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Ci volle molto tempo per medicare la ferita di Louis: nonostante non avessi mai fatto qualcosa del genere, riuscii a mantenere la calma e a non mostrare a Louis il profondo stato di angoscia in cui mi trovavo.

Dopo averlo aiutato a sollevarsi da terra e a raggiungere il divano cominciai a pulirgliela e disinfettarla, proseguendo con la cucitura, cercando di fargli il minor male possibile.

Non lasciai che alcuna emozione trasparisse mentre, a pochi centimetri da Louis, lo medicai: l'ansia di sbagliare qualcosa e di arrecargli ulteriormente dolore era alta, e avere i suoi occhi fissi su ogni azione compiessi non fu affatto d'aiuto. Perciò mi stupii di come con molta cura riuscii a fasciare quell'orribile lesione senza causargliene delle altre.

Sebbene cercasse di mascherare il dolore che provava, era percepibile a perdita d'occhio quanto in realtà stesse soffrendo, e quella consapevolezza fu capace di colpirmi dritta al petto come una freccia scoccata proprio all'altezza del mio cuore: odiavo cogliere la sofferenza negli occhi cristallini di Louis.

Non potevo sopportarlo.

La ferita era piuttosto profonda, ma non c'era stato modo di convincere Louis ad andare all'ospedale, perciò speravo vivamente che quello che avevo fatto bastasse, e che lo squarcio nella sua pelle non avrebbe fatto infezione: in quel caso, non sapevo se sarei stata in grado di mantenere il sangue freddo.

In quel momento mi trovavo a terra, mentre Louis sedeva sul divano, a petto nudo, la testa appoggiata contro il muro alle sue spalle: fissava in silenzio un punto indefinito del soggiorno poco illuminato dalle pareti blu, pensieroso.

Non era solo la ferita sul fianco che avevo scoperto nell'attimo in cui Louis si era tolto la maglietta: il suo corpo era infatti ricoperto di lividi, lacerazioni e ferite; alcune si stavano rimarginando, altre, invece, erano fresche.

Eppure, lui non sembrava provare dolore.
Ma io sì.

Non potei fare a meno di pensare a quanto, anche in quelle condizioni, Louis fosse semplicemente incantevole con la sua pelle leggermente ambrata, il corpo scolpito ormai rilassato e i tratti del volto ben delineati: sembrava quasi uscito da un poema epico, i cui miti narravano di giovani eroi forti e idilliaci.

Espirai piano dalle narici, decidendo finalmente di alzarmi dalla scomoda posizione che avevo assunto per medicare Louis: presi il kit di pronto soccorso e lo appoggiai sul tavolino di vetro al centro del soggiorno, dinanzi al quale sostai per un attimo.

Tra di noi era calato un profondo silenzio che quasi temevo di spezzare: Louis sembrava aver trovato un po' di serenità dopo gli infiniti attimi di dolore, mentre io ancora non riuscivo a tranquillizzarmi.

Presi un lungo sospiro, poi mi voltai e decisi di dirigermi verso il divano, prendendo posto proprio accanto a lui.

Il ragazzo non spostò lo sguardo verso me; però, seppure impercettibilmente, mi resi conto che il suo respiro si appesantì alla mia vicinanza.

L'istinto agì per me: lentamente avvicinai il mio corpo a quello imponente di Louis, poggiando delicatamente la testa sulla sua spalla, facendo attenzione a non fargli male.

Avevo solo bisogno di sentirlo vicino, di sapere che nonostante tutto stesse bene, e che fosse al sicuro da quello che avrebbe potuto continuare a fare per farsi del male, se solo fosse uscito ancora una volta da quella casa.

Rimanemmo immobili in quella posizione per svariati minuti: il tempo sembrava scorrere a rallentatore quand'ero così vicina a Louis da poterne percepire il respiro, il suo braccio capace di sfiorare il mio e l'irresistibile profumo al muschio bianco della sua pelle.

Ti Salverò La Vita StanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora