Capitolo 27.

795 49 14
                                    

In bagno, davanti allo specchio, mi guardavo sconcertata.
Cosa? E questi? Capelli.. Neri? Ma scherziamo?
Si erano allungati di qualche centimetro e adesso cadevano lisci fin ben oltre le spalle. Arrivavano alla metà del busto, sinuosi, così scuri e intensi che con le sfumature della luce si creavano riflessi bluastri, surreali.
E gli occhi? Questi occhi da dove cavolo sono spuntati fuori?
Al posto dei miei comuni e rassicuranti occhi cioccolato, troneggiavano dei cristalli di un grigio ferroso, ghiacciato, metallico. Sembravano quasi spiritati, erano.. Inquietanti.
Eppure nel totale, mi sentivo più me stessa in quel momento che in ogni altro in tutta la mia vita. La mia pelle era levigata, soffice, senza imperfezioni; la bocca carnosa come al solito, ma leggermente più rossa, come un rossetto naturale.
Mi fissai le dita, erano così lunghe e sottili, aggraziate forse. Ero diventata improvvisamente molto più regale e posata, tutto di me esprimeva calma e compostezza, perfino la mia postura.
Al collo brillava ancora la gemma nera che Howl mi aveva regalato con tanta freddezza, avrei voluto strapparla e gettarla via, non aveva alcun senso.
Chi era la persona che mi fissava allo specchio? Dov'era finita la vecchia me? Con tutti i miei difetti, le mie piccolezze, le mie maniere disordinate e scomposte. Assomigliavo ormai di più ad una tetra e triste principessa che ad una diciottenne; se solo fossi stata normale.. Se non ci fossero state tutte quelle complicanze nella mia vita, allora sì che sarebbe stato diverso: avrei scelto una buona università, magari in un altra città, o chissà all'estero, in America come avevo sempre sognato. E invece adesso mi trovavo all'inferno, chiusa nella mia nuova camera fornita di ogni agio e genere di conforto, eppure così dannatamente sconfortata da aver voglia di scappare.
Mi gettai sul letto e mi ci volle davvero poco per prender sonno dato che ero distrutta sia fisicamente che psicologicamente.. Mi ci sarebbe voluto tempo per riprendermi da tutto quel cambiamento improvviso: come un uragano che arriva e decide di prendersi tutto di te, ciò che è tuo lo fa suo, e non ti rimane niente; ingurgita tra le sue spire la tua casa, la tua famiglia, le persone che ami.
Doveva essere tarda notte quando mi svegliai urlando tra le lenzuola madide di sudore, e lo vidi per la prima volta dopo tanto tempo. I suoi occhi azzurri come il cielo, profondi come il mare mi scrutavano allarmati.. Ma fu un attimo fugace, un sogno forse. Aaron aveva davvero visitato la mia camera durante la notte o mi ero immaginata tutto? Non riuscivo a capirlo, ne sapevo come dimostrare il fatto che anche solo la sua ombra potesse aver messo piede in questo mondo. No, non poteva essere possibile, lui non era un mostro come me: lui era umano, umano fino in fondo per quanto ne sapevo.
Il dubbio e la brama di scorgerlo mi perseguitarono per tutto il lungo primo giorno che passai all'interno del castello, Howl non si era fatto vivo dal giorno prima.
Mi avviai verso l'immensa biblioteca (l'unica strada che riuscivo a percorrere senza perdermi) e cominciai a spulciare i vari scaffali. Erano davvero tanti, e sopra di essi erano appoggiati le più differenti varietà di libri.. Decisi che volevo sapere tutto. Che volevo imparare, apprendere ogni cosa mi era possibile sui demoni, sugli angeli, sui combattimenti: ero stanca di vivere nell'ignoranza, questo mi rendeva solo più debole. Io non volevo essere la pedina malata, ma quella pronta e competente come ero sempre stata. Quando aprii il primo libro che si intitolava: "controllo delle arti magiche", mi resi conto che serviva anche la pratica. Così ad ogni nuovo incantesimo che memorizzavo facevo corrispondere una serie di esercitazioni in modo da sviluppare la tecnica e assimilarne il più possibile il potere e l'utilizzo. La mia mente era insaziabile: divorai il libro fra esercizi e frasi ripetute centinaia di volte in una sola ora. Per questo ne afferrai un'altra pila e la misi sul tavolo che mi stava davanti. Le parole di ogni libro correvano nelle mie vene, arrivavano al cervello dove rimanevano bloccate e pronte ad essere messe alla prova, mi sfidavano quasi a dire: - Sappiamo che sei riluttante, prova ad usarci, non te ne pentirai.-
E lo feci. Ogni cosa prendeva senso appena la pronunciavo. Tre libri, quattro, cinque, sette, dieci, undici. Libri su angeli che mi insegnarono che esistevano dall'alba dei tempi, che erano esseri perfetti e composti in origine da luce purissima che poteva plasmarsi in materia e assumere sembianze umane per raggiungere la terra e sorvegliare il regno degli uomini.
Libri sui demoni, da sempre in conflitto con gli esseri alati, il contrario della purezza, i demoni erano il peccato, la rabbia, le emozioni negative, le passioni travolgenti, la brama di potere, la sete di sangue. Sangue che li nutriva e li rendeva forti, così forti da poter decidere il destino di un angelo: strappargli le ali e farlo diventare servo di Satana, o uccidere il loro corpo da umani per farli tornare luce, in quel caso sarebbero tornati in paradiso e gli ci sarebbero voluti anni per poter ritrasformarsi e adempiere ai loro doveri. Sembrava che niente potesse annientarli completamente, se non un guerriero leggendario. Egli era un angelo demoniaco, un demone angelico, ancora più grande di Dio, più grande di Satana, il supremo detentore della calma caotica, e del caos ordinato. Lui o lei, a seconda della parte che avrebbe deciso di far trionfare nel suo cuore, avrebbe destinato la sconfitta di una delle due fazioni.
Pensai a quanto doveva essere dura essere il guerriero leggendario, poiché eri obbligato a scegliere. Due sentimenti come l'odio e l'amore non coesistono in modo equilibrato in un cuore; ci sarà sempre una guerra fra i due e alla fine il più debole si sottometterà all'altro. Il prescelto, colui che era stato creato da Dio e il Diavolo come loro superiore per dare un giudizio finale nel caso lo scontro fosse stato inevitabile e avesse coinvolto persino gli uomini, doveva decidere se diventare tutt'uno con la forza dell'odio, o gettarsi fra le potenti braccia dell'amore profondo.
Nessun essere umano sarebbe stato in grado di affrontare una sfida simile.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo il mio flusso di pensieri: - Li hai letti tutti in una mattina?-
Disse Howl guardandomi con aria divertita.
- È un problema?-
- No. È solo che non è molto sano. Forse dovresti uscire un po' dopo mangiato. Imparare tutte quelle cose in così poco tempo può portare al delirio, strano che il tuo cervello non sia ancora scoppiato in una devastante emicrania, anche se è comprensibile che tu sia molto sviluppata a livello celebrale data la tua recente trasformazione.-
Quello che diceva aveva senso in effetti. Forse dovevo uscire un po' da quel posto buio prima di diventare io stessa un tutt'uno con quelle pareti.
- Va bene. Uscirò un po'.-
- Bene. Adesso andiamo, hai saltato il pranzo per stare qui dentro, topo di biblioteca, è ora che tu metta qualcosa nello stomaco.-
Le sue parole sembravano sinceramente preoccupate e al contempo costruite, come se fosse costretto a seguire un copione in cui sapeva esattamente cosa dire, ed era obbligato a dirlo con enfasi nonostante non sentisse come sue quelle parole.
- Non essere così freddo e calcolatore Howl, se c'è qualcosa che devi dire fallo, nessuno ti obbliga a seguire un protocollo per parlare con me.-
Mi fissò stranito, come se avessi detto la cosa più curiosa della Terra. Colpa dei miei sensi da lettrice, che invece di scomparire, a quanto pare si erano affinati.
Mi voltai per uscire dalla stanza quando al centro della schiena sentii un familiare brivido di raggelamento: stava usando il suo potere con me.
Adesso però, quel pugno di ghiaccio che mi teneva stretto l'addome non era fastidioso, anzi, era piuttosto piacevole. Riuscivo a percepire con maggiore intensità la quantità di forza fredda che usciva dal corpo di Howl per raggiungere il mio.
- Se tu usi il tuo potere per leggermi, allora anche io posso giocare un po', non credi?-
- Ovviamente. Comunque non l'ho fatto apposta, penso che i miei sensi da lettrice si siano affinati.-
- Direi che è una bella notizia. Prego..- disse indicando la porta- dopo di voi, altezza.-
Altezza? Pff. Figuriamoci. Dissi fra me e me.
- Anastasia?-
- Sì?-
- Io ho finito il mio compito. Ho portato a termine la mia missione, forse in un futuro potrò allenarti, ma non adesso.-
Mi bloccai.
- Cosa intendi dire con questo?-
- Intendo dire che devo occuparmi della mia futura moglie.-
- M..moglie?- la sola idea di Howl sposato con qualcuno mi dava la nausea.
- Moglie, erede al trono di regina quando mio padre e la sua regina abdicheranno in mio favore.-
- Capisco..-
- No. Te lo assicuro, non capisci. Ma capirai.-
- Chi è la moglie di Lucifero?-
Lui fece una risatina contrita.
- Oh beh, lo scoprirai presto.-
Mi stava praticamente avvertendo che da quel giorno in poi non l'avrei più visto. Mi stava dicendo che mi stava effettivamente lasciando andare. Perché mi preoccupavo? Dopotutto non l'avevo mai sopportato. E non ero interessata a lui. Vero?
- Howl perché mi stai dicendo queste cose?-
- Perché è giusto che tu sappia che sparirò dalla tua vita.-
- E perché è giusto?- dissi, la voce cominciava a tremare.
- Perché.. Perché non lo so. Solo che pensavo non fosse educato.-
Lacrime calde minacciavano di fuoriuscire dai miei occhi.
- Anche tu? Diventerai anche tu il mio tormento? Anche tu sarai il mio incubo notturno? Vedrò i tuoi occhi nella gente e correrò dietro a persone che non sono te, per poi rendermi conto di aver sbagliato? Sarai come lui? Sarò sola di nuovo? Eh?-
- Anastasia di chi stai parlando?-
Strinsi i pugni.
Piangevo scossa da piccoli gemiti di dolore, ma senza far rumore.
- Di nessuno..-
- Anastasia, ti prego.-
- Smetti di chiamarmi così.-
- È il tuo nome qua.-
- No. Questa non sono io! Non voglio essere io! Voglio tornare a casa! Da mia madre, da Marta, da..-
- Da chi?-
Howl mi spinse contro il muro intrappolandomi con le braccia.
- C'è forse qualcuno di cui ti sei innamorata Anastasia?-
Il suo sguardo era truce.
- Non posso..-
Alzai lo sguardo e mi persi nei suoi fondi occhi neri.
- Perché? Perché devi assomigliargli così tanto?-
- Mi dispiace..- lui abbassò il viso rivolgendolo al pavimento.
- E perché tu devi assomigliare così tanto a lei?-
- Lei?- quasi urlai stupita.
- Non ricordo il suo nome.-
- Io ricordo il suo.. Si chiamava Aaron.-
- Che gli è accaduto?-
- Io sono andata via. Capisci? L'ho lasciato solo. Lui è di sopra.-
- È umano?-
Annuii, e cominciai a scivolare fino a raggiungere il pavimento per sedermici con la schiena appoggiata alla parete.
Anche Howl si abbassò alla mia altezza, e parlò guardandomi negli occhi: - Se le cose non stessero come stanno, Dio solo sa cosa farei.-
- H..Howl..- dissi con voce flebile.
- Anastasia..-
- Hai sete.-
Mi guardò spalancando le iridi color del carbone, le sue pupille si dilatarono e i suoi occhi cominciarono a mutare colore, si tinsero di un rosso cremisi, e si toccò la gola.
- Non.. Posso.-
Mi spostai i capelli su un lato del collo e gli offrii l'altra parte.
- Se è davvero l'ultima volta che ti vedo, almeno lasciami qualcosa di te.-
Mi accarezzò il viso, e mi guardò con lo sguardo di chi ha una guerra che sta imperversando nella sua anima.
- Tu sei pazza.-
- Lo so.-
- Io.. Non posso..-
- Puoi. Lo voglio.-
- Non è corretto Anastasia, io dovrei bere sangue solo dalla mia sposa.-
- Oh - dissi.
Ero delusa? Forse. Ma cosa mi era saltato in testa?
Mi alzai velocemente e feci per andarmene, ma lui fu più veloce e mi prese per la vita e mi sbattè ancora una volta al muro. Stavolta fu lui a scostare i miei capelli: cominciai a sudare freddo. Lo volevo davvero? Ci sarebbe voluto tempo per far guarire la ferita dei buchi lasciati dai canini. Ma era per questo che avevo preso quella decisione avventata. Ero sola, non potevo permettermi di perdere le persone senza avere qualcosa che mi ricordasse che non era tutto frutto della mia mente, che era vero quel che stava succedendo e che quella gente esisteva. Mi tratteneva dal diventare pazza.
Howl sfiorò con le labbra il mio collo, e sentii i suoi canini scendere e premere sulla mia pelle ancora candida.
"Eccoci" pensai.
Mi sentivo pronta a tutto..
Poi accadde qualcosa che non avevo calcolato.
La bocca di Howl salì fino al mio orecchio e sussurrò:- Non posso permettere che una pelle così candida e innocente venga macchiata dal sangue che io stesso amo, tu non sei un mostro come me. Non posso lasciarti il morso di un predatore come mio ricordo, ma posso lasciarti qualcos'altro: devi avere pazienza, e arriverà.
Un giorno, ci incontreremo ancora. Anastasia io non ti dimenticherò, e tu non mi dimenticherai.-
Poi si staccò da me, mi prese il viso e mi lasciò un bacio sulla fronte.
- È tempo che io vada, lettrice di anime. Addio.-
Lo vidi allontanarsi per i mille corridoi di quel posto che odiavo, adesso che ero davvero in solitudine.
Avrei voluto urlare per fermarlo. Dirgli che tenevo a lui, che avrei aspettato, che io aspettavo sempre tutti. Che io non scappavo, ma che la vita mi costringeva sempre a dividermi dalle persone a cui volevo bene.
Volevo dirgli che doveva cominciare ad avere un po' più fiducia in ciò che era, che doveva sentirsi forte e fiero e affrontare le difficoltà. Volevo dirgli che non avrei dimenticato.
Ma l'unica cosa che mi uscii fu un sussurro quando lui ormai era già perso, chissà dove.
Addio.


La figlia dell'Inferno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora