𝑰𝒏𝒈𝒊𝒖𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒆

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18

Mi venne scagliato un cuscino di spalle da costringermi a drizzarmi e ad adagiarmi sul soffice materasso. "Mi stavo lamentando per conto mio" la donna che compì l'atto, prese a osservarmi a braccia conserte.

Mi massaggiai le tempie, sbuffando esausta e udendo i suoi passi ovattati, nel venirsi ad adagiare pacata sulle soffici lenzuola. 

I miei occhi si posarono su quel sacco scuro poggiato sulla scrivania, disposta in un angolo: Dovevo ancora consegnare i dobloni a Velvet, altrimenti, stavolta, mi sarei trovata le sue scagnozze fin dentro la mia stanza.

Mi lisciai una parte dei capelli come a ritrovare la calma e inchiodai lo sguardo a terra, in un punto a casaccio del pavimento. 

"Marie Anne" alzai la testa per dirle: "Sei la governante di questa casa, ti prendi cura anche di me, non dovrei farti perdere tempo per queste sciocchezze. Forse" inzuppando l'incertezza in un contenitore acido di parole dubbiose.

La povera donna lasciò girare i pollici delle sue dita incastonate. "Cosa vi è successo? Sono tutta orecchi" si sistemò sul letto e, posando una mano dietro la mia schiena, iniziò a strofinare sulla stoffa. Da piccola, quando avevo degli incubi e mi sentiva farneticare nel sonno, si precipitava sul divanetto ad angolo di noce, inutilizzato, dai braccioli imbottiti di un tessuto avorio, per venirmi a calmare con massaggi lenti. Alle volte la mia caparbietà superava la ragione e mi impuntavo contro la servitù, specialmente sul cibo che mi costringevano a mangiare, così mi rintanavo in camera, rannicchiandomi nel tentativo di riparare al mio malumore. Alla fine accorreva sempre Madama. "Presumo si tratti del comandante superiore, l'uomo che era qui prima" dedusse. "Penso sia oltremodo singolare, ma anche garbato nei modi"

"Singolare sicuro, ma no! Non si tratta di lui" Asserii, cominciando a diventare smaniosa. Poggiai le mani dietro la schiena e mi ressi sul letto, facendomi avvolgere da un'aria pensosa.

Esalò un sospiro. "Anche se sono la governante, per tutti questi anni mi sono presa cura sia di te, che di questa casa. Parecchie questioni non mi sfuggono. Su avanti, parla" mi incitò a confidarmi e a liberarmi della mia apprensione attanagliante. 

Stavolta feci io un lungo sospiro, drizzandomi con la schiena e voltandomi verso lei: "mi sono imbattuta in quel ragazzo del mercato" le rivelai diretta. 

Madama corrugò la fronte, dardeggiando gli occhi in un punto indefinito, come a riflettere.

Smise di massaggiarsi la guancia e: "Il tipo pieno di gioielli, quello con la mela in mano?" Chiese, per accertarsi fosse lui. Io annuì in conferma, e uno sbuffo da parte sua arrivò. "Non dirmi che ti sei cacciata in qualche guaio serio?" Cercò di assicurarsi con un tono che rasentava il rimprovero, ma scuotendo il capo lasciai dissipare i suoi dubbi. 

Tra l'altro, non potevo credere di essere finita in qualche losca faccenda.

Mi umettai le labbra. "No, non penso si tratti di me. Ho solo alloggiato al bordello del Mogul, giù a sud, e bevuto qualche boccale di troppo. Velvet non si ribasserebbe mai a tanto, per quanto possa essere perfida" deduzioni revocabili le mie, se pur le uniche, al momento, a tenere in ballo. "Sa che sono la figlia di un uomo influente" provai a rassicurarla, mostrando comunque finta certezza. 

Ritornai a pensare a quel giovane uomo. 

Di chi si poteva trattare? 

Sulla fronte di Madama sparirono le rughe a un tratto, dandomi modo di scorgerle uno sguardo analitico indirizzato al mio viso, tirato dai pensieri, come se stesse cercando di scovare a fondo nelle mie questioni personali. 

Talvolta, anche a lei tenevo all'oscuro; non poteva sapere molto perché si sarebbe preoccupata e tale emozione l'avrebbe tradita.

Sporse il corpo in avanti, costringendomi ad arretrare il busto. "In un bordello, Elisabeth? Perché finisci in quei postacci?" Mi redarguì a voce bassa, mostrandosi indignata.

𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora