Capitolo 28.

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Non mangiai il giorno in cui Howl mi lasciò sola.
Mi stesi sul letto e aspettai. Cosa? Nemmeno io lo sapevo. Un segno, forse. Quel maledetto segno che lui aveva giurato che sarebbe arrivato a colmare la sua assenza, o almeno, che mi avrebbe dimostrato che questo non era solo un brutto sogno dal quale mi sarei potuta svegliare con un pizzicotto, ma che era la cruda realtà dei fatti.
Mi addormentai fra il rumore di tonfi alla porta che Elizabeth stava cercando di aprire per farmi uscire da lì.
Poi qualcosa mi svegliò, fu un suono, o meglio, una melodia: qualcuno stava suonando il pianoforte.
Mi alzai e aprii piano, sentii i cardini cigolare, il mio passo non era mai stato così felpato, quasi non si sentiva il tocco di piedi nudi sul pavimento, era sempre così caldo che non occorreva mettersi calzini o ciabatte. Ascoltai il suono e lo seguii come un segugio che fiuta l'odore della preda, e approdai davanti ad una porta bianca. Sopra recava la scritta: Locus Musicae.
" sala della musica" tradussi automaticamente. Il mio cervello adesso recepiva il latino molto più facilmente.
Spinsi piano la porta, e fui inebriata dal suono.. Due mani lunghe e affusolate toccavano lievi i tasti e danzavano fra neri e bianchi conoscendo a memoria gli spostamenti che dovevano fare. Le braccia vicine al busto, dritto. Le gambe poste sui pedali, che allungavano e facevano vibrare ancora di più i suoni. Le spalle larghe, il profilo in ombra, illuminato solo dalla luce della luna che riusciva ad oltrepassare timida le tende.
Il suo viso sembrava scolpito nel più pregiato dei marmi bianchi, i suoi occhi bassi, concentrato in quella danza così triste e piena di dolore. Mi avvicinai lentamente. Poggiai le braccia sul pianoforte a coda ma lui non si scompose.. Conoscevo quel brano. Era uno dei miei preferiti, forse il mio preferito di Beethoven insieme alla V sinfonia.
Il suono celestiale terminò, ma lui rimase fermo. Aspettava.
- Sonata al Chiaro di Luna, 1º movimento, Beethoven - dissi cauta.
Vidi una lacrima scivolare via dal suo viso. Mi feci spazio sulle sue gambe e mi sedetti. Gli presi il viso, gli asciugai le guance, strinsi i suoi capelli: - Sono allungati.-
Intravidi l'ombra di un sorriso sulle sue labbra, e finalmente riuscii a guardarlo negli occhi.
- Matilde..- disse con voce roca.
- Non sei cambiato di una virgola, Aaron.-
Sorrise tristemente, e un'altra lacrima si fece spazio sulla guancia.
- Tu invece sei cambiata, ma sei bella come ricordavo.-
- Aaron io.. Mi dispiace così tanto di essermene andata, ti ho lasciato messaggi in continuazione e tu.. Tu non mi hai mai risposto..-
- Lo so. Li ho guardati tutti - stavolta infilò lui le mani fra i miei capelli: - Non sai quanto ti ho aspettata.-
Dentro di me era un mare di emozioni. Volevo piangere, urlare, ridere, saltare, impazzire, distruggere ogni cosa che avevo vicino; eppure al tempo stesso mi sentivo così piena di dolcezza, che ogni mio taglio si era ricucito. Aaron mi strinse al petto, fra le sue braccia forti mi sentivo al sicuro.
- Non ho mai avuto la forza di tenerti vicino quanto avrei voluto - sentivo il suo cuore battere regolare con tonfi spessi. La sua voce calma e profonda, così dolce, mi fece perdere il controllo di me.
- Aaron..- dissi fra le lacrime - non andartene. Ti prego non sparire come l'altra notte. Non voglio rimanere sola.-
- Shh, no. Non sei sola. Mai più, te lo prometto.-
- Come è successo? Voglio dire, perché sei qui? Sei un mostro come me? Se lo sei perché il tuo aspetto non è cambiato?-
- È complicato da spiegare, diciamo che mi sono trasformato lo stesso giorno in cui tu sei dovuta andare via. È stato terribile, ma immagino che tu sappia cosa intendo.-
- E io non ero con te.. Non sai quanto mi odio per questo.-
- Non importa, quel che conta è che adesso siamo qui.-
- Quel che conta è che tu sei qui, che sei qui per davvero, che non mi sto immaginando il calore del tuo corpo e non mi sto immaginando questo tremendo bisogno di..- mi morsi il labbro per farmi tacere. Avevo ancora troppa paura per ammettere a me stessa che la ragione per cui ero sempre andata avanti nonostante tutto era lui, e nient'altro.
- Matilde.. Anche io ho bisogno di te..-
- Ma..?-
- Ma ci sono cose che ancora non sai.-
- No. Ti prego no. Non posso star qui ad ascoltare di nuovi problemi, non mi importano. Domani può finire il mondo per quanto mi riguarda Aaron, mi basta averti ritrovato - dissi tremante di forza.
- I tuoi occhi..-
- Stanno diventando verdi?-
- Sono bellissimi.-
- Mi sono mancati così tanto i tuoi oceani ghiacciati. Così tanto che ho provato a sostituirli con prati immensi, ma loro non erano all'altezza..-
- Cosa intendi?-
- Ho avuto un ragazzo quando ero al piano di sopra, all'accademia per lettori. Si chiamava Raphael, era un angelo.- Aaron non sembrò affatto contento di quella notizia, lo vidi contrarre la mascella un paio di volte per poi riacquistare il controllo.
- Cosa ha fatto?-
- Lui.. Beh il giorno del mio compleanno mi ha lasciata perché ha scoperto da mia madre che io sono.. Questo - dissi indicandomi. - La sera stessa, la mia migliore amica Marta aveva organizzato una festa, lui era ubriaco e..-
Gli occhi azzurri di Aaron si coprirono di oscurità: - Ti ha toccata?-
Abbassai gli occhi.
- Ti ha fatto del male?-
Annuii. - Non poi così tanto. Era solo un po' fuori fase, non gliene faccio una colpa.-
- Non mi importa. Non doveva torcerti nemmeno un capello, nessuno deve permettersi.-
Arrossii, era sempre stato così premuroso o lo era diventato in quel momento?
Scoppiò a ridere: - Sei l'unico demone che arrossisce e che è capace di una simile gentilezza.. Hai già perdonato quello schifoso.-
Mi abbracciò stretta, ma stavolta fu lui ad accoccolarsi contro il mio petto.
- Questo odore..-
- Il mio profumo?-
- Mmh - bofonchiò.
- Cos'ha?-
- Rimarrà per sempre il mio preferito.-
Gli accarezzai i capelli, era pazzo quanto me.
- Aaron?-
- Sì?-
- Dormi con me?-
Non feci in tempo a finire la frase che già mi trovavo in braccio a lui, come una sposa che per la prima volta oltrepassa la porta di casa con l'uomo della sua vita.
Mi portò in camera, mi fece mettere a letto e lui si stese al mio fianco.
- Posso fare una cosa?- chiesi col viso in fiamme.
- Quello che vuoi - i suoi occhi brillavano nel buio come fiammelle accese.
Gli sfilai la maglietta con suo stupore. - Ho bisogno di sentirti, e di sentirle - dissi indicando le cicatrici.
Mi girai dandogli le spalle, e sentii il suo braccio caldo circondarmi il ventre. Era una sensazione indescrivibile, ciò a cui avevo anelato per così tanto tempo era arrivato proprio quando l'unica altra persona che avevo a cuore, se così si poteva definire, se n'era andata. Avevano fatto a cambio, pensai che fosse una cosa buffa. Il suo calore si propagò per tutto il letto facendomi addormentare velocemente col volto coperto dalle lacrime e con il sorriso sulle labbra.

La figlia dell'Inferno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora