12. .Part Two.

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Zade

«Allora, Zade, come va la vita?»
 A pormi quella domanda fu Jason, un amico di vecchia data con cui avevo deciso di vedermi quel mattino.

«Tutto nella norma, per ora. Tu, invece? Continui a gareggiare con Alex?» gli chiesi, prendendo un sorso dalla spremuta d'aranciata che avevo ordinato, dato che non avevo potuto berla in santa pace a casa. Che nervi.

Era da circa un'oretta che mi trovavo in un bar a chiacchierare del più e del meno con Jason, anche se non prestavo molta attenzione a ciò che mi diceva: i miei pensieri erano ancora rivolti verso Amber.

Non sapevo perché stessi ancora pensando a lei, in realtà: non era la prima volta che mi capitava di vederla ben poco vestita...

Sorprenderla in camera di Louis in quelle condizioni, però, mi aveva stupito: mi chiedevo come potesse aver affermato che tra di loro non ci fosse nulla, se trovandosi nella sua stanza in quel modo dimostrava il contrario.

Odiavo ammetterlo, eppure, credevo di cominciare a provare dell'attrazione fisica per quella ragazza: il solo pensiero mi faceva sentire una fottuta merda.

Suo fratello era pur sempre Jacob Sullivan, lo sporco verme che odiavo con tutto me stesso. Inoltre era la ragazza che, a quanto pareva, piaceva a Louis: perciò, non avrebbe dovuto nemmeno sfiorarmi l'idea di sentirmi attratto da lei.

Eppure con quei suoi capelli biondi, gli occhi blu e il sorriso sempre sulle labbra, mi ricordava così tanto Camille da farmi sentire male ogni qual volta la guardassi.

Amber però non era lei: era bensì la sorella del suo carnefice.
Per tutta quella serie di motivi, dunque, non avrei mai potuto guardarla con occhi diversi.

In più, credevo ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lei, come se in realtà ci stesse nascondendo qualcosa...

Tuttavia, mi sentivo in un certo senso legato a quella ragazza, e sapevo che quella sorta di connessione fosse scattata nel momento in cui l'avevo vista inerme in quella doccia.
Era come se, al suo posto, avessi per un attimo rivisto Camille.

La donna che non avevo potuto salvare.

«Zade! Mi stai ascoltando o fai finta?» La voce di Jason che chiamò il mio nome mi fece tornare bruscamente alla realtà. Portai velocemente una mano al mio viso, tornando a guardare il mio amico. Pensai che i suoi capelli fossero cresciuti così tanto da farlo sembrare un dannato barboncino, ma non fu quello che gli dissi.

«Scusami tanto, è che ho altro per la testa. Potresti ripetere?» mi scusai, cercando di scacciare quei pensieri dalla mente.

«Stavo dicendo che, sì, continuo a gareggiare con Alex, ma devo confessarti che ultimamente stiamo legando» ammise, riferendosi a uno dei suoi più grandi rivali in campo.

«Finirete per diventare migliori amici»  lo schernii,  ridendo della mia stessa battuta.

«Nah, non mi abbasserò mai al suo livello» affermò deciso, facendomi l'occhiolino.

«Fai bene» annuii, prima che il mio telefono prendesse a squillare.

«Mi scusi un secondo?» gli chiesi, notando il numero di Louis lampeggiare sullo sfondo del mio cellulare. Quando il mio amico acconsentì, mi allontanai dal tavolino in cui ero seduto, uscendo dal locale.

Subito, la luce del sole che quel giorno illuminava Londra mi colpì, costringendomi a portarmi un braccio davanti agli occhi, infastidito dal forte bagliore, prima di rispondere.

«Ehi, Zade».

«Dimmi, Louis. E falla breve» lo avvisai, seccato.
Lo sentii sbuffare, ma non si lamentò del mio brusco atteggiamento. Dopo tutti quegli anni d'amicizia, doveva essersi abituato.

Ti Salverò La Vita StanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora