𝑰𝒍 𝒔𝒆𝒈𝒏𝒂𝒍𝒆

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Udii un boato assordante che avrebbe cambiato il percorso del mio destino, tanto da far tremare il pavimento sotto i piedi.

Non ebbi tempo di indietreggiare ma solo di portarmi le braccia davanti al viso, per ripararmi da una pioggia di schegge a schizzare da ogni angolo della casa, susseguite da urla di spavento, la mia compresa.

Una palla di cannone perforò il muro est della tenuta, a una velocità tale da trapassare i muri e sbucare al di dietro della villa.

Avvertii un lieve bruciore vicino il polso, scorgendoci un piccolo taglio che sanguinò appena e, quando il peggio sembrò passato, strabuzzai gli occhi sull'uomo poggiato ancora allo stipite della porta intatto, notando come la sua aria soddisfatta pervadeva ogni emozione del suo corpo.

Non sembrava terrorizzato, non era per niente sorpreso.

Come si poteva essere così crudeli?

«Elisabeth!» Le grida indicibili provennero dalla sala da pranzo. «Dove sei?» La voce alta che uscì dalla bocca di Ben si spezzò dal tossire, tra l'altro fece ben intendere fin dove gli si fosse ramificata la paura di ritrovarmi travolta.

Al di dietro di una nube polverosa aizzata in casa, sbucò il suo corpo avanzare affaticato e stordito dal forte rumore.

I tremolii si impossessarono del mio corpo, il cuore accelerò, le mani iniziarono a sudarmi.

Faticai a cacciare i brevi fischi alle orecchie.

Si aggiunse anche un bruciore all'interno degli occhi che mi costrinse a strizzarli, dovuto sicuramente ai granelli di polvere.

«Ben, non muoverti da lì» gli parlai per evitare potesse compiere altri passi.

Lo schiarire di gola vicino mi riportò a volgere lo sguardo all'ingresso.

Non accennò a nessuna reazione, il viso glielo vidi rasserenato. Era lui che aveva dato il via all'attacco dell'isola?

Arretrò di alcuni passi guardandomi con un ghigno, indietreggiando nel cominciare a scendere gli scalini senza nemmeno guardarli.

Lo osservai allontanarsi finché la sua figura scomparve nella sottile foschia.

Uscii da lì nel tentativo di capire da dove provenisse l'attacco, ma dinanzi a me ritrovai uno scenario terrificante.

L'isola vigeva in uno stato di puro disordine.

Si potevano udire le grida dei civili spaventati dal fondo delle colline, le vie illuminate dal bagliore fioco, intanto che le colonne di fumo si innalzavano dai tetti delle dimore provenienti sia da sud che da nord.

L'aria mutò in un castigo avvolgente, illuminando anche l'ultimo scorcio di penombra rischiarato appena da quelle stelle lucenti, finché lentamente, anche loro, vennero coperte dal fumo di quella strage.

Chissà quanti morti avevano causato.

Che fosse il tradimento dei francesi per l'essere stati messi in disparte nell'ultimo concilio tenuto a Washington? Non poteva essere.

I francesi non si sarebbero ribassati a tanto.

Allora di chi si trattava? Chi era colui? Un messere mandato dal concilio delle Indie Occidentali?

Non vi era nesso logico nemmeno per quello e, io, mi stavo spremendo le meningi per un qualcosa che a malapena avrei potuto riuscire a conciliare.

«Elisabeth!» Sentii gridare il mio nome, ancora una volta.

Mi voltai trovando mio padre a tossicchiare con l'incavo del gomito sulla bocca, mentre si apprestava a raggiungermi a passi lesti. Tutti gli altri lo seguirono.

𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora