Capitolo 1, prologo.

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Entrai in camera, e mi gettai istintivamente sul letto, a pancia sotto.

Cercai il mio cuscino azzurro preferito con la mano, e lo strinsi portandolo al petto. La mia bella stanza, col mio profumo in giro, dipinta di un verde leggero con tanti fiori rossi che chiazzavano di colore le pareti. Il mio letto morbido, su cui avevo passato le notti di sedici anni della mia vita. Le coperte che odoravano di pulito, il comodino di legno, con la mia sveglia e i miei libri. Mi alzai.

Oh quanto mi sarebbe mancata quella camera... Quanti pianti, quante risate. E tutte le foto attaccate al muro, i ricordi impressi nelle pareti, i miei sguardi incollati ancora al soffitto quando di notte si è soli e si pensa troppo. Sedici anni sono tanti in un luogo; ci si affeziona, tanto che quel luogo, fin da piccola, viene istintivo chiamarlo casa. E casa è un rifugio, un riparo, casa è gettarsi tra le braccia amorevoli di qualcuno e liberarsi di tutte le paure, dimenticarsi di tutti i problemi.

La mia camera era casa.

Le urla inconfondibili spezzarono il mio soliloquio.

« Matilde, muoviti o facciamo tardi! C'è già il camion per i traslochi e tu non hai ancora finito di mettere le tue cose negli scatoloni! A volte mi chiedo se mi ascolti quando parlo, hai sempre la testa fra le nuvole non so mai cosa dev...» Bla bla bla. Le urla appartenevano alla mia energica e instancabile madre. Non la ascoltavo nemmeno più, quando cominciava faceva discorsi più con se stessa che con il diretto interessato, tanto valeva farseli scivolare addosso.
« Mmm. Mh Mh » mugolai. « Si mamma. Certo. Hai ragione tu, adesso finisco e arrivo.»

A fatica gettai le ultime fotografie nel mio scatolone, misi nei sacchetti gli ultimi maglioni, i miei preferiti, jeans, calzini, scarpe, penne, orecchini..  Era come se stessi lentamente squartando la mia camera. Ogni pezzo che toglievo dal suo posto mi lasciava un senso di vuoto che si faceva sempre più vicino, una consapevolezza costante che quella sarebbe stata l'ultima volta nel mio caldo e accogliente rifugio. Tutto mi pareva sgretolarsi e la mia mente era confusa. Cambiare non era nella mia natura. E il cambiamento, a parità di esperienze, mi aveva sempre fatto pensare a qualcosa di negativo.
Raccolsi i miei disegni, i libri rimasti e afferrai al volo il cellulare con le cuffie, senza non osavo uscire. Non sapevo bene cosa dovessi aspettarmi, la mia vita si stava drasticamente ribaltando, ma speravo che almeno tutto quel trambusto avrebbe portato un po' di fortuna a me e alla mia famiglia.

Oh che sbadata, ero così occupata con i miei pensieri sciocchi che nemmeno mi sono presentata, perdonatemi. Sono Matilde, ho sedici anni, una madre che urla, un padre con un'altra donna e sto per cambiare casa.

La figlia dell'Inferno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora