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"Dammela!" Tirai la piccola bambola di stoffa, cucita e ricamata da quel tessuto fine dalla mia dolce Marie Anne.
Non faceva altro che prendersi cura di me e dei miei bisogni, a differenza dell'illustrissima signora madre che preferiva restarsene adagiata su una delle soffici poltrone di camera sua, a imbellettarsi con fiocchi, collane di perle e orecchini appariscenti, il tutto per dare sempre un aspetto estroso e migliore di sé e delle altre.
Riteneva che dovesse essere l'unica donna a spiccare tra la società per gli eccessi che sfoggiava su quel fisico corpulento.
Quell'anno ritornammo in Inghilterra e, io, potei godermi le lunghe giornate in compagnia con gli altri bambini che venivano a trovarci nella nostra tenuta Inglese.
"NO! Tocca a me, adesso è il mio turno Liz!" Insisté mia cugina Maria.
Era una capricciosa viziata dalla malsana inclinazione a richiedere, dai suoi genitori, tutto ciò che le ronzava per quella testa bacata.
Tirò la bambola a sé con prepotenza tale da rischiare di strapparla, al ché mi ritrovai costretta a mollare la presa e a dargliela vinta.
Col cruccio la seguii con lo sguardo, fino a vederla sparire oltre la soglia.
Possibile mai che dovesse sempre averla vinta lei?
Per fortuna, la bambola non era il solo oggetto prezioso che custodivo gelosamente lì dentro.
Avvicinandomi al letto e scostando l'orlo arricciato del lenzuolo, tirai a me lo scrigno, lasciando emettere lo scatto dell'apertura in tutta la stanza.
Le mie labbra si sollevarono appena.
Alzando il coperchio, mi ritrovai ad ammirare la moneta dorata che, prendendo tra le dita e rigirandola, me la misi a osservare come la prima volta: la rinvenni sulla riva di un mare a rilasciare resti di vascelli decaduti dalla portata dei nostri cannoni.
Mi rimase impressa la scena delle vele nere spazzate via.
Le schegge diamantine a brillare a una raffica inumana e le lingue di fuoco ad aggrovigliarsi in un mostro fiammeggiante su quell'imbarcazione lontana, costruita sotto un imponente tronco che si spezzo e incrinò malamente da un lato, ricadendo in acqua.
Le grida disperate si udirono fino al nostro galeone.
Ricordo come distolsi gli occhi una volta che ebbi notato le sagome degli uomini, dalle sembianze di forsennati andare avanti e indietro, sul ponte di quell'imponente nave, abbrancando palle sferiche e apprestandosi a posizionarle all'interno dei cannoni.
Il famoso boato che mi costrinse a tapparmi le orecchie, poi il vascello, dall'altra parte del mare, finire preda di fiamme a divampare l'orrida vittoria in una coltre di fumo denso.
Non erano scenari adatti per una bambina, ma lui riteneva decideva quando dovessi essere messa a conoscenza della vera realtà del mondo, e di come sarebbe stata la vita che avremmo condotto lontani dall'Inghilterra.
"Vedi Liz?" Facendomi girare verso lui, mi ritrovai a osservargli il viso allungato ancora di più da una matassa di finti capelli bianchi, con indosso una vestale blu lunga fino al bacino. Quella era la tipica divisa di chi serviva il governo Britannico. "Osserva, figlia mia" indicò in direzione di quello che rimase del vascello: corpi a galleggiare in prossimità di brandelli legnosi, cullati dal mare mosso. "Questo è il lavoro di tuo padre, radere al suolo coloro che si fanno chiamare pirati!" Nel marcarne il termine con sprezzo, mise ben in chiaro il suo ideale.
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𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎
Fantasy(In Revisione) Anno 1720, la fine dell'era pirata. Una donna fuori dagli schemi e dall'ordinario collettivo, previsto dai canoni dell'alta società, trasgredisce a ogni sorta di regolamento impostato dall'autorità del padre, obbligata per suo vole...