Il giorno dopo mi alzai di malavoglia.
Non avevo la benché minima intenzione di affrontare la giornata, mi sentivo stanca, intorpidita dall'aria che girava per la mia camera, un'aria d'oppressione vaga e malcelata.
Mi sentivo schiacciata dai miei doveri, da ciò che ero diventata, anche se in fin dei conti corrispondeva a ciò che ero sempre stata senza averne idea.
Mi ricordai di Raphael, la sera precedente mi aveva fatto tornare il sorriso, tenevo stretto a me quel ricordo come un piccolo gioiello di quelli di cui non importa il valore in denaro o in purezza, ma il gesto, il pensiero.
Rilessi ancora la pergamena dorata mentre camminavo verso il bagno e poi verso l'armadio: un cavaliere, un accompagnatore. E dove lo trovavo?
Mi sarebbe piaciuto andarci sola, così avrei avuto un problema in meno a cui pensare.
Dato che era un giorno importante, il fermento lo si sentiva ovunque, traspariva dalle facce dei ragazzi che fremendo sapevano che oggi i membri del Consiglio sarebbero stati impegnati nella preparazione della cerimonia che includeva una festa finale per tutti.
Dato che gli insegnanti facevano parte del Consiglio, eravamo liberi di amministrare la giornata a nostro piacimento e io decisi di prendere uno dei libri che avevo nello scaffale in camera: Cime Tempestose, di Emily Brönte. Feci fatica a leggerlo, era tutto così complicato: le lettere dopo la prima mezz'ora cominciarono a spostarsi da sole sulle pagine e io vedevo parole che non erano in realtà impresse ad inchiostro nero su bianco. La mia mente si mise a fantasticare su chi avrei deciso di portare alla cerimonia. Per Lilith, ero così indecisa.
Non sapevo se volevo davvero chiederlo a Raphael.
«Lilith, scegli tu per me. Mi arrendo» dissi ironicamente alla Grande Madre, con gli occhi rivolti verso il soffitto della mia stanza.
Scesi per il pranzo, non mangiai quasi niente, ero in tensione. Chissà cosa prevedeva quella cerimonia, inoltre non avevo ancora avuto occasione di parlare con mia madre: ogni volta che chiedevo quando avrei potuto andare a farle visita mi rispondevano: «La vedrai oggi alle quattro, cara.»
Mi sentivo travolta da un treno in corsa, forse non riuscivo a stare al passo con la situazione che si prospettava inevitabile.
Marta era sparita, non la vedevo dalla sera precedente quando gioiosa era uscita dalla stessa stanza in cui adesso mi trovavo da sola a rimuginare con i miei pensieri.
Un pizzicore alle spalle mi infastidiva, mi irrigidii: il freddo, lo sentivo dalla punta delle dita penetrare dentro fino a congelarmi completamente.
Con tutta la lentezza del mondo, infuriata, mi girai verso la causa scatenante.
I suoi occhi torbidi mi fissavano, le sue labbra piegate in un sorriso quasi malvagio, tetro. Nonostante avesse davanti schiere di ragazze di ogni razza ed età le stava bellamente ignorando, troppo impegnato a far scendere la mia temperatura corporea. Lo fissai fredda, distaccata, ricambiando le sue occhiate con una smorfia risentita. Lo sentivo scavare dentro le mie iridi, non sapevo cosa cercasse, ma lo lasciai entrare.
Strinse gli occhi creando due nere fessure luccicanti e mimò: ascensore.
Voleva incontrarmi lì?
Annuii, mi alzai e con disinvoltura, lanciando un'occhiataccia a quel branco di oche e mi diressi al luogo designato.
Howl mi raggiunse poco dopo.
«Tua madre, membro del Consiglio quindi. Falle i miei auguri.»
«Già, lo farò. Adesso posso sapere cosa vuoi, altrimenti me ne vado?»
Lui mi guardò storto: «Mi chiedevo solo perché ultimamente sei così brusca con me. Sembri fatta di ghiaccio» compresi l'allusione al fatto che ogni volta che doveva richiamare la mia attenzione mi congelava letteralmente con lo sguardo.
«Sei tu che mi fai questo effetto, ogni volta che mi squadri dalla testa ai piedi, come se io avessi qualcosa che non va.» Sputai le parole senza pensare.
«Non c'è niente che non vada in te. E scusa per il congelamento, non lo controllo ancora molto bene.. Con te.» Stava bluffando e non si curava nemmeno di nasconderlo.
«Perché, con le altre invece?»
«Sono tutte più malleabili.»
- Torna da loro, allora.-
«È proprio questo il punto, non riesco a togliermele un attimo di dosso e sono stanco di loro. Puoi farmi un favore?»
Annuii, scettica.
«So che ti serve un accompagnatore per la cerimonia, e so che non ce l'hai. Casualmente io sono senza dama per la festa di stasera, posso accompagnarti io?»
Per poco non mi strozzai con la saliva. Che richiesta indecente da parte sua. Trattenni il respiro, e soppesai l'idea di andare con lui o farmi accompagnare da Raphael.
«Prometti che non farai niente di sconveniente?» bofonchiai.
«Promesso.»
«Incluso ghiacciarmi.»
Fece una risatina.
«Non posso prometterti nulla riguardo a quello».
«Devi essere proprio disperato.»
«In effetti lo sono...»
«Bene. Accompagnatore, niente di più.»
«Non mi pare di aver detto mai di voler essere altro.»
Quelle parole mi forarono il cuore come una freccia avvelenata. Mi sentii mancare, non capivo perché. Stronzo.
Cercai di mantenere un contegno, ma le gambe si erano fatte molli, mi appoggiai alla parete.
«Anastasia? Tutto bene? Sei pallida»
«Anastasia? C-Come conosci il mio secondo... nome?» Sentivo che sarei svenuta di lì a poco.
«È complicato. Lascia che ti aiuti, stai male.»
Non avevo intenzione di farmi toccare, era stato così scortese.
«Sto benissimo... Non... Stai lontano da me!» cercai di essere decisa, ma le parole uscirono come biascicate. Sembravo ubriaca fradicia, e avevo bevuto solo acqua, naturale per giunta.
«Da quando non mangi?»
«Oggi a pranzo, forse. Come faccio a ricordarlo adesso?»
Mi guardò serio. «Intendo da quando fai un pasto decente senza giocherellare col cibo e spargerlo su tutto il piatto come fai sempre.»
«Tu... Tu mi spii?!» Ero sorpresa.
«Ti osservo, è diverso.»
Mi sentii davvero spossata e prima di cedere sospirai: «Aaron, dove sei?»
Mi risvegliai nella mia camera, al caldo sotto le coperte. Su una sedia accanto a me, mi fissava sconvolto Howl.
«Howl? Che fai qui?» gracchiai con la gola secca.
«Anast... Matilde? Come ti senti?» si morse le labbra nel pronunciare il mio secondo nome per correggersi. Non avevo mai fatto caso a quanto fossero piene, attraenti.
«Mi senti? Ti ho chiesto come stai».
«Sì, scusa, hai ragione. Sto bene adesso, grazie».
«Da quanto sei a stomaco vuoto?»
«Da ieri sera» Non era colpa mia se non avevo fame.
Si alzò mettendosi le mani nei capelli. Uscì dalla mia stanza per rientrarvi pochi minuti dopo con un pacco di biscotti e una tazza di tè.
Annusai, era tè verde senza zucchero. Come piaceva a me.
«Come sai che tipo di te mi piace?»
«So molte cose di te.»
«E io non so niente di te, in cambio.»
«È esatto.»
«Come fai a gelare le persone?»
«Come fai a leggere le anime degli altri? È un mio potere.»
Gli offrii un biscotto, lo afferrò e lo morse lentamente. Rimasi ipnotizzata dal movimento della sua mascella che masticava.
«A mensa non ti ho mai visto mangiare.»
«Mangio fuori di solito» sorrise maliziosamente. Aveva necessità alimentari particolari, di sicuro.
«Capisco.» D'un tratto mi tornò in mente tutto insieme: la cerimonia, l'accompagnatore, il vestito.
«Per Lilith! Ma che ore sono?»
«Le tre, principessa sul comò.»
Schizzai fuori dal letto gridando: «Oh per Lilith! Ho mille cose da fare e troppo poco tempo per farle, doccia, capelli, il vestito, trucco, come faccio?»
Mi diressi verso l'armadio e afferrai il vestito bianco, andai in bagno e aprii l'acqua della doccia così da farla scaldare, mi tolsi la felpa e poi mi fermai. Howl era ancora lì, impalato, che tratteneva una risata molto divertita.
«Per un attimo ho creduto tu facessi un delizioso spogliarello davanti a me. Ma ahimè, mi è andata male.»
Gli lanciai una scarpa colpendolo.
«Ahia! Va bene, me ne vado, muovi il culo, alle tre e mezzo io sarò pronto e busserò, alle tre e quarantacinque sfonderò la porta e ti porterò a quella cerimonia in qualsiasi stato tu sia. Capito?» disse fin troppo seriamente.
Era animalesco qualche volta, mi spaventata ma era allo stesso tempo maledettamente intrigante.
«Sì, adesso togliti dai piedi!»
Mi asciugai i capelli, li racchiusi in una treccia per domarli: averli ricci non aiutava.
Mi infilai il vestito, era candido e morbido sulla mia pelle. Le maniche erano fino a metà braccio, in pizzo, ed era lungo fino alle ginocchia.
Indossai anche un paio di calze velate e un paio di scarpe dal tacco basso, bianche e delicate. Sembravo... Angelica.
Mi truccai velocemente, senza esagerare, presi il cellulare e una giacca nera di pelle senza indossarla.
Howl in fin dei conti era stato gentile, avrebbe sempre potuto lasciarmi semi-svenuta sul pavimento.
Alle tre e trentacinque bussò alla porta e io aprii urlando: «Non sfondarla!»
Lui scoppiò a ridere e disse: «Ottimo, vedo che cominci a prendermi sul serio.»
Indossava dei pantaloni neri che gli cadevano alla perfezione sui fianchi, il colore riprendeva quello dei suoi occhi, e portava una camicia bianca sbottonata solo un pochino e con le maniche arrotolate fino al gomito. Aveva i capelli scompigliati e mi guardava dal profondo dei suoi pensieri scuri come il carbone.
«Sei carina. Mi piace questo vestito.»
Arrossii abbassando la testa per nascondermi.
«Come siamo suggestionabili, ti ho solo fatto un complimento.» Tesi le braccia lungo i fianchi e senza guardarlo in faccia balbettai:
«A-Anche tu stai bene! Sì insomma, ecco, sei carino anche tu.» Mi sentivo dannatamente cretina.
«Carino? Solo carino? Mi offendi!» Che presuntuoso.
«Non ti dirò che sei un figo da paura come fanno le tue oche. Sappilo. Ne ora ne mai.»
«Adoro stuzzicarti, mia dama. Adesso andiamo.»
Ci incamminammo verso la sala del Consiglio, il mio accompagnatore mi aveva offerto il braccio e io lo avevo accettato di buon grado, non essendo abituata ad indossare i tacchi. Al centro della grande biblioteca vidi mia madre. Bellissima. Un lungo vestito bianco, simile a quello di una sposa le cadeva morbido come un velo, sfiorando il pavimento.
I capelli erano raccolti all'insù e due ciuffi le incorniciavano il viso. Sulle labbra spiccava un rossetto rosso tenue.
«Mamma!» Corsi ad abbracciarla.
«Oh tesoro, come sei bella» si emozionò abbracciandomi. Sentii il suo cuore che batteva all'impazzata. I suoi pensieri erano sereni, agitati dal momento di grande gioia. Ero felice per lei.
«Questo vestito è un sogno, sembra quasi tu debba sposarti.» Lei ammiccò: «Lo terrò a mente, quando mi risposerò userò questo» disse ridacchiando.
Finalmente vidi Marta, il suo vestito era viola come gli occhi del suo accompagnatore, Jeremy. Erano una coppia di quelle da stereotipo. Il classico panorama mozzafiato.
«Matilde!» Mi saltò praticamente addosso.
I suoi occhi verdi brillavano.
«Marta, sei splendida.» Il suo viso era disteso, ed emanava compostezza e benessere. I capelli le incorniciavano rigogliosi le guance.
«Sì, lo so. Ma tu di più» e ridemmo insieme.
Mi accorsi che non avevo presentato a nessuno Howl come mio accompagnatore, come tutti facevano con i propri.
- Lui è il mio accompagnatore, Howl. Howl, Marta. Marta, Howl.»
«Howl?!» Mi lanciò il classico sguardo da: cosa sta succedendo qui?
Le feci la tacita richiesta di non fare domande, e lei capì al volo.
Howl invece mi prese la mano e sorrise gentile a Jeremy e Marta. Sentivo il suo palmo caldo premere contro il mio, era una stranissima sensazione.
Salutammo altri compagni del mio corso, lui mi presentò a quelli del suo finché la cerimonia non ebbe inizio. Prendemmo posto sulle miriadi di sedie posizionate fino a metà stanza che era stata riempita di festoni composti da veli bianchi di stoffa morbida e di fiocchi rossi appesi alle pareti. Tutto questo associato al familiare color legno che regnava sovrano rendeva un effetto spettacolare. I nostri posti erano riservati. Una volta a sedere notai che davanti a noi si ergeva una sorta di palchetto su cui stavano tre membri del Consiglio: uno rappresentava i maghi e le streghe, una le ninfe e uno che era il direttore Heinrich, per i Lettori.
Erano disposti di profilo rispetto a noi, e mia madre stava in piedi davanti a loro guardandoli dal basso. Gli altri membri sedevano nella parte sinistra delle sedie, sulle prime file.
Le voci in coro pronunciarono: «Siamo qui oggi per rendervi partecipi della nuova entrata all'interno della nostra grande famiglia, il Sacro Consiglio di Lilith, che da sempre ha protetto e governato nell'interesse di mantenere un clima di pace e serenità qui e nel mondo. Giuri tu, in nome di Lilith, Grande Madre Creatrice, Marianna, figlia della casata Nachtregen , di impegnarti per il bene del Consiglio?
«Lo giuro.»
«E giuri tu, che in ogni situazione, qualsiasi sia la circostanza, agirai per il bene di questa scuola e per la protezione di questi studenti?»
«Lo giuro.»
«Combatterai le forze del male in qualunque forma esse siano, per l'equilibrio e la serenità del mondo?»
«Combatterò finché il mio cuore me lo consentirà. Possa la Grande Madre avere cura di me.» Ero impressionata. A bocca aperta, osservavo quella donna snella che era mia madre, pronunciare un giuramento che mai avevo sentito prima. Sembrava davvero pronta a sacrificare la sua vita in nome della giustizia.
«Con queste parole, giurando sulla Grande Madre, noi tre Alti Membri ti consideriamo parte integrante della nostra famiglia e membro ufficiale riconosciuto di questo Sacro Consiglio.
Bevi ora dalla Coppa Sacra il sangue degli eroi.
La cerimonia qui è cominciata e qui terminerà, poiché solo Lilith può spezzare il legame che ti tiene vincolata adesso alle nostre leggi e usanze. Accetti tu di diventare Membro ora e fino alla morte?»
«Accetto.»
«Così sia fatto il tuo volere e quello della Grande Madre.
Che ti protegga e ti guidi nelle tue scelte.»
Ci alzammo tutti in piedi e cominciammo ad applaudire, io commossa corsi verso mia madre e la abbracciai stretta cercando di trattenere le lacrime. Ero davvero felice per lei, se questo la faceva stare bene.
«Così potrò stare sempre qui con te, che ne pensi?» Dal suo sguardo però vedevo che c'erano anche altri motivi per restare.
«Ti voglio bene mamma. Oggi è il tuo giorno, goditelo». Vidi Lucius avvicinarsi, l'uomo sulla quarantina che ci aveva accolto la prima volta che avevo messo piede nella Scuola. Chiese a mia madre di andare a bere qualcosa e lei un po' impacciata rispose di sì. La salutai sorridendole e facendole i pollici in sù per incoraggiarla.
In fondo alla stanza vidi un viso familiare, adesso che aveva catturato i miei occhi mi stava raggiungendo velocemente.
«Pupilla, sei incantevole.» Ingoiai un fiotto di bile. Tutto ad un tratto, ebbi una fitta allo stomaco.
«Anche tu stai molto bene, come va?»
«Non mi lamento.» Per quanto cercasse di essere garbato, non me la dava a bere.
«Con chi sei venuto?» chiesi per cortesia.
«Con una del tuo corso che ha insistito tanto, non ho potuto dirle di no.»
«Ah sì, chi?» Non ero poi tanto sorpresa, un angelo fa sempre scalpore.
«Elidia, si chiama.»
«Prego?!»
«Elidia» mi guardò confuso.
«Quella ragazza ce l'ha con me. Solo perché Howl ha chiesto a me di accompagnarlo e non a lei. Impazzirò prima o poi!» Cercai di redarguirlo: «Non darle troppe confidenze, non è così innocente come vuole sembrare».
«Ricevuto capitano, farò attenzione.» Mi prese un braccio e mi fece fare una giravolta.
«Mmh, è proprio bello questo vestito.»
Arrossii.
Lui si avvicinò guardandomi negli occhi e prendendomi il mento disse: «Sei così carina quando diventi tutta rossa.» Tutti gli uomini di quel posto erano instancabilmente sicuri di loro stessi.
Questo non fece che intensificare la mia colorazione e andai a fuoco.
Il suo volto era molto vicino al mio, sentivo il suo respiro caldo sulle labbra e il suo odore di gelsomino travolgermi, era il mio profumo preferito.
«Allora, mi presenti il tuo amico?» disse una voce accanto a me.
Howl. Da dove diamine era spuntato?
«Oh ehm, lui è Raphael, il mio insegnante serale.»
«Ciao, io sono Howl.»
I due si strinsero la mano e sentii Howl sussurrare: «Angelo...»
Il mio custode mi guardò con aria di rimprovero, credo che non fosse affatto felice della mia scelta.
«Molto piacere Howl...» disse tra i denti. Non fece in tempo a finire la frase che una voce che conoscevo fino troppo bene mi scavò i timpani: «Raphaeeeel, tesoro, ma dov'eri finito?»
«Lei è la mia dama, Elidia» disse lui schiarendosi la gola. Elidia era imbarazzante oltre che stupida.
Mangiò Howl con gli occhi e poi spostò lo sguardo su di me. «Mati! Stai benissimo! Tua madre eh? Fantastico!» Falsa.
Io ricambiai con un cenno e un sorriso tirato.
«Howl! Ti trovo bene! Che ne dici di bere qualcosa? È da stamattina che non metto liquidi in corpo, finirò per rovinarmi la pelle.» C'erano poche cose che odiavo, una di quelle erano le sciaquette che credevano di conquistare gli uomini con il loro fare da pantere seduttrici.
Lui annuì serio a malavoglia e andarono al buffet gentilmente offerto dalla scuola.
Io mi ritrovai di nuovo sola con Raphael.
«Quella al massimo è una gatta spelacchiata...» mormorai a denti stretti per farmi coraggio.
«Hai detto qualcosa Matilde?» A quanto pareva non avevo sussurrato così a abassa voce, cavolo.
Erano le sei e mezzo ormai, il sole era calato, non avevo più voglia di stare a guardare gli altri che amoreggivano e inoltre avevo un disperato bisogno di un pretesto per cambiare discorso con Raphael. «Che ne dici di staccare un po' e toglierci da tutto questo marasma?»
«Sì, mi soffoca tutta questa gente, prendiamo una boccata d'aria.» Sembrava soddisfatto.
Con la coda dell'occhio notai che Howl osservava i miei movimenti attentamente e adesso che mi stavo spostando dal suo campo visivo mi fissava incuriosito.
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La figlia dell'Inferno.
FantasyUn filo che è come la lama di un rasoio a unire i tre regni. Inferno, Terra, Paradiso. Qualcuno ha mai sentito parlare di: lettori di anime? Una ragazza destinata alla gloria o alla dannazione. A voi la scelta, ma vi avverto.. « Lasciate ogni sper...