiedo scusa, Jason, ma non ho molto tempo per chiacchierare: ho solo bisogno di un favore. So che tu e Sullivan avete gareggiato un paio di volte in passato, e volevo chiederti se per caso lo avessi visto in giro, ultimamente» gli chiesi, sbrigativo.

Sperai di aver finalmente trovato qualcuno che avesse avuto contatti con lui in modo tale da ottenere qualche indizio in più, eppure, quando Jason diventò l'ennesima chiamata inutile di quella giornata, borbottai un «fa niente, grazie lo stesso», prima di attaccargli poco educatamente il telefono in faccia.

Ero esausto di quella situazione, ma soprattutto, ero preoccupato per Amber: quel verme del fratello era capace di qualunque cosa pur di ottenere vendetta, e io non avevo neppure il coraggio di pensare a cosa avrebbe potuto farle, se solo l'avesse trovata prima di noi.

Mi sentivo responsabile di quanto era accaduto; avevo visto in prima persona come le mie parole l'avessero ferita, come l'avessero fatta sentire solamente un oggetto.
Non avrei mai voluto farla sentire così, mai.

Avevo sbagliato tutto con lei, e più il tempo passava, più mi rendevo conto di non essere affatto la persona che meritava di avere al suo fianco.

In fondo, io non avevo fatto altro che trattarla come aveva fatto Jacob per più tempo di quanto mi piacesse ammettere, prima credendo che fosse una sua spia, poi ingelosito dalla sua vicinanza con Louis.

Questo non me lo sarei mai perdonato.

Ero innamorato di lei, ormai ne ero certo, ma se c'era una cosa che avevo capito, era che Amber non aveva bisogno di un ragazzo oscuro e tormentato come me: aveva già provato sulla propria pelle cosa significasse avere a che fare con qualcuno mentalmente instabile, problematico e bisognoso d'aiuto, aveva già sofferto abbastanza per qualcuno come me.

Ti Salverò La Vita StanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora