.24. .Part Two.

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La pioggia sempre più fitta aveva cominciato a fondersi con le mie lacrime, penetrandomi nei vestiti e nelle ossa nel momento in cui i passi si avvicinarono sempre di più, calpestando l'asfalto ormai bagnato.

«Amber! Da un momento all'altro sei sparita, credevo che...»

Una volta arrivata davanti a me, la persona bloccò le sue parole alla vista dello stato in cui mi trovavo.

Nonostante la mia vista offuscata dal pianto non mi permise di vedere il suo volto, avrei riconosciuto quella voce anche bendata, in mezzo a un milione di persone.

«Ti devi calmare, diamine, stai avendo un attacco di panico» disse, avanzando verso la mia tremante figura, «Amber, ho bisogno che ti calmi».

La voce di Zade era l'ultima che, in quel momento, avrei voluto sentire.

La sua presenza in quell'attimo angosciante mi destabilizzò ancor di più, e sebbene il mio corpo fosse ancora scosso da tremiti e singhiozzi, ebbi la forza di voltarmi verso di lui, mentre ancora non riuscivo a regolarizzare il respiro.

Un fulmine, seguito poco dopo dal potente rombo di un tuono, illuminò il volto del moro bagnato da alcune piccole gocce di pioggia, e gli occhi preoccupati di Zade su di me furono la prima cosa che notai. La sua falsa apprensione non fece altro che farmi agitare ancora di più.

«Calmarmi? Proprio tu vieni a dirmi che dovrei calmarmi? Hai ancora il coraggio di parlarmi dopo quello che mi hai fatto? Dopo avermi aggredita?» lo accusai, il fiato corto e le mani strette in due pugni, «devi solo starmi lontano, Zade, lontano!» esclamai in preda al pianto.

L'espressione del ragazzo mutò in un istante: sembrò quasi dispiaciuto per quanto era accaduto, pareva che vedermi ridotta in quel modo non gli facesse affatto piacere.

Tuttavia, il tono con cui mi parlò non lasciò a intendere nulla di tutto ciò.

«Dio, Amber, possibile che non capisci le situazioni in cui ti vai a cacciare? Prova a mettere da parte l'orgoglio per un fottuto istante, perché se sono qui, è solo per assicurarmi che tu stia bene!» ribatté il ragazzo dinanzi a me, mantenendo la distanza che si era creata tra di noi.

A causa dell'acquazzone che si era abbattuto su Londra, alcune delle sue ciocche scure ricaddero sulle sue palpebre, mentre i suoi occhi mi fissavano in maniera impenetrabile.

Non potevo credere che Zade stesse realmente parlando di orgoglio.

Per tutti quei mesi mi aveva fatto del male fisico e psicologico, e io ero stata così stupida da stargli comunque accanto, da cercare di capirlo, quando in realtà avrei dovuto solamente scappare il più lontano possibile da lui.

Poggiai le mani sulle mie braccia per proteggermi dal gelo che mi aveva pervaso, prima di rispondergli.

«Quello che tu non capisci, Zade, è che per assicurarti che io stia bene, dovresti andartene il più lontano possibile da qui: perché io non ho bisogno della tua protezione» ammisi, una nuova lacrima bagnò il mio volto, «io ho bisogno di proteggere me stessa, da te!»

Le mie parole scatenarono una reazione inaspettata in Zade.

Il ragazzo, infatti, morse il suo labbro inferiore, fissandomi attentamente negli occhi; poi emise un lungo sospiro, e si passò una mano sul viso.

Sembrava che lo avessi lasciato senza parole, quasi come se, in fondo, sapesse che avevo ragione.

Intorno a noi non vi era anima viva: il cielo cupo era piangente, mentre la musica proveniente dal pub era a malapena udibile, da quella distanza.

Ti Salverò La Vita StanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora