Capitolo 26.

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Un dolore al petto mi invase mozzandomi il fiato. Era come se due mani infiammate mi stessero premendo sul collo per uccidermi, come se avessi appena bevuto sorsate di olio bollente che adesso scendeva attraverso il mio corpo bruciando e devastando ogni organo, ogni minimo nervo, muscolo, cellula che trovava sul suo cammino. Non sentivo più la frescura della pioggia sulla pelle, non sentivo più niente. Solo il dolore, mille coltelli affilati come lame di rasoio che mi trafiggevano senza pietà, senza fermarsi, ancora e ancora. Il sangue che scorreva nelle vene adesso non era più composto da globuli rossi e plasma, ma da metallo fuso che ustionava. Gemevo forte, volevo solo uscire da quel tunnel nero delle torture, ma non sapevo come fare. Il dolore si propagò ovunque, arrivando agli occhi e facendoli lacrimare senza controllo. Le mie gambe insieme alle mie braccia si stavano rafforzando, sentivo i muscoli ingrossarsi e crescere, farsi più spessi, indistruttibili. Il mio cervello sembrava espandersi e creare spazi nuovi, inesplorati; il mio cuore si stava indurendo. Poi un esplosione dietro la schiena, urlai ancora. Qualcosa stava nascendo: lo sentivo fuoriuscire dalla mia stessa carne, farsi spazio tra le vertebre e le costole. Ero persa, avevo paura. Cominciai a respirare affannosamente.
Howl? Dov'era finito Howl?
- Matilde? Matilde stai andando bene. Stai andando benissimo, io so che puoi farcela. Forza. Non mollare, so quanto fa male. Ma non sei sola, non sei sola, ci sono io qui.-
Doveva essere lui, quella era la sua voce, mi chiamava esortandomi a non lasciarmi andare al dolore. Ci stavo provando in ogni modo possibile a combattere ma sembravo affondare ancora di più nel mio stesso fango.
- H.. Howl..-
- Brava. Bravissima. Ancora un po', ancora un po' e ci siamo.-
- Q.. Quanto tempo è passato? Fa così male..-
- Sono già due ore.. Non manca molto, tra poco andrà tutto molto meglio.-
- Piove ancora?-
- Sì, vuoi sentirla?-
Cercai di annuire con la testa ma faceva troppo male.
- Ferma. Non muoverti o sarà peggio. Ci penso io.-
- Non.. Non te ne andare..-
- Sono qua. Promesso. Non lascerò che tu sia sola ad affrontarlo come è successo a me.-
Sentii qualcosa di freddo sul viso, era come un cubetto di ghiaccio sul fuoco: la sensazione di frescura svaniva subito.
- Tu eri solo?-
- Già. Senti qualcosa?-
- Poco.. Svanisce subito..-
- Ovviamente.. In questo momento è come se tu fossi fatta di fuoco allo stato puro. Non so nemmeno dove trovi la forza per parlare.-
- Se.. Se parlo non fa così male..-
- Allora parlami.-
- Perché eri solo?-
- Perché nessuno sapeva ciò che ero, quindi al momento della trasformazione mi sono ritrovato con l'unica persona che mi conosceva: me stesso.-
- È.. È una brutta cosa. Io se lo avessi saputo sarei venuta.-
- Tu sei pazza..- sbuffò.
- Solo un po' - risposi io.
Questa volta lo sentii ridere. Era un bel suono, non l'avevo mai ascoltato.
- Che bello.-
- Cosa?-
- Come ridi.-
- Matilde..-
- Sto delirando, non è così?-
- Spero proprio di no, perché nessuno mi aveva fatto notare una cosa del genere.-
D'un tratto non sentii più niente. Nessun dolore, nessuna ferita, niente. Il vuoto assoluto, un vuoto che non faceva male però, perché dentro di me sapevo che si sarebbe riempito automaticamente.
- Howl, non sento.-
- È finita. Devo avvertirti, adesso cadrai in un sonno profondo e quando ti sveglierai non ricorderai niente di tutto questo, nemmeno della tua vita passata. Ricomincerai da zero.-
La paura mi avvolse, non volevo dimenticare tutto. E la mamma? Aaron? Marta? No! Non potevo dimenticare. Non era questo che volevo, proprio no. Con questi pensieri mi addormentai, e la mattina dopo mi svegliai: nuova vita, nuova me.
- Buongiorno signorina Anastasia.-
Una voce dolce e piccola mi destò dal sonno profondo in cui ero, sobbalzai. Chi era quella donna vestita da cameriera che stava aprendo le tende?
La luce del sole mi sferzò gli occhi e non potei fare a meno di farmi uscire un gridolino.
- Oh, perdonatemi signorina, non intendevo arrecarvi nessun danno, è che il sole è già alto e mi è stato chiesto di svegliarvi immediatamente.-
- Capisco.. Perdonami ma tu chi saresti?-
- La vostra domestica signorina, io penserò a tutto da oggi in poi.-
- E il tuo nome è..-
- Elizabeth, signorina.-
- Hai un bel nome, però puoi farmi la cortesia di chiamarmi solo Matilde e di darmi del tu?-
- Oh, io.. Beh non è corretto.. Insomma mi troverei più a mio agio nel darvi del voi signorina.. E se non erro ancora, il vostro nome è Anastasia..-
- Anastasia? È il mio secondo nome in effetti. Ma io sono Matilde.-
- Quello signorina, era il vostro nome da umana.. Non dovreste nemmeno ricordarlo.-
- Umana?-
- Non spetta a me spiegarvi questo genere di cose, il signorino Howl vi sta aspettando per la colazione.-
- Howl? Howl è qui?- esclamai sorpresa. Balzai in piedi e feci per vestirmi ma non appena i miei piedi toccarono il pavimento stranamente caldo, un capogiro mi costrinse a rimettermi seduta.
- Anastasia, siete molto debole, permettete che vi vesta io stessa e con abiti più adatti alla situazione.-
- E sia..- borbottai.
Ma dove cavolo ero finita? Quella non era la mia stanza. Nemmeno il mio letto, e di sicuro non eravamo alla Sede.
- Elizabeth? Ma che posto è questo?-
La signora sulla quarantina alzò gli occhi verso di me e solo in quel momento notai un particolare piuttosto stravagante, come poteva essermi sfuggito prima?
- Elizabeth.. I tuoi occhi.. Il tuo viso..-
- Oh, ci farete l'abitudine signorina. So che non sono rassicuranti, ma credetemi, non sono questo a fare di me il demone che sono.-
- Demone? Oh Lilith..-
I suoi occhi erano di un intenso color cremisi, contornati da folte ciglia nere.
Metà del suo viso era coperto da uno strano intreccio di venature tra l'azzurro e il viola che si incrociavano in un complicato labirinto di ghirigori.
- Tra poco vi sarà tutto più chiaro.-
Annuii poco convinta. Ancora non riuscivo a focalizzare il motivo per cui mi trovavo in un luogo sconosciuto, con una cameriera che mi stava infilando uno strano vestito color porpora.
- Abbiamo finito - sorrise contenta.
Mi fece dirigere verso la porta per uscire dalla stanza, non sapevo dove ci stessimo dirigendo.
- Questo posto è così grande che anche io ne sono rimasta spaventata all'inizio, dopodiché sarà semplice ricordarsi che strada fare - avevo dei seri dubbi al riguardo, il mio senso d'orientamento aveva sempre lasciato a desiderare.
Scale, stanze, porte, finestre chiuse da pesanti tende, altre scale. Che fosse un castello?
Elizabeth si fermò davanti ad un enorme portone di legno impreziosito da una griglia di ghirigori d'oro, mi fece cenno di entrare.
Spinsi con forza e questo si aprì senza opporre resistenza su una sala enorme: al centro un lungo tavolo, al soffitto lampadari di cristallo finissimo, le pareti totalmente ricoperte da affreschi che rappresentavano scene di guerre fra angeli ed esseri che non riuscivo ad identificare. Wow, era magnifica.
A capotavola, di fronte a me, sedeva Howl, con la schiena dritta e le spalle larghe; mi fece cenno di sedermi accanto a lui e così feci.
- Allora Anastasia, come ti senti?-
- Perché continuano tutti a chiamarmi così, sai benissimo che mi chiamo Matilde.-
- C..Come hai detto? Ricordi il tuo nome da umana?-
- Certo che ricordo.-
Sembrava scioccato, quasi spaventato.
- Ho detto qualcosa che non va? Sembri a disagio Howl.-
- N..no.. Affatto. È solo che.. Ecco non è molto normale che tu ricordi cosa c'è stato prima della tua trasformazione.-
- Ah. Fanstastico. Adesso puoi spiegarmi dove diavolo sono e soprattutto perché ci sono?- cominciavo ad innervosirmi.
- Lo chiamano in tanti modi: aldilà, eterna condanna, oltretomba, regno dei morti, altro mondo, inferi, tartaro, geenna, ade. O semplicemente, se ti va, Inferno - pronunciò una voce profonda.
Mi voltai, un uomo sulla trentina ci sovrastava con la sua altezza. I suoi capelli erano come fili neri come la pece, i suoi occhi oscuri come la pietra che portavo al collo con un luccichio all'interno. La sua figura era possente, era vecchio abbastanza da poter dire che era un uomo fatto e finito eppure così giovane nelle sue dita lunghe e sottili, nei suoi gesti fluidi che dimostrava ancora meno della sua età. Adesso che ci pensavo, oh mio Dio. C'era una tale somiglianza con Howl, che fosse suo fratello o suo zio, o qualcosa di simile?
- Anastasia, quale onore.-
- Io.. Il mio nome non è quello.. Che ci faccio qui? E mia madre? Marta? Tutti gli altri?- riuscii a balbettare.
L'uomo mi guardò con aria interrogativa e poi scoppiò a ridere.
- Quindi stai dicendo che ricordi tutto? Assurdo. Ahahahaha fantastica. Davvero, fenomenale. Non potevo chiedere donna più potente!-
- È un male?-
- No, affatto. Anzi, ne sono felice. Non era mai capitato prima. Ma bando alle ciance mia cara: ci sono un paio di cosette che non sai immagino.
Innanzitutto benvenuta all' Inferno, lo so, suona davvero male detto così, ma che ci vuoi fare.
Seconda cosa: sono onorato di fare la tua conoscenza..- mi si avvicinò e mi catturò la mano fra le sue con una stretta soffice ma al tempo stesso inespugnabile.
Avvicinò la bocca alle mie nocche e vi lasciò un piccolo bacio.
- Uhm, che buon profumo.-
- È gelsomino - dissi arrossendo.
- No, non intendevo quello, parlavo dell'odore della tua pelle e del sangue che scorre al di sotto mia cara.-
Rimasi paralizzata. Sangue? Stava scherzando.
- E che bei capelli, che occhi meravigliosi. Tale e quale a tua madre.-
- Mia madre? Ma mia madre è bionda e..- mi interruppe subito.
- No, non quella madre. Io intendo la tua vera madre, quella che ti ha concepito proprio qui.-
- Ho una vera madre? Ma che significa?-
- Che quella con cui hai vissuto per questi splendidi diciotto anni non era che la tua custode che doveva crescerti.-
- La vera madre dov'è adesso?-
- Uccisa. Da quegli angeli schifosi.-
Il suo volto si fece duro e spigoloso, come se la rabbia lo stesse deformando per plasmarlo di nuovo.
- E perché Marianna avrebbe dovuto crescermi?-
- Magari un giorno sarà lei a dirtelo, oppure lo farò io. Fatto è che tu sei a casa adesso, e non ti allontanerai più, va bene?-
Non capivo. Era una situazione troppo assurda per essere reale.
- Howl ti farà fare un bel giro turistico e ti spiegherà altro, mi raccomando sii prudente figliolo, e sii gentile.-
- Come desiderate - mi prese a braccetto e mi condusse fuori dalla grande sala.
- Vediamo.. Da dove possiamo cominciare? Che ne dici di fare prima la parte esterna?-
- La guida sei tu, ti manca solo l'ombrellino colorato - affermai sarcastica.
- Ah, ah. Siamo di buon umore vedo. Vieni con me.-
Uscimmo da una porta-finestra che dava su un prato immenso. Alla nostra destra un ruscello e accanto un piccolo chiosco riparato con un tavolo rotondo e due sedie; alla nostra sinistra un percorso composto da vari alberi, per lo più Salici piangenti. Decidemmo di percorrerlo: era bellissimo, terminava in uno spiazzo nascosto da tutto e da tutti, al sicuro da mondo, con una panchina che stava sotto ad un tettuccio composto da un rampicante da cui spuntavano boccioli di rose. Accanto alla panchina un'altalena.
Mi piacque fin da subito.
- Adesso andiamo, questa era la parte migliore. Devi anche conoscere le infamie di queste terre.
Ritornammo esattamente da dove eravamo usciti per rientrare ed uscire di nuovo dalla parte opposta, ora capivo: quello che avevo visto era il retro.
Sul davanti la temperatura saliva esponenzialmente, eravamo praticamente affacciati su di uno strapiombo e in basso, in lontananza si potevano scorgere fiamme gialle e rosse, si udivano chiacchiericci disperati e voci che dettavano ordini. Sembrava terribile. Allora era così? Davvero l'inferno era questo? Gente che sconta le sue pene per l'eternità?
- Penso sia abbastanza per un solo giorno, quando vorrai, ci addentreremo più a fondo.-
- Va bene..-
L'interno dell'abitazione era davvero grande come un castello, piena di stanze chiuse e di porte inviolate. Guardavo Howl passeggiare accanto a me in silenzio, ogni tanto bofonchiava qualcosa riguardo agli orari della cena, del pranzo, dell'allenamento.
- Andrò alla scuola che avete qui?-
- No. Noi no. Sono stato incaricato di farti da insegnante personalmente. Ci prepareremo a fondo e saremo pronti per la battaglia quando arriverà il momento.-
- Oh. Capisco.. Senti un po', scusa se te lo chiedo, ma quell'uomo di prima che tipo di rapporto di parentela ha con te?-
- "quell'uomo di prima" ahaha - sbuffò lui sarcastico - Che c'è? Hai paura a pronunciare il suo nome?-
- No, perché dovrei. Solo non so quale dei tanti preferisce. E poi nemmeno si è presentato.-
- Mio padre non ha bisogno di presentazioni.-
- Tuo cosa?!- sobbalzai.
- Padre.-
- Tuo padre è.. Stai.. Non ci credo.-
Certo, avevo colto la somiglianza, ma non mi aspettavo un legame così stretto.. Sembravano talmente distaccati.
- Sembravate così rigidi tu e lui..-
- Lo siamo. Io lo conosco a malapena.-
- Non sei cresciuto qua?-
- No. Prima della trasformazione vivevo con mia madre e il suo nuovo compagno umano, tra l'altro.-
Quando pronunciò quella parola sembrò sputarci sopra.
- Howl, non avevi buoni rapporti con tua madre?-
- No.-
Data la risposta secca capii che non era il caso di parlarne, dopotutto non erano affari miei..
- Ma se hai detto che non si ricorda niente prima della trasformazione allora perché tu ricordi tua madre e il resto?-
- Si riesce a riportare alla mente solo determinate cose. Come i genitori, una persona importante, un evento speciale. Cose che hanno lasciato un' impronta negativa o positiva.-
- Capisco.. Beh ti ringrazio.-
- Per cosa?-
- Per esserti aperto tanto con me. Prima non eri così.-
- Non sono cambiato Anastasia, quella cambiata sei tu.-
E così dicendo scomparì lasciandomi sola davanti alla mia camera.

La figlia dell'Inferno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora