Anno 1720. Fine dell'era pirata.
Una donna fuori dagli schemi e dall'ordinario collettivo, previsto dai canoni dell'alta società, trasgredisce a ogni sorta di regolamento impostato dall'autorità del padre, obbligata per suo volere a sposarsi con u...
Corsi sul sentiero di ghiaia, la cui terra circostante riarsa elevava sottili pennacchi di fumo.
Le mura mi si presentarono schizzate. I vasi di terracotta frantumati, perfino l'acqua cristallina della fontana si era impregnata del rossore della morte.
I miei passi rallentarono a poco.
I fiori variopinti che davano una luce viva all'intera tenuta, sbocciati da soli due settimane, si trasformarono in un colore scuro, buio e fosco.
Le giubbe rosse continuarono a lottare contro quei malfattori, tentando con ogni mezzo di avere la meglio in quella notte di terrore, animata da urla di una gloria ravvivata dopo molto tempo.
Una loro venuta era bastata a farli risvegliare e ad appiccare la scintilla del gran ritorno.
Per un attimo mi sentii spaesata, non sentendola più come casa mia, con il solito cinguettio degli uccelli provenienti dalle fronde degli alberi trapassati dai flebili raggi della prima luce, a lambirmi pure le guance.
I piccoli rumori della quotidianità, causati da parte della servitù indaffarata nelle sue faccende, non c'erano più.
Mai vista la tenuta in quello stato o per meglio dire, New Weiven.
Scesi dai miei pensieri tornando a correre verso la porta secondaria che mi avrebbe dato l'accesso al corridoio, così da accertarmi del comandante e di Ben.
Non li avrei abbandonati come una codarda.
Proseguii coi capelli macchiati di terriccio e il fiato corto a spostarmi le ciocche, ma nel cercare di muovermi il più in fretta possibile, caddi rovinosamente con le ginocchia a terra, procurandomi dolori su entrambe che presero a bruciare e a farmi stringere i denti.
Finii con gli stivali aggrovigliati nell'orlo di quella dannata stoffa che strusciava di mezzo centimetro da terra, eppure all'unica sarta di New Weiven le raccomandai di sistemarmela per quel difetto e, con tutto ciò, non fu in grado di appagare la mia richiesta e dovetti tenermela.
Mi alzai la gonna per capire cosa mi fossi procurata, scorgendoci appena dei rivoli di sangue scorrere verso il basso delle gambe.
Non mi soffermai troppo, appena la feci abbassare, la via mi venne sbarrata dalla sagoma della bionda che slittò i piedi, diradando polvere sotto le suola, e a seguirla da dietro ci scorsi pure l'altra con le ciocche che le finirono dinanzi al viso, rendendo la sua espressione più dura.
«Elisabeth bastarda Smith» Lunna mi gettò un'occhiata ammonitrice. Teneva i denti così serrati da sembrare un cane da caccia. «Quando ti riavrò nelle mani ti torturerò anche per noia» e puntò la spada nella mia direzione sembrando voler suggellare la promessa, poi avanzò facendomi arretrare.
Feci una smorfia per farle comprendere la mia opposizione al suo pensiero. «Ti consiglio di cercarti degli ossi da sgranocchiare e andartene a cagare per strada» mi finsi disinteressata allo scopo di accrescerne l'istigazione. «Almeno ti impegni in qualcosa di utile che metterti a seguire il fiuto e farti accarezzare le orecchie da Velvet.»
Fetida cane da caccia. Pensai.
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