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Trascorso un giorno dall'accaduto, Louis non si era ancora fatto vivo.

Ogni minuto che passava l'angoscia mi divorava sempre più: avevo paura che quel ragazzo, ora così tormentato dai sensi di colpa, potesse commettere qualcosa di insensato...

Non avrei mai perdonato me stessa se Louis si fosse fatto del male a causa di quanto era successo: mi odiavo con tutto il cuore per non aver reagito, per non aver cercato di rassicurarlo, dicendogli che sapevo non fosse nelle sue intenzioni colpirmi.

Avevo semplicemente lasciato che credesse lo reputassi un mostro, capace di farmela pagare per ciò che c'era stato tra me e Zade: quest'ultimo, dal canto suo, non aveva certo migliorato la situazione, incolpando Louis di ogni cosa.

Non avevo sopportato la reazione del moro, quella rabbia nei suoi occhi mentre urlava a Louis, quello che una volta era il suo migliore amico, di andarsene via di lì.

Forse aveva dimenticato tutte le volte in cui era stato proprio lui a ferirmi, a differenza di Louis, con brutalità e intenzionalmente.

Mi sentivo distrutta.

Avevo rovinato tutto e, purtroppo, non me n'ero accorta fino a quando ormai non era troppo tardi.

Victor, fortunatamente, era sparito: Zade e i ragazzi lo aveva sbattuto fuori casa senza alcun ripensamento, avendo capito quanto amasse seminare zizzanie, come se fosse stato il suo unico scopo fin dal principio.

Altroché amico.

Nonostante ciò, però, sapevo che la colpa di quanto era accaduto non poteva essere scaricata su di lui: prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, e avrebbe fatto male allo stesso modo.

Mi imposi di alzarmi dal letto per andare a farmi una doccia: da quando eravamo tornati a casa non avevo messo piede fuori da quella camera.

Tutto quello che avevo fatto era stato rinchiudermi in quelle quattro mura, gettarmi a peso morto sul materasso bianco coperto da lenzuola dello stesso colore e riversare fuori ogni mia emozione, lasciando che le mie ghiandole lacrimali venissero completamente svuotate, ignorando i tremori del mio corpo ancora bagnato a causa della pioggia e profondamente scosso.

Zade aveva cercato svariate volte di convincermi a parlarne, ma la verità era che non ne avevo il coraggio, perché se lo avessi fatto, avrei dovuto affrontare ciò che era successo e le conseguenze delle azioni che ognuno di noi aveva compiuto. Dopo un intero giorno passato in quel modo, però, capii che non avrei potuto continuare così in eterno.

Aprii lentamente la porta della stanza, sporgendomi per vedere se ci fosse uno dei ragazzi nel corridoio.

Nessuno. Via libera.

Afferrai velocemente un asciugamano e mi diressi verso il bagno, pregando di non incontrare qualcuno nel tragitto, e subito mi richiusi la porta alle spalle, rilasciando il fiato che avevo trattenuto fino a quel momento.

La prima cosa che notai in quelle pareti turchesi, volgendo per la prima volta dopo tempo lo sguardo verso lo specchio dinanzi a me, fu il mio viso.

Lentamente mi avvicinai alla lastra di alluminio che riflesse la mia immagine: avevo un piccolo spacco sul labbro, gli occhi gonfi e del mascara colato sulle guance a causa del pianto, i capelli ridotti a una coda spettinata e malridotta.

Ma a farmi sentire dannatamente male non furono tutti quei dettagli trascurabili: fu piuttosto un brutto livido posto sul mio zigomo sinistro.

Mi mancò il respiro a quella vista, e voltai subito lo sguardo altrove, dirigendomi verso la doccia.

Ti Salverò La Vita StanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora