Capitolo 5.

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"Nel Giugno 1991 la strage della scuola della piccola cittadina di Fiorano mette i brividi a tutti gli abitanti. Sedici corpi di bambini ritrovati mutilati e sepolti sotto il pavimento della mensa, le autorità sono riuscite a risalire al colpevole dopo mesi di ricerche e alla fine il suddetto risulta essere la maestra dei bimbi ****** ******* (non riportiamo il nome per ragioni di privacy).
I bambini che erano stati creduti spariti in circostanze misteriose erano invece stati sequestrati, torturati e successivamente uccisi dall'insegnante. L' avvocato ha richiesto l'infermità mentale per la donna, in seguito ad accurate analisi che confermano lo stadio avanzato della schizofrenia."
Ogni articolo riportava le medesime informazioni. Rimasi scioccata. Una donna, sedici bambini. A cosa può arrivare la mente umana.
Con ancora la paura negli occhi mi resi conto di star camminando sullo stesso pavimento dove quei poveri piccoli avevano perso il loro futuro ingiustamente. Feci un piccolo balzo, scossa dai brividi. Era il caso di parlarne con mia madre? No, probabilmente sarebbe impazzita e mi avrebbe accusato di starle raccontando bugie per poi ricominciare col disocrso che non avevamo abbastanza soldi per permetterci una psicologa. Finiva sempre così.
Perché quei bastardi dell'agenzia non avevano fatto rifermimento a nulla? Ma ancora non capivo perché quelle voci mi chiedevano aiuto. Vendetta? Una spiegazione alla loro morte?
«Cosa volete esattamente da me?»
«Lei è ancora viva. Lei è fuori. Previeni il futuro. Non è come sembra, non è come noi.»
«Aspettate un momento, non posso crederci!» mi sedetti davanti al computer in cerca di un'informazione che avrei preferito non trovare.
Digitai: La strage di Fiorano 1991.
"La donna che era stata accusata dell'omicidio in ambiente scolastico è stata rilasciata dopo cinque anni di terapie e continue osservazioni. La sua stabilità mentale sembra essersi sanata sufficientemente, pertanto la corte ha deciso che alla donna sarebbe stata concessa la libertà vigilata."
Poco sotto intravidi la scritta:
"Dopo due anni di libertà vigilata la maestra colpevole di crimini atroci viene definitivamente liberata dalla corte."
Lei, era davvero fuori, davvero a piede libero, e per davvero avrebbe potuto attuare un' altra delle sue pazzie. No. Non avrei permesso altre cose del genere. Mi tremavano le gambe per quei bambini che non avevano colpe.
«La fermerò. Giuro che la troverò e la bloccherò per quanto mi è possibile. È una promessa.»  Parlavo più con il cuore che con la ragione, la mia avventatezza venne presto sostituita da un mare di dubbi sul da farsi, in fondo io non ero nessuno, per giunta non ero un detective e non avevo nemmeno l'età per lavorare sul serio. Per l'ennesima volta mi sentii una quarantenne nel corpo di una sedicenne, era una sensazione davvero insopportabile. Mi resi conto in un momento che forse non avrei potuto fare niente per aiutare quelle anime disperate.
«Ti ringrazio di cuore Matilde. Non voglio male per altri bambini come noi. Ma ti prego, stai attenta. Non è come può sembrare...» la voce parve spegnersi in se stessa. Forse al ricordo di quel giorno. 
«Posso farti una domanda, tu che parli sempre?» Avevo voglia di concludere la conversazione ma al tempo stesso non volevo che la bambina mi lasciasse. In quel momento odiai il fatto di essere completamente sola, senza una persona a cui raccontare le mie bizzarre frustrazioni.
«Certo. Quello che vuoi» nemmeno lei sembrava tanto convinta ad andarsene per tornare da dov'era venuta.
«Qual è il tuo nome?» azzardai.
« Speranza, mi chiamo Speranza.» Sorrisi a quel bellissimo nome, un po' inusuale, ma sempre molto promettente. A me il mio nome non piaceva, era così comune e scontato. Speranza invece, lei doveva adorarlo. Mi domandai perchè le cose più strane dovevano capitare sempre a me. Spesso mi sentivo una patetica calamita per disastri.
E così la bambina si dileguò.
Non mi rimanevano che i pensieri su cui rimuginare a quella tarda ora della sera quando rincasò mia madre. Per fortuna avevo già apparecchiato la tavola e acceso il gas con sopra la pentola con l'acqua. Non avevo la forza di sostenere un'altra discussione, tantomeno con un essere umano in carne ed ossa.
Non feci in tempo a salutarla che mi disse che aveva conosciuto la vicina di casa, e che l'indomani saremo andati a pranzo da lei.
«Ha anche un figlio! Dovrebbe avere la tua età più o meno. Vedrai, ci divertiremo. Io ho bisogno di uscire un po'.»
Perfetto, pensai. Non vedevo l'ora...

La figlia dell'Inferno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora